Per uscire dal limbo servono chiarezza e tempi certi

IMMAGINA, permettetemi di dire che non potevate trovare termine più azzeccato per lanciare questo progetto, un’idea che vuole provare, con il contributo di molti, a immaginarsi il domani, nella consapevolezza che nessuno si sarebbe mai immaginato di vivere questo presente.

Ecco, vorrei proprio partire da qui, dall’idea di inadeguatezza e impreparazione di tutti, nessuno escluso, all’arrivo di un evento come la pandemia dovuta al Covid-19. La realtà ha indubbiamente superato la fantasia e ci ha costretti a stravolgere ogni gesto, ogni consuetudine del nostro quotidiano. Ci ha costretti in un certo senso a vivere in un eterno presente, perché non sappiamo come sarà il domani e allo stesso tempo a vivere un po’ come se fossimo tornati indietro, quando fare un viaggio in treno o in aereo era un lusso per pochi e la casa non era una sorta di “albergo” da cui entrare e uscire, ma il luogo reale dell’essere famiglia o delle tante solitudini.

Nel momento in cui scrivo ho appena finito di ascoltare la conferenza stampa del presidente del Consiglio Conte in cui ha, o forse è meglio dire, avrebbe, dovuto dare regole certe per la cosiddetta fase 2, che invece stenta a concretizzarsi. Ci troviamo ancora in una situazione di grande incertezza, il peggio sembra essere passato, almeno così dicono i numeri, ma gli scienziati sono ancora molto cauti e invitano alla prudenza. Fino al 4 maggio nella sostanza non ci sarà nessun allentamento delle maglie per tornare a una vita “normale”, ammetto che ci avevamo sperato… i maturandi forse avranno diritto a un surrogato dell’esame che fino ad ora ha significato una tappa indelebile nella mente di generazioni e generazioni, gli anziani potranno rivedere i loro nipoti, ma armati di mascherine e senza baci e abbracci, i precari non sanno se ritroveranno di nuovo un lavoro e chi ha ancora un lavoro si chiede per quanto tempo ancora potrà averlo.

Siamo un Paese nel limbo, sospeso, come un pugile all’angolo che continua a incassare ma non riesce a mettere a fuoco le debolezze dell’avversario. Non è facile, il nemico ha picchiato giù duro, è stato veloce, tanto veloce da risultare invisibile. Usa regole tutte sue che ancor oggi sfuggono alle menti più illuminate di tutto il mondo.

Ebbene, quel pugile all’angolo credo debba raccogliere tutte le sue forze e rimettere in fila le idee, nonostante tutto. Perché se starà fermo, immobile l’avversario avrà vita ancor più facile. Tutto questo per dire che credo sia giunto il momento, pur nel rispetto delle norme sanitarie, che quel pugile provi a dare un colpo di reni e sono certo ritroverà energie sopite che sapranno esprimersi al meglio. In tal senso, la riapertura dopo il legno e la silvicoltura, di un altro tassello della nostra filiera, quella con maggiore vocazione all’export che torna ad essere operativa, sempre nel rispetto dei protocolli di sicurezza indicati dalle autorità competenti, è una buona notizia. Sono settimane che come FederlegnoArredo ci siamo battuti in ogni sede per raggiungere questo risultato, per urlare a tutti che chi produce il 5% del Pil nazionale, rappresenta il 19% del saldo commerciale manifatturiero non poteva più stare in panchina, mentre i competitor degli altri Paesi giocavano a pieno ritmo. Se vengono da ogni parte del globo per copiarci, per provare a capire i segreti e la funzionalità dei nostri oggetti di design, ma soprattutto quel loro essere unici e inconfondibili, un motivo – anzi sicuramente più di uno – ci sarà. Ecco, la Federazione ha cercato di far capire che non era possibile non soltanto per noi, ma per tutto il Paese, perdere una fetta così importante del suo sapere fare, di un comparto manifatturiero che è una bandiera di cui tutti sono soliti vantarsi, ma che proprio per questo non poteva essere abbandonata a se stessa.

Ma siamo altrettanto consapevoli che non basta, che c’è ancora il problema della liquidità scritta nei decreti, ma non arrivata sui conti dei nostri imprenditori, e che adesso dobbiamo concentrarci sul 4 maggio quando riaprirà anche tutto il resto della nostra filiera, nella consapevolezza che siamo forti quando da monte a valle tutto sarà in funzione, ma che serviranno misure urgenti e incisive affinché si rimetta in moto il mercato interno, perché è inutile negare che l’incertezza economica e lavorativa peserà notevolmente sulla capacità di acquisto degli italiani. Serviranno agevolazioni fiscali e non solo, e anche di questo come Federazione ci faremo portavoce.

Dobbiamo far sì che l’economia torni a correre? Che i mezzi pubblici non siano mezzi di trasporto anche per il virus? Che le famiglie in difficoltà siano aiutate e si pensi alla cura dei figli se i genitori devono tornare a lavoro? Ma penso anche che sia necessaria una riflessione seria su come non privare ulteriormente un popolo delle libertà fondamentali. Domande sicuramente difficili, ma alle quali credo sia necessario dare risposte chiare.

Ecco, per rispondere a questo, occorrono maggior chiarezza e tempi certi. Ad oggi non sono chiari i decreti presentati, non è chiaro se e chi avrà diritto a un tampone, non sono chiare le regole per avere un prestito in banca, nonostante ci abbiano detto che avremo tutta la liquidità di cui c’è bisogno.

È stato presentato il decreto Aprile, siamo quasi alla fine del mese e ancora non sappiamo cosa c’è dentro, abbiamo bisogno che le aspettative generate vengano mantenute. Il nostro è un vero e proprio grido di allarme perché senza liquidità immediata i rischi sono davvero tanti e non possiamo permettere che le imprese si indebitino per pagare le tasse o che in 6 anni queste cifre vengano restituite. Se penso al domani vorrei che il nostro Paese fosse un Paese più chiaro, più semplice. Dove la chiusura di una piccola impresa non si nascondesse fra le pieghe di una norma. Penso a un Paese in cui a chi fa impresa come me e come tanti altri venisse riconosciuto un valore sociale, non solo economico per il lavoro svolto. Perché le nostre imprese sono fatte di donne e uomini e delle loro famiglie che lavorano per rendere il nostro Made in Italy unico al mondo e meritano rispetto.

E vorrei un Paese con idee chiare anche sullo stare in Europa, perché in questa difficile partita mi sembra che i tanto agognati Stati Uniti d’Europa si siano volatilizzati al primo battito di virus.

Ecco, io non sono un virologo, non sono un politico e non sono uno dei tanti esperti dei comitati/taskforce che dovrebbero decidere del futuro del Paese, sono solo un imprenditore e presidente di una Federazione che ne rappresenta molti, dico solo che non possiamo più permettere che il presente rubi spazio al futuro: ed è compito della politica IMMAGINARLO questo futuro.

Emanuele Orsini è il presidente di FederlegnoArredo