Oltre l’emergenza, la grade sfida per le forze progressiste arriva ora

Stiamo percorrendo un sentiero sconosciuto che, fra mille incognite, ci costringe a fare i conti con due esigenze entrambe decisive, arginare e superare l’emergenza sanitarie e permettere al Paese di riavviare le sue attività in sicurezza, garantendo sostegno e protezione a famiglie, lavoratori e imprese.

Contestualmente sarebbe però necessario mettersi in una traiettoria più ampia, guardando al di là dell’emergenza, ripensando il profilo dello sviluppo complessivo del Paese, affrontando alcuni problemi strutturali che l’attuale emergenza ha messo ancora più in evidenza e sui quali è necessario intervenire al più presto.

Innanzi tutto la fragilità strutturale del nostro sistema economico e produttivo rispetto al quale non sono sufficienti politiche pubbliche basate su sgravi o sussidi. E’ necessario invece che le istituzioni si riappropino di leve colpevolmente abbandonate da decenni, come la programmazione economica, le politiche industriali, la promozione dei processi d’innovazione tecnologica e di infrastutturazione del Paese, anche attraverso maggiori investimenti pubblici.

Ma un altro grave problema riguarderà la tenuta sociale del Paese, con il rischio concreto che questa crisi faccia crescere il disagio e le disuguaglianze, la disoccupazione e la precarietà del lavoro. Le vicende di questi giorni ad esempio ci ha riproposto nelle sue drammatiche dimensioni la realtà del lavoro nero e sommerso. Anche in questo caso sarebbe opportuno rimettere ordine e rendere più efficaci ed inclusivi tutti gli strumenti di protezione sociale, di promozione del lavoro, di sostegno al reddito e di contrasto alla povertà.

In questa fase è emersa con forza anche la carenza struturale del nostro sistema di welfare.

In sanità innanzi tutto, dove oltre all’esigenza di creare un adeguato sistema per far fronte ad emergenze sanitarie come questa, occorre superare la fragilità del sistema, riorientandolo e rafforzando in particolare le reti territoriali. In questo contesto dalle vicende di queste settimane ci arriva un altro grave monito: nella filiera sanitaria e socio-assistenziale è cruciale ripensare il rapporto tra la funzione pubblica, che deve tornare ad essere centrale, l’offerta privata e il terzo settore.

Ma più in generale, di fronte al disagio sociale che purtroppo tenderà a crescere, è necessario ricostruire una dimensione comunitaria, un tessuto di relazioni e convivenza, ripensando e collocando dentro un progetto riformatore una aggiornata idea di welfare, che sappia rispondere ai nuovi bisogni, sappia essere universale e inclusiva, funzionale alla partecipazione dei diversi attori del territorio, nei loro diversi ruoli.

Una riflessione specifica andrebbe fatta sulla più importante infastruttura sociale del paese, l’Inps, che proprio in queste settimane ha evidenziato, contemporaneamente, la sua importanza e la sua fragilità. Sarebbe necessario porsi l’obiettivo di riformare e ammodernare questa importante risorsa, investendo in tecnologia, risorse umane, rafforzando il modello di governo duale, garantendo una forte integrazione con i diversi attori che operano nei territori.

Un altro elemento critico riguarda l’assetto istituzionale del Paese, ed in particolare il rapporto tra potere centrale, Regioni e sistema delle Autonomie. Una riflessione che rimarchi con più precisione  le prerogative, ed i livelli di assitenza e le attività che lo Stato deve garantire ovunque e gli ambiti in cui si devono e possono esercitare le diverse autonomie, valorizzando la responsabilizzazione dei territori ma arginando le pericolose fughe in avanti che anche in questa fase si sono manifestate.

Da questa situazione si può uscire con un Paese più povero e ripiegato su se stesso e con una società impaurita e rancorosa, o si puo inaugurare una nuova stagione di riforme per nuovo modello sociale e di sviluppo, in grado di creare nuove  opportunità economiche, garantire nuovi e  rafforzati diritti sociali e nel lavoro,  favorire un processo di sostenibilità.

Ritengo sia questa la vera sfida in cui cimentarsi, una sfida programmatica e valoriale, che chiama in causa la politica, in particolare delle forze progressiste del Paese, le rappresentanze sociali, ad iniziare dal mondo del lavoro, il mondo della ricerca e della cultura. Un nuovo ed aggiornato progetto di trasformazione del Paese in grado di offrire una prospettiva nella quale tutti possano ritrovare le ragioni di una speranza e la spinta per un impegno collettivo. 

Roberto Ghiselli è segretario confederale della Cgil