L’Europa del lavoro, finalmente

Questa del 1 maggio 2020, è la Festa del Lavoro più difficile dal dopoguerra ad oggi. Non solo perché ci mancano le piazze dei sindacati, i cortei, il concertone di piazza San Giovanni, ma soprattutto perché il Covid-19 ha colpito più di ogni altra cosa il lavoro.

I numeri ci dicono che l’economia, le produzioni e quindi l’occupazione subiranno un tracollo paragonabile ad uno scenario da dopoguerra. Nel nostro paese nel 2020 perderemo complessivamente circa 1,7milioni di posti di lavoro.

Ma il coronavirus, ci pone anche di fronte a delle indicazioni chiare, alcune inaspettate, altre sicuramente utili. Tanto da farci dire che dobbiamo e possiamo sfruttare questa enorme sventura trasformandola in una grande opportunità.

La prima indicazione è quella relativa al valore del lavoro, alla sua funzione primaria dentro il nostro impianto democratico e dentro quello delle democrazie occidentali. I paesi più colpiti restano in piedi grazie al lavoro, grazie alle loro lavoratrici e ai loro lavoratori. I lavoratori della sanità in primo luogo, quelli della pubblica sicurezza nazionale e locale, i vigili del fuoco, i lavoratori dei trasporti, delle pulizie, dei supermercati, delle manutenzioni, le operaie e gli operai delle produzioni definite essenziali, i braccianti agricoli, i lavoratori del terzo settore e della cooperazione sociale.

Questi lavoratori, hanno riproposto con forza la centralità del lavoro, anche là dove le politiche restrittive neoliberiste ne avevano ridimensionato o cancellato la loro funzione, sull’altare dei tagli lineari e dell’austerity, che tanto avevano affascinato, nel corso di questi decenni, anche parti della sinistra europea e mondiale.

Il superamento di quelle politiche è quindi la prima indicazione. Le misure messe in campo dal governo e volute con forza dal PD, sono di fatto alternative a quelle dannose logiche. Così come è alternativa la battaglia che si sta portando avanti in Europa, dentro l’Eurogruppo, sulla richiesta di mettere al centro le misure economiche solidali a sostegno delle imprese, del lavoro, del reddito di lavoratori e disoccupati. L’Europa del lavoro finalmente.

L’altra indicazione è la fragilità del nostro sistema di ammortizzatori sociali, che si è mostrato inadeguato e per certi versi ingiusto. La crisi prodotta dal coronavirus ha soltanto amplificato questo dato. Abbiamo bisogno di un impianto che sappia coniugare una ormai necessaria riforma del sistema pensionistico, con gli strumenti più classici come la cassa integrazione, ma anche con un nuovo “salario di disoccupazione”, che superi l’attuale Naspi, e che oltre al reddito, garantisca anche la formazione e la riqualificazione professionali, soprattutto per gli over 50. E serve, infine, una completa rivisitazione delle politiche attive del lavoro, relativamente al fallimento prodotto all’interno del sistema di ricollocazione al lavoro del Reddito di Cittadinanza, che non sta funzionando. Troppo scollamento, troppa incomunicabilità tra gli attuali strumenti.

Poi c’è il grande tema dei diritti. Il lavoro è cambiato, sta cambiando e cambierà ancora nel prossimo futuro. Le nuove tecnologie, gli algoritmi, l’intelligenza artificiale, ne stanno cambiando i tratti fondamentali. L’approccio a questi cambiamenti è stato, anche in Italia, difensivo, incerto, assoggettato alle logiche del profitto, producendo ricette facili e soprattutto ingiuste. I lavoratori della logistica, quelli dell’E-commerce, i riders, si sono dimostrati in questa crisi fondamentali. Prima della crisi sembravano essere un problema. La crisi ci ha spiegato, invece, che sono una risorsa. Qui, ora, i diritti non possono, non devono, più essere calpestati. Dopo 50 anni, serve riscrivere un nuovo Statuto dei Lavori, che tenga insieme i diritti dei lavoratori dipendenti, dei nuovi lavori, dei lavoratori autonomi e delle partite IVA.

Altra indicazione è quella sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Anche qui va detto con forza che non si torna più indietro, gli standard di sicurezza ora acquisiti, vanno garantiti per sempre, perché niente è più importante della salute dei lavoratori e anche perché la sicurezza garantisce la qualità del lavoro e delle produzioni.

Ed infine il grande tema delle diseguaglianze, prima fra tutti quella della disparità di trattamento e di salario tra donne e uomini, che questa crisi ha messo ancora di più a nudo, mostrandone tutta la sua ormai inaccettabile ingiustizia.

Oggi questa festa triste, che deve celebrarsi nel ricordo di tutti quei lavoratori deceduti per Covid, nel compimento del loro dovere, deve farci riflettere su questo, sulla sfida che il drammatico avvento del coronavirus ci ha posto davanti.

Se ne esce tutti insieme, abbiamo detto. Se ne esce tutti insieme, superando le ricette di questi decenni, mettendo il lavoro e i suoi valori davanti a tutto.

Viva il Primo Maggio. Viva la festa delle Lavoratrici e dei Lavoratori.

Marco Miccoli è Responsabile Lavoro nella Segreteria Pd