La Festa del Lavoro di quest’anno mette in luce con drammatica concretezza la necessità di riforme politiche che sappiano rispondere in modo strutturale alla grande varietà di tutele di cui necessita il lavoro in Italia. Gli strumenti di welfare tradizionali, anche se attivati con grande tempestività da parte del Governo, riguardano solo una fetta – importante – del mondo del lavoro, ma la necessità degli interventi di questi mesi ha dovuto necessariamente trovare strade innovative, prevalentemente basate sullo strumento dei bonus, utili come interventi ad hoc per ovviare a esigenze oggettive, ma certamente campanelli d’allarme che evidenziano l’urgenza di pensare ad un welfare veramente universale.
Il lavoro autonomo, ordinistico e non, necessita di interventi che riprendano il prezioso lavoro della scorsa legislatura, quando, grazie in particolare al PD, era stato approvato il cd Statuto del lavoro autonomo, modello che merita di essere ulteriormente applicato, a cominciare dalle parti non pienamente applicate.
Non solo: le casse previdenziali provate possono essere uno strumento importante per garantire welfare in un accordo che innovi i vincoli a cui sono sottoposte, regole non idonee ai bisogni dei professionisti nell’attuale contesto e che non consentono di sfruttare le grandi potenzialità degli enti nella consapevolezza delle condizioni in cui versano i lavoratori. L’intervento di bonus destinato alle partite iva, che verrà nei prossimi giorni incrementato, è stato distribuito ai richiedenti, dopo qualche intoppo iniziale, è diventato realtà. Rappresenta un primo caso nella storia economica di intervento strutturale verso gli autonomi.
Le destre nei confronti del lavoro autonomo hanno sempre promesso (e raramente praticato) tagli fiscali in cambio di una quasi totale assenza di tutele e diritti. La crisi ha messo a nudo la debolezza di questa strada. Occorre invece offrire giuste tutele e una armonizzazione del sistema fiscale che incentivi le aggregazioni tra professionisti, non produca distorsioni e tenga conto del rischio che i professionisti corrono nella loro attività rispetto ad altre categorie di lavoratori.
La sfida vera è quella di un welfare universale che tuteli i lavoratori, anche con una semplificazione degli strumenti di ammortizzazione in assenza di reddito, e di un potenziamento della formazione. La formazione continua – che riguarda tanto il lavoro autonomo che il lavoro dipendente – è il grande antidoto delle crisi. Solo l’8% dei contratti nazionali consente accesso ad una formazione di qualità ai lavoratori dipendenti, destino che li accomuna a molti lavoratori autonomi. Reinventare il nostro modello di formazione è indispensabile, immaginando un futuro del lavoro sempre più ad alta specializzazione così da non segmentare il mercato a favore di chi ha sempre più una formazione specializzata e a scapito di chi non ha accesso alle stesse possibilità.
Nel campo della formazione e del lavoro non possiamo, oggi, non volgere il pensiero ai tirocinanti in grande sofferenza a causa della crisi. Ricordiamoci che stiamo prelevando soldi a debito, ossia pagati prevalentemente dalle generazioni più giovani. Occorre quindi che ci sia una particolare attenzione a chi, in corso di tirocinio, oggi ha perso la propria occasione con la crisi. Il reddito di emergenza li deve riguardare e dobbiamo cogliere l’occasione per aumentare l’attenzione delle Regioni e del Governo verso chi sta iniziando un nuovo percorso di lavoro.
Un’ultima considerazione riguarda il tessuto produttivo italiano, composto da micro e piccole medie imprese. Provengo da una Regione, la Lombardia, che vede una unità economica attiva ogni dieci abitanti. L’autoimprenditorialità degli italiani è uno degli elementi più virtuosi della nostra economia, ma è anche un elemento messo fortemente in crisi dalla crisi pandemica. Non c’è ora lo spazio di approfondire tutti gli interventi messi in campo dal Governo, ma penso sia importante oggi pensare a ciò che accadrà.
In primo luogo, occorre pensare a strumenti di incentivo alla ricapitalizzazione delle imprese, anche tramite strumenti di risparmio gestito; le imprese italiane soffrono storicamente di sottocapitalizzazione e ciò comporta una debolezza che dobbiamo superare, la loro solidità è elemento essenziale di tutela e protezione per il lavoro.
In secondo luogo, occorre prevedere strumenti agili che bypassino il sistema bancario nell’erogazione di piccole cifre a fondo perduto per sostenere la ripresa. Non da ultimo, occorre semplificare le regole e la burocrazia: adempimenti fiscali e amministrativi da ridurre per tenere conto dell’evoluzione dell’economia.
Queste secondo me sono alcune delle sfide che non possiamo ignorare per trarre opportunità dalla crisi e offrire, ai lavoratori, tutele più solide ed universali e, alle imprese, di tornare a vedere nel futuro un orizzonte di fiducia.
Pietro Bussolati è Responsabile Imprese e professioni nella Segreteria Pd