Un reddito universale per guardare al futuro, oltre l’emergenza

E’ il momento di una risposta completamente diversa, “serve uno strumento universale, per tutti, senza vincoli”: lo scrive Daniel Susskind del dipartimento di economia del Balliol College dell’Università di Oxford dalle pagine del Financial Times.

“Se la pandemia di covid-19 ha un lato positivo è che ha introdotto un senso di coesione in società polarizzate, ma il virus, insieme all’isolamento economico necessario a combatterlo, ha anche evidenziato le disuguaglianze esistenti, creandone perfino di nuove.” Diseguaglianze che partono dalla quarantena stessa, che presuppone avere un reddito per vivere e una casa e che esclude i senza dimora, i minori in comunità, i richiedenti asilo, i detenuti e i molti che in pochi metri quadrati vivono con famiglie e bambini nei quartieri popolari, senza giardini e terrazzi, dove l’armonioso #iorestoacasa si è subito trasformato nella sperimentazione degli arresti domiciliari.

Lottare contro le diseguaglianze: è questo che ci spinge a tenere aperta costantemente la discussione sull’urgenza di un dispositivo universale per la continuità di reddito di tutte e tutti. E ultimamente non siamo soli. Oltre alle pagine del Financial Times, anche papa Francesco ha lanciato un allarme. Nel giorno di Pasqua in una lettera ai movimenti e alle organizzazioni popolari, parla agli esclusi: “Molti di voi vivono giorno per giorno senza alcuna garanzia legale che li protegga: venditori ambulanti, raccoglitori, giostrai, piccoli contadini, muratori, sarti, quanti svolgono diversi compiti assistenziali. Voi, lavoratori precari, indipendenti, del settore informale o dell’economia popolare, voi che non avete uno stipendio stabile per resistere a questo momento… e la quarantena vi risulta insopportabile. Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete.”  Se poi all’appello del pontefice aggiungiamo che l’automazione crescente crea profitto a danno di un aumento della disoccupazione e di una diminuzione dei salari, le millantate possibilità̀ di iniziativa economica individuale il più delle volte comportano solo forte rischio e aumento dei cosiddetti ‘lavoratori atipici’ e l’assenza, per tantissime persone, di protezione del lavoro attraverso le vecchie forme, ecco che abbiamo una fotografia completa. 

Introdurre allora un reddito di base servirebbe a remunerare gli individui vittime del processo di accumulazione e valorizzazione della produttività sociale, degli affetti e dei desideri ad opera del capitalismo contemporaneo. Un reddito individuale e incondizionato per tutte e tutti quelli che vivono sul territorio indipendentemente dalla loro professione non servirebbe solo come misura rivolta ai “poveri” o ai disoccupati, ma impatterebbe sul diritto all’esistenza di tutte e tutti senza vincoli di appartenenza alle categorie del lavoro o del non lavoro.

In un appello pubblicato recentemente in rete il Bin (Basic Income Network) e tante altre associazioni chiedono al Governo – attraverso una raccolta firme – di allargare il prima possibile la platea dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza, superando l’impianto “familista” della misura e abolendo gli stringenti criteri che lo subordinano al lavoro, che non producono alcun risultato e limitano anche la possibilità per questo strumento di far emergere realmente la povertà. Per rispondere all’emergenza e per ripensare una protezione sociale universale bisogna semplificare, includere e garantire tutte e tutti.

Il reddito di cittadinanza, attualmente in vigore, con tutti i suoi limiti, è un punto di partenza e, se ripensato, può diventare un primo strumento di sostegno alle persone oltre la quarantena e l’emergenza utilizzando, per l’estensione, tutte le forme di finanziamento, anche dei fondi europei. Guy Standing, intervistato da Rolling Stone, ha detto che in questa fase i governi saranno obbligati a cambiare idea sul reddito per tutti: “La pandemia ci ha messo di fronte alla realtà, cioè che il neoliberismo è un sistema economico fragilissimo e caratterizzato da disuguaglianze sociali “disgustosamente” elevate. In cui insicurezza e stress sono comuni a troppe persone.“

La pandemia, allora, potrebbe essere vista come una scintilla: per evitare una depressione economica globale servono impulsi economici trasformativi che siano davvero radicali. La crisi economica sarà forte e appena usciremo dall’emergenza sanitaria per il governo questa sarà la prima cosa utile, giusta e urgente da fare. Il welfare non è una spesa, ma un investimento. Sul futuro.