Muoversi: lentamente e responsabilmente. Questa più o meno breve pausa forzata dalla frenesia a cui eravamo assuefatti può essere un’occasione per un cambio di passo nel modo in cui ci muoviamo. Uno stop per ripartire, e ripartire con uno sguardo nuovo al nostro rapporto con lo spazio urbano che in queste settimane abbiamo osservato, per la prima volta, vuoto.
Uno spazio che siamo abituati a vedere invaso da auto inquinanti, da treni stracolmi, da folle di persone stipate o dalla frenesia di pedoni e bici accavallati in strade che sembrano sempre troppo poche. Il distanziamento fisico che ci viene richiesto ora per sconfiggere il covid ridurrà la capienza del trasporto ferroviario e metropolitano, almeno per un po’ di tempo.
Potremmo utilizzare questo tempo per rendere i trasporti pubblici più a misura d’uomo, aumentandone frequenza ed efficienza, con l’obiettivo di generare un cambiamento che sia strutturale e non temporaneo, e migliorare i servizi di bike sharing nelle stazioni. Mezzi che siano più vivibili anche dopo la fine dell’emergenza: stare a un metro di distanza non serve solo a prevenire contagi, ma ad avere uno spazio vitale intorno a sé, a rendere confortevole il viaggio e alla portata di tutti.
Più treni, un trasporto pubblico locale più efficiente e più bici tuttavia non sono sufficienti: occorrono incentivi per auto elettriche e ibride che permettano a chi deve fare lunghe tratte di spostarsi in sicurezza e autonomia inquinando il meno possibile, ed è necessario un cambio di approccio da parte dei cittadini alla mobilità.
È impensabile continuare secondo il modello “orario fisso” nelle aziende, e bisogna trovare soluzioni per aprire anche le zone più trafficate alle ciclabili, altrimenti si noleggia la bici in stazione ma poi si rischia di essere investiti alla prima rotonda. Milano sta incominciando a farlo, collegando centro e periferie con una rete di 23 km tutta nuova in fase di realizzazione proprio in questi giorni: un piccolo passo nella giusta direzione.
Occorre un approccio multilivello che metta insieme i cambiamenti dei tempi del lavoro e una nuova visione dello smartworking con il servizio scolastico e con la disponibilità di mezzi pubblici efficienti e che permettano il distanziamento e con la mobilità lenta, e la fase 3 di questa emergenza potrà trasformarsi in una rivoluzione verde: muoversi sì, ma non in modo abitudinario e secondo lo schema precedente allo stop forzato, bensì con la consapevolezza che ogni nostro gesto ha un impatto sull’ambiente circostante e ogni nostra scelta di vita è una scelta politica.
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