Infrastrutture, servizi e fiscalità per un nuovo territorialismo

L’emergenza sanitaria ancora in corso ha aperto squarci su pezzi di Paese nascosti e storie sconosciute. Abbiamo riacceso i riflettori sulla sanità nei territori, fatta di una fitte rete di medici di base che avevamo per troppo tempo messo in un angolo. Poi siamo tornati a capire la fondamentale importanza della scuola quale strumento di creazione di comunità e centro di educazione alla cittadinanza. Quando non c’è, ci accorgiamo della sua importanza.

Ancora, abbiamo capito che rispetto al digitale questo Paese è indietro e probabilmente ha perso tempo: non siamo stati così preparati come avremmo voluto, con reti deboli e un divario eccessivo fra chi può e chi non può. Sperequazioni tutte da colmare. C’è poi un velo che abbiamo tagliato aprendoci a un pezzo di Italia che non credevamo esistesse e che spesso, molti hanno ignorato. È quell’Italia che sale e che è fatta di paesi, che fanno il Paese, dove vivono 12 milioni di persone, e che rappresenta oltre la metà del territorio.

Mezza Italia che è montana, rurale, interna, diversa ma in costante relazione con le città.

Ci pensiamo per sci e passeggiate solitamente, vi abbiamo la seconda casa, ci passiamo spesso giorni divertenti e in relax. Non sempre consideriamo quei territori alpini e appenninici – Isole comprese – come pezzo pulsante dell’Italia che genera sviluppo, economia, innovazione e lotta con spopolamento e desertificazione dopo averne vissuto gli effetti nefasti dovuti a un mainstream culturale urbanocentrico, per almeno cinquant’anni.

Agricoltura e turismo sono i cardini di un’economia che di fatto è sempre stata circolare, che trova attorno alle comunità strumenti per generarsi e innovarsi. L’economia verde è già realtà in molti pezzi di questi territori.Lontani da ogni retorica usciamo oggi da chi contrappone, polarizza, l’immagine della montagna italiana come parco giochi delle aree urbane e, all’altro estremo, come area della wilderness, della natura che può fare ciò che vuole

In mezzo c’è il percorso che vogliamo costruire.

Con una Politica forte, che unisce strategie alle risorse economiche, mettiamo in alto nelle agende la costruzione di politiche territoriali imperniate sui territori con i loro Comuni, lontani da esasperato municipalismo e saldamente posati su cultura e tradizioni per poter orientarsi con sicurezza al futuro, con innovata voglia di generare sviluppo, servizi, benessere. Lontani da ogni retorica, vietato dire che finora la politica ha fatto niente.

Dall’ultima legge sulla montagna italiana, la 97 del 1994, di passi, per i territori, ne sono stati molti, tanti nelle ultime due legislature: dalla legge sui piccoli Comuni 158/2017 alla legge 221/2015 sulla green economy, dalla reintroduzione del “Fondo Montagna”, alla legge sulle foreste, il Codice per dare senso e opportunità a 11 milioni di ettari d’Italia. I nostri boschi, appunto. Prima della pandemia, il Ministro Boccia ha riconvocato il 31 gennaio 2020 a Roma gli Stati generali della Montagna e Uncem ha proposto una “Piattaforma Montagna” che ha ripreso e rilanciato, chiedendone la piena attuazione, quattro mozioni di diversi partiti votati all’unanimità a Montecitorio il 29 gennaio.

Segnali, vero. E precise strade intraprese.

Derubricare questo percorso a “leggi da attuare” – ed alcuni testi hanno effettivamente necessità di decreti e regolamenti – non permetterebbe di usare questi pezzi di lavoro degli ultimi anni per proseguire l’azione, anche grazie a una riforma istituzionale e a una riscrittura del Testo unico degli Enti locali che si impone a conclusione dell’emergenza. Se poi aggiungiamo che l’Europa ha già approvato, al Parlamento europeo, una specifica Risoluzione per le aree remote e montane, si impone la necessità di agire in vista della nuova Programmazione comunitaria 2021-2027 senza timidezza anche nel definire e allestire uno specifico “PON”, un Programma operativo nazionale per le aree montane, interne e rurali.

Dotato di tre braccia: la prima, volta a colmare tutte le inefficienze del sistema infrastrutturale digitale, per cui oggi 1200 comuni hanno difficoltà a telefonare e il Piano banda ultralarga è in ritardo di due anni. Secondo, un’azione per ripensare servizi e modalità di presenza dello Stato sui territori. Scuole, trasporti, sanità. La pandemia ha semplicemente ribadito – con uno squarcio, dicevamo – la necessità di una riorganizzazione che tenga conto appunto delle complessità territoriali del Paese e delle sue Autonomie, delle comunità a diverse latitudini e altitudini. Pensiero e azione, per questa ricostruzione, non sono scindibili. Ultimo pezzo del lavoro, sempre nel quadro europeo (delle Alpi-cerniera e dell’Appennino proiettato nel Mediterraneo) è quello della fiscalità.

Non basta dire che servono “Zone economiche fiscali” differenziate, ambientali o portuali. Una nuova fiscalità riguarda la capacità impositiva pubblica e dunque l’organizzazione istituzionale dove questa si alimenta, ma anche la fiscalità per le imprese. Che sì in montagna deve essere peculiare, ma che per colmare gap e disuguaglianze, non può non passare per un sistema più equo a livello comunitario, facendo pagare adeguatamente i nuovi centri di erogazione di prodotti e di servizi, accessibili sulle piattaforme on line. Chiamarla web-tax o in altro modo, poco importa. Di certo sarà uno strumento che veicola equilibrio e permetterebbe sussidiarietà sostanziale tra livelli, evitando che le perdite di gettito e di opportunità sui territori – in particolare quelli a bassa densità di abitanti – si traducano in abbandono e desertificazione.

Ecco l’ultimo squarcio aperto dalla pandemia, facendo filtrare luce che illumina come un grande riflettore le sfide dell’Italia vera, che oltre i salotti e oltre i tweet si riorganizza con un forte bisogno di Politica, rappresentanza, pianificazione. Solo le comunità, unite e coese, sanno trasformare una luce in un fascio di energia che travolge stereotipi, retoriche, vecchi rancori. 


Marco Bussone è Presidente nazionale Uncem, l’Unione dei Comuni, delle Comunità e degli Enti montani