Basta con Ztl aperte e parcheggi liberi: puntiamo sulla mobilità attiva

L’emergenza sanitaria ha introdotto un blocco dei movimenti di persone che non si era mai visto prima, e quindi ha fermato buona parte del traffico e ha frenato l’inquinamento, perché oggi i movimenti di persone corrispondono in gran parte a movimenti di veicoli a motore.

Le immagini dai satelliti ci hanno dato la percezione di un mondo più pulito, con una drastica riduzione dei gas-serra, cioè quello che si vuole fare da tempo, ma che non si è finora riusciti neppure a impostare. Allo stesso tempo, si è ridotta ai minimi termini l’emissione di polveri sottili, soprattutto il cosiddetto “particolato”, messo sotto accusa dagli scienziati, sia come elemento che indebolisce le difese dell’individuo, sia come veicolo di trasmissione del virus stesso. Su quest’ultimo aspetto, il “particolato” è stato definito da alcuni ricercatori come un “carrier”, cioè un sistema per portare il virus ben più lontano dalla distanza di 1-2 metri, prevista dal “distanziamento sociale”.

Il tema della mobilità è fondamentale, si tratta di un settore della vita con cui si ha a che fare quotidianamente, anche se in maniera diversa, con elementi variabili secondo il luogo in cui si vive, secondo l’età, secondo le abitudini e la mentalità.

Per fare un esempio, da bambini si cerca l’autonomia, che si trova spesso circolando da soli in bicicletta, ma questa autonomia è oggi frenata dall’insicurezza stradale, perché gran parte delle strade sono divenute regno incontrastato dei veicoli a motore e mancano corsie riservate, ovvero le piste ciclabili. Ma i bambini crescono e gran parte di loro abbandona la bicicletta e i mezzi pubblici per il motorino e l’automobile, ed ecco l’elemento della mentalità.

Del mezzo privato si fa non di rado un uso irrazionale, con spostamenti talvolta inutili, o che comunque si potrebbero fare con altri mezzi.

Anziani e portatori di handicap sono i più deboli nel muoversi, dato che la città è dominata dai veicoli a motore, che invadono le strade e persino i marciapiedi. Per il pedone, difficilmente ci sono percorsi sicuri, ed è frequente che queste persone finiscano per rimanere “prigioniere” nelle proprie case, escludendosi dalla vita cittadina.

I problemi della mobilità sono in maggioranza problemi di mobilità urbana, perché è nelle città che si concentrano le persone e anche i veicoli a motore. Ma non sono da trascurare i problemi dell’inquinamento causato dall’ipermobilità, cioè il viaggiare di continuo, per merci e passeggeri, su distanze medio-lunghe, che si è sviluppata negli ultimi decenni.

Lo stesso problema delle città si verifica sui grandi corridoi stradali, pieni di camion, perché la “cura del ferro”, cioè il viaggio in treno delle merci, ha avuto ben poco spazio negli ultimi decenni.

I temi dell’insicurezza nei trasporti e dei danni alla salute da questi prodotti rimangono ai margini del dibattito pubblico e di conseguenza risultano difficili da far comprendere alla gente e talvolta persino alle amministrazioni. Al tema della sicurezza intesa come safety, cioè sicurezza tecnica dei veicoli, si dovrebbe affiancare un monitoraggio ben più esteso della qualità dell’aria, nonché una stringente limitazione della velocità consentita ai veicoli per salvare dagli incidenti i pedoni, i ciclisti e gli automobilisti stessi.

È opportuno che la pandemia da Covid-19 faccia riflettere tutti noi su questi aspetti e spinga a prendere provvedimenti di emergenza per consentire di circolare molto di più con la cosiddetta “mobilità attiva”, che significa muoversi a piedi e in bicicletta. Ma occorre farlo in maniera sicura, cioè con corsie protette e su una viabilità dedicata, altrimenti si cammina o si pedala insieme alle auto e respirando gli scarichi dei veicoli a motore, in maniera non salutare.

Qualche città lo ha fatto e lo sta facendo: si disegnano corsie per biciclette, si cerca di invitare i cittadini a non abbandonare i mezzi pubblici, da prendere però in sicurezza contro il contagio. Chi pensa di togliere i parcheggi a pagamento e di riaprire le ZTL sta sbagliando, l’emergenza sanitaria non deve farci ritornare alla “mobilità vecchia”, deve spingere tutti verso una “mobilità nuova”.

Stefano Maggi, professore ordinario Università di Siena, già assessore alla Mobilità del Comune di Siena


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