Agricoltura, uno strumento per ripensare il nostro futuro

Lei si chiama Alice Water, chef californiana, attivista, oggi famosa in tutto il mondo, ha iniziato la sua avventura di cuoca, scegliendo di rifornirsi dai produttori locali prevalentemente biologici. Parto da lei, da una donna, cito altri grandi pensatori, ma per arrivare a noi.

Wendell Berry, contadino e intellettuale statunitense, sosteneva che “mangiare è un atto agricolo”, e che abbiamo intrapreso un cammino in cui nessuno può più permettersi di ignorare i processi di produzione che portano sulle nostre tavole ciò di cui ci nutriamo.

L’Enciclica Laudato Si’, parla della “grande varietà di sistemi alimentari agricoli e di piccola scala che continuano a nutrire la gran parte della popolazione mondiale”.

Questa crisi pandemica ha rimesso in fila alcune priorità nelle nostre vite, a partire dal diritto alla salute e dal diritto al cibo, a una buona alimentazione. La sicurezza della cura ci è stata garantita, nonostante i tagli pesanti di questi anni, da un sistema sanitario nazionale pubblico ed universale. La sicurezza alimentare da un mondo agricolo, piccolo e grande, che non si è mai fermato garantendoci approvvigionamento. Quel cibo, l’agricoltura, così silenziosamente centrale in questi mesi, può essere uno dei fattori sui quali, un po’ meno silenziosamente, provare a ripensare qualche paradigma della nostra ripartenza? Io credo di sì.

A patto che proviamo a restituirgli valore, significato. Da giorni stiamo discutendo dei braccianti agricoli, del lavoro invisibile che da anni è diventato fondamentale per la raccolta di pomodori, frutta, verdura. Il Pd si batte da sempre contro sfruttamento e caporalato, lo si fa con leggi ed arresti, ma anche rifiutando che una passata di pomodoro venga messa sul mercato a 50 centesimi, perché quando avviene dobbiamo sapere che quel prezzo è così basso perché qualcuno paga pesantemente: i lavoratori, con retribuzioni infami e schiavitù, oppure i produttori agricoli sotto il ricatto di grossisti senza scrupolo. E ancora il calo progressivo, anno dopo anno, del prezzo del grano, significa perdita di quella coltura, crescita della nostra dipendenza dalle importazioni e abbandono di terreni. Non pagare a sufficienza il latte ovino sino ad indurre i pastori a gettare per strada il proprio prodotto, significa generare una crisi non solo economica, ma sociale in intere aree rurali. Appunto. Non ignorare i processi produzione che portano sulle nostre tavole ciò di cui ci nutriamo.

Non ignorare significa essere consapevoli di una funzione, quella agricola, che non si limita a produrre cibo, perché esercita una funzione di presidio ambientale e sociale, di contrasto al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico, e che spesso rappresenta l’unica attività economica e sociale nelle zone montane e nelle aree interne. Uno dei propositi del Green New deal Europeo è realizzare un sistema alimentare equo, sano ed ecocompatibile in grado di garantire ai cittadini europei alimenti accessibili, di alta qualità e sostenibili, garantendo un tenore di vita dignitoso per gli agricoltori e la competitività del settore agricolo (farm to fork). 

Oggi, mentre interveniamo per sostenere le filiere produttive in difficoltà, è indispensabile porre le basi affinché la ripartenza parta da questo approccio. Un ripensamento possibile, perché la crisi, il distanziamento sociale, la necessità di spazio, così come il lavoro a distanza e le possibili attinenze tra polveri sottili e velocità del contagio, la maggiore attenzione a stili di vita corretti, salutari, hanno aperto scenari nuovi nel rapporto tra aree urbane e aree rurali. Ne parlava qualche giorno fa Stefano Boeri, a proposito di un progetto nazionale per la riqualificazione di paesi e piccoli centri.

Investire sulle aree interne e rurali, significa connessione, servizi, cooperative di comunità e modernizzazione. Significa favorire biodiversità, qualità ambientale, sostenibilità. Oggi lo si può fare con un piano di investimenti sulle produzioni e sulla filiera alimentare nazionale di qualità. Credito d’imposta e sconti Iva a ristorazione e distribuzione per l’acquisto di prodotti locali, provenienti delle aree interne, in modo particolare se biologici; sostegno ai consumi di prodotti locali delle famiglie; sostegno agli agricoltori che incrementano la produzione di grano, proteine vegetali; sostegno alla nascita di piattaforme per la vendita on line di prodotti locali. Torneremo ad esportare le nostre grandi produzioni di eccellenza nel mondo, ma ci vorrà tempo. Oggi, cogliamo l’occasione per tenere assieme la qualità della nostra alimentazione e una nuova stagione di buona crescita delle aree interne. Ne abbiamo solo da guadagnare.


Susanna Cenni è responsabile Agricoltura nella segreteria nazionale del Partito Democratico