Un nuovo Statuto dei lavori, delle lavoratrici e dei lavoratori. Cinquant’anni dopo

“Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”, così recita il titolo della legge 20 maggio n.300, meglio conosciuta come lo Statuto dei Lavoratori. Sono passati dunque cinquant’anni dal varo di quella che fu definita una vera e propria rivoluzione nel campo dei diritti.

Un testo fondamentale del diritto del lavoro italiano che, anche se parzialmente modificato e integrato nel corso di questi decenni, ancora oggi costituisce la disciplina di riferimento per i rapporti tra lavoratore e impresa e per i diritti sindacali. Approvato a seguito delle lotte sindacali e delle mobilitazioni dei lavoratori, che della fine degli anni sessanta attraversarono l’intero paese. Una storica stagione di lotte, svolta in anni drammatici per il paese, che produsse l’avanzamento dei diritti attraverso il varo di altri fondamentali interventi legislativi come la Legge 1124/1965, in materia di infortuni e malattie professionali, la Legge 903/65 in materia pensionistica e la Legge 604/66 in materia di licenziamenti individuali. Ma lo Statuto rappresentò una svolta dal punto di vista sia politico che giuslavoristico, nel sancire positivamente alcuni dei diritti fondamentali del lavoratore e delle sue rappresentanze sindacali.

Cinquant’anni in cui l’impianto generale della legge ha retto all’urto dei cambiamenti anche se scalfito in alcune sue parti fondamentali, da interventi legislativi, come il Jobs act, ma confermando tutta la sua concezione moderna e innovativa che i suoi estensori vollero dargli.

Il lavoro è cambiato, sta cambiando e cambierà ancora tanto nel prossimo futuro. L’innovazione tecnologica e i nuovi modelli di produzione ne hanno cambiato alcuni tratti fondamentali. Nuove figure professionali, nuove precarietà, nuove tipologie contrattuali , nuovi modelli organizzativi irrompono nel nuovo mondo del Lavoro, spesso senza alcuna regolazione e quindi con la diminuzione delle tutele fondamentali. Serve dunque riammodernare quell’impianto, non come avvenuto nel recente passato, minandone le fondamenta, cancellando pesantemente i diritti che esso garantiva, ma al contrario rafforzandone i livelli di protezione per farli giungere là dove oggi quelle protezioni mancano. Riders, e-commerce, automazione, partite IVA, smart working, hanno riempito il dibattito sul lavoro in questo ultimo periodo, ci sono ormai interi settori che necessitano di un intervento normativo.

Serve quindi un nuovo Statuto, che come abbiamo detto a Contigliano dovrà diventare “Lo Statuto dei lavori, delle lavoratrici e dei lavoratori”, un nuovo testo, che risolva i nodi che il nuovo mondo del lavoro ci ha posto davanti, a partire dal grande tema delle diseguaglianze. La disparità salariale tra donne e uomini, contratti pirata dove vengono calpestati i più elementari diritti, il non accesso agli ammortizzatori sociali, la precarizzazione del lavoro autonomo, la mancanza di una legge sulla rappresentanza sindacale sono temi non più rimandabili.

I temi del Lavoro sono stati al centro del dibattito sugli interventi per l’emergenza coronavirus. Emergenza che ha amplificato le sue storiche fragilità figlie di quest’epoca di cambiamenti. Onorare dopo cinquant’anni quello Statuto, significa oggi più che mai dotare il paese di una nuova e più attuale normativa, che mantenga come riferimento i valori di giustizia sociale, che mezzo secolo fa vennero sanciti in quella Carta, ma che arricchisca, con nuove e più complete protezioni, il nuovo mondo del lavoro e i suoi protagonisti: le lavoratrici e i lavoratori dei prossimi cinquant’anni.