āQuel 23 maggio del 1992 ero a Capaci. Ricordo la gimcana tra le tante auto rovesciate e la carcassa di quella degli agenti di scorta di Giovanni Falcone. Immagini terribili che non dimenticherĆ² maiā.
Comincia cosƬ la nostra intervista a Sandro Ruotolo, oggi senatore del Gruppo Misto eletto a Napoli, ma per oltre trentāanni giornalista tra i piĆ¹ impegnati sul fronte della legalitĆ e della denuncia del potere mafioso.
Un impegno in prima linea che lo portĆ² a essere tra i primi testimoni di una delle stragi che piĆ¹ hanno segnato la storia recente del Paese. PerchĆ© dopo quel giorno nulla fu come prima e tragicamente, come ci spiega Ruotolo, āquei fatti ci hanno resi miglioriā.
Senatore, 28 anni dalla strage di Capaci. Oggi la mafia ĆØ piĆ¹ debole?
No, assolutamente. Oggi ha messo radici, non ĆØ piĆ¹ la mafia delle stragi ma non perchĆ© lāabbiamo sconfitta. I soldati che compirono quegli atti orrendi sono in galera, ma non ĆØ vinta. Oggi la vera emergenza ĆØ al Nord, perchĆ© lƬ la mafia ĆØ entrata nelle imprese e si sciolgono consigli comunali anche in Valle DāAosta. Ć una mafia diversa, con la āndrangheta che muove 40 miliardi allāanno con il traffico di stupefacenti in tutta Europa e pulisce i soldi nellāagroalimentare e nel turismo. E oggi insieme ai soldi per lāemergenza Covid, ĆØ arrivata la paura che la criminalitĆ possa metterci sopra le mani, per questo ĆØ giusto sburocratizzare ma senza perdere il controllo. Inoltre, come ho denunciato, con lāemergenza cāĆØ il rischio concreto che chi ĆØ in difficoltĆ finisca nella mani dellāusura, ormai non passa giorno senza che vi siano allarmi in tal senso. Pensiamo che su 100 euro riciclati nei modi classici ne tornano indietro 50/70, con lāusura ne tornano 150. Per questo bisogna fare presto. Bisogna velocizzare perchĆ© i soldi legali arrivino prima di quelli illegali.
Torniamo a Giovanni Falcone e a Capaci.
Il 23 maggio del 1992. Alle 22 io ero a Capaci, presi il primo aereo da Roma e viaggiai con Giuseppe Ayala, approfittando di quellāora per intervistarlo. Da Punta Raisi arrivai subito sul luogo dellāattentato. Quello a cui piĆ¹ spesso si pensa ĆØ la voragine, le due auto sullāorlo del baratro, ma in realtĆ cāerano tante macchine capovolte e molti feriti. Ricordo il passaggio tra queste auto, e i colleghi di Montinaro, Schifani e Dicillo che mi portano dallāaltro lato dellāautostrada, dove era stata sbalzata lāauto della scorta, la Savona 45. La vidi quella volta e non la dimenticherĆ² piĆ¹, fu devastante, con i colleghi dei tre agenti in lacrime. Una ferita ancora aperta.
Una ferita per cui la veritĆ storica e processuale non ĆØ ancora stata scritta. Senza quella la commemorazione non rischia di essere un esercizio retorico?
Al contrario, ĆØ proprio perchĆ© la ferita ĆØ aperta che lāemozione per quella strage ĆØ ancora cosƬ forte. E poi cāĆØ un problema di memoria: gli universitari di oggi nel 1992 non erano ancora nati, dunque ĆØ importantissimo ricordare per costruire il futuro e per non cadere negli stessi errori. Falcone e Borsellino sono diventati degli eroi civili al pari dei partigiani, che lasciano il testimone ad altri partigiani. Ma ricordiamoci che un Paese senza veritĆ non ha futuro, ed ĆØ per questo che sentiamo tutto ancora in maniera cosƬ viva, perchĆ© la veritĆ non cāĆØ ancora. CāĆØ una veritĆ giudiziaria, che perĆ² non ĆØ tutto, perchĆ© manca la veritĆ storica.
A proposito di storia, spesso ci si dimentica che Falcone, dallāAddaura alla calunnie fatte circolare su di lui, fu spesso lasciato solo. Ć dunque credibile che un pezzo dello Stato abbia tradito?
Non cāĆØ dubbio che ci fosse un pezzo dello Stato e un pezzo di magistratura che non stava con Falcone. Altrimenti non si spiegherebbero non solo Capaci, ma tutta una serie di altri fatti, dal fallito attentato allāAddaura nellā89, allāuccisione di Salvo Lima, fino a via DāAmelio e alle stragi sul continente a Milano, Firenze, Roma. E abbiamo scoperto che nel piano di destabilizzazione erano coinvolte anche la āndrangheta e la camorra. Fu un ā93 terribile, poi nel ā94 si ferma tutto. Che vuol dire?
Un suo collega, Saverio Lodato, ha svelato che tra le āmenti raffinatissimeā di cui parla Falcone, lo stesso magistrato fece il nome di Bruno Contrada.
SƬ, Contrada che da numero due del Sisde fu poi arrestato. Le forze mafiose si sono sempre relazionate con i poteri forti, e non cāĆØ dubbio che sugli attentati a un certo punto ci sia stato un pezzo deviato dello Stato. Dobbiamo pensare a un filo unico, che dallāAddaura nel 1989 cambia la geopolitica e che va rintracciato nella crisi della Prima Repubblica. Esplode con Mani Pulite e con la crisi della DC, che non puĆ² piĆ¹ fare da garante di determinati interessi, che dunque vanno a caccia di nuovi riferimenti. Un filo che oggi si puĆ² provare a rintracciare anche con i nuovi strumenti di indagine come la digitalizzazione e lāincrocio informatizzato dei dati. Se ne ĆØ avuto un esempio con la strage di Bologna, con delle carte di Licio Gelli venute fuori dal processo All Iberian, che hanno consentito alla Procura generale di Bologna di chiedere lāapertura di un processo a carico dei veri mandanti. Dunque anche dopo 40 anni cāĆØ sempre una domanda di veritĆ . Una veritĆ che ancora oggi non puĆ² contare, a proposito del periodo stragista mafioso, su nessun pentito di Stato.
Falcone ĆØ stato ucciso mentre era in servizio a Roma. Per qualcuno, piĆ¹ che di vendetta per il maxiprocesso, si trattĆ² di un tentativo di frenare la cultura investigativa che il magistrato stava portando fino ai piani alti del governo, dalla DIA fino al carcere duro. La mafia ĆØ riuscita nel suo intento, o lāinsegnamento di Giovanni Falcone si ĆØ fatto comunque strada?
Non siamo allāanno zero, ma certamente ancora oggi abbiamo casi di parlamentari per i quali la magistratura chiede lāautorizzazione a procedere. Il problema ĆØ che la mafia si relaziona con il potere, e questo purtroppo accade ancora. Se fosse solo una partita a chi spara di piĆ¹ lo Stato vincerebbe, ma il fatto ĆØ che i mafiosi sono piĆ¹ avanti di noi nel capire il business. Non si tratta solo della politica, oggi la mafia entra negli affari senza dover neanche minacciare. Al Sud, accanto ai corpi, abbiamo avuto gli anticorpi mafiosi, siamo piĆ¹ avanti. Dopo la morte di Falcone non dimenticherĆ² mai la protesta dei lenzuoli bianchi. Ricordo che ai funerali a Palermo incontrai il segretario della Cgil, Bruno Trentin, e da quello compresi che la lotta alla mafia era diventata una questione di societĆ civile. Oggi al Nord cāĆØ invece una grande sottovalutazione perchĆ© lƬ la mafia non spara. Solo che poi ai processi scopri che incendiano i mezzi meccanici e che volevano uccidere una collega di Venezia.
E ormai la mafia ha superato anche i confini italiani. Si sta facendo abbastanza?
Non cāĆØ dubbio che anche lƬ loro sono un passo avanti, ecco perchĆ© ricordare Falcone e Borsellino ĆØ cosƬ importante e non retorico. Ć un sentimento cosƬ presente e vivo perchĆ© avvertiamo ancora oggi il pericolo. Noi siamo il Paese che ogni giorno ricorda una vittima, abbiamo avuto una guerra civile. Per questo cāĆØ bisogno di ricostruire la storia del nostro Paese, e fino a quando questo non avverrĆ , il lutto non potrĆ dirsi elaborato. Ecco perchĆ© quei fatti sono piĆ¹ che mai attuali: perchĆ© si tratta di una questione irrisolta.