Il lockdown, la paura del contagio, la ripartenza, nuovi modelli di sviluppo all’orizzonte. In ogni parte d’Italia ci si prepara ad un futuro tutto da scrivere. Tra le migliaia di realtà locali, ognuna diversa dalle altre, ce n’è una ancora più unica. E’ quella di Taranto, città martoriata da anni di questioni industriali, ambientali e sanitarie irrisolte. Qui tutto ciò che è successo e sta succedendo assume un significato particolare e rappresenta una chiave di lettura privilegiata per capire dove andrà non solo la città, ma tutto il Paese. Abbiamo parlato di tutto questo con il sindaco Rinaldo Melucci.
Sindaco Melucci, Taranto è una delle città di cui negli ultimi anni si è parlato di più in Italia. Purtroppo se ne è parlato e se ne parla – spesso a sproposito – per i problemi legati all’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa, in un vortice legato a inquinamento e precarietà lavorativa. Come avete vissuto a Taranto questi mesi di lockdown?
“A Taranto sappiamo bene quanto sia difficile l’equilibrio tra le ragioni della salute e dell’ambiente con quelle del lavoro e dell’economia, forse anche per questo siamo stati più restrittivi nei nostri provvedimenti amministrativi e più rispettosi del nuovo stile di vita imposto dall’epidemia, così registrando per fortuna uno dei livelli di contagio più bassi del Paese. Ora tutti parlano di green deal, di abbandono dei fossili, di lotta al cambiamento climatico, di città resilienti, di indicatori del benessere di una comunità svincolati dal freddo PIL, ma si tratta di uno scenario che a Taranto abbiamo decisamente anticipato, la trasformazione di questa magnifica città è iniziata già da prima dell’arrivo del coronavirus, per questo sono fiducioso che presto del capoluogo ionico si parlerà in tutt’altra attrattiva prospettiva”.
Ora è la fase della ripartenza. Tutta Italia, chi con più chi con meno difficoltà, prova a ripartire. E ovviamente anche Taranto. E prova a farlo rilanciando il progetto e l’idea di “città resiliente”. In questo senso avete tanto da insegnare al resto d’Italia…
“Direi di sì. Nessuno ha sofferto come noi di un certo modo di fare capitalismo, in spregio al creato e ai reali bisogni delle persone, di non avere la necessaria autonomia o la capacità di autodeterminarsi in relazione alle aspirazioni dei cittadini, di non avere nemmeno le compensazioni adeguate per il contributo enorme dato al sistema Paese nel corso di mezzo secolo, a cominciare dal comparto sanitario. Per superare questa monocultura dell’acciaio, per spezzare il ricatto occupazionale, per entrare in una nuova epoca fatta di modernità, qualità della vita, processi e mobilità smart, cantieri di rigenerazione urbana, promozione dei nostri aspetti identitari, coinvolgimento dei quartieri, in sintesi un nuovo modello di sviluppo e di governance territoriale, abbiamo vincolato la nostra attività amministrativa e la nostra programmazione pluriennale agli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, monitorando costantemente i progressi della città secondo una matrice di valori ideata insieme a soggetti terzi autorevoli, e tra questi Asvis”.
Ci parli dell’idea di mettere in vendita a 1 euro alcune case del centro storico e di come questa si inquadra nel progetto di rilancio del cuore della vostra città, ormai da anni vittima di una sorta di esodo di massa.
“Nel nostro piano di transizione ecologica, economica ed energetica denominato Ecosistema Taranto uno dei target prioritari per restituire qualità della vita ai residenti e far tornare attrattivo il grande centro storico, unico nel suo genere, è connesso al bisogno abitativo. Invece di consumare altro suolo, intendiamo incentivare il ripopolamento di quell’area, oggi degradata, per circa due terzi di proprietà del Comune. Per questo abbiamo pensato di cedere un vasto patrimonio immobiliare a costi simbolici, con il vincolo di riqualificazione e rifunzionalizzazione entro un preciso arco temporale ed in coerenza con la pianificazione dell’Amministrazione comunale. Stiamo ricevendo attenzione da ogni tipo di investitori, da molti luoghi del mondo. Siamo entusiasti”.
Veniamo al discorso Ilva. Nelle scorse ore il ministro Gualtieri ha detto che lo Stato è pronto a coinvestire per avere un’Ilva forte e la proprietà ha garantito che rispetterà i propri impegni. Si parla di un “piano tra 10 giorni”. Cosa si sente di dire? Sono parole che la tranquillizzano?
“So che il Governo sta facendo del suo meglio, in una situazione affatto semplice. Manca, però, il coinvolgimento della comunità. Non si tratta di una mera vertenza industriale ed occupazionale, per quanto grande. Non si vedono ancora all’ordine del giorno i temi ormai inderogabili per i tarantini, la valutazione del danno sanitario, il fermo delle fonti inquinanti, un accordo di programma che contemperi le esigenze di tutti e vincoli la parte privata per il futuro. Io non credo che si possa parlare davvero di acciaio verde alle condizioni tecnologiche, occupazionali e di produzione finora in discussione. Bisogna rinunciare a qualcosa, il green deal non parte a costo zero. Serve coraggio, serve ragionare di una Ilva più piccola, più moderna, più sicura. Oppure Taranto non sarà in grado di sostenere altre violenze, altre imposizioni, meglio voltare per sempre pagina”.
Sempre parlando di questioni strategiche per la città, si sta discutendo in questo periodo di un massiccio investimento di un gruppo privato nel porto di Taranto. Una vicenda che ha a che fare con il futuro della città ma anche con questioni più nazionali ed internazionali, legate alla presenza commerciale cinese in Italia. Ovviamente su questo si è già scatenata la bagarre politica. Qual è la posizione dell’amministrazione?
“I porti per loro natura sono votati agli scambi e alle relazioni con l’estero. In questi anni non abbiamo pesantemente infrastrutturato a caso lo scalo ionico, uno dei più grandi di Italia e dei più importanti del Mediterraneo, mare dal quale sistematicamente transita all’incirca il 20/25% delle merci globali. Gli investitori stranieri, in un sistema di concessioni trasparenti e regole stringenti, si insediano, operano e creano occupazione tutti i giorni in tutti i porti del Paese. Non si capisce perché non ci si scandalizzi per la presenza cinese a Trieste o Genova, mi sembra più una questione di campanile, piuttosto che di strumentalizzazione politica, insomma poco razionale. E dopo tutto, abbiamo anche apprezzato l’aiuto cinese durante il lockdown, sintomo di un approccio rispettoso verso la comunità. No, noi non abbiamo nessuna remora, lavoreremo per facilitare questo interesse sul territorio”.
Coniugare tutela dell’ambiente e della salute con la difesa dei posti di lavoro è sempre stato il dilemma dentro il quale si è mossa la politica a Taranto. E, se ci pensa, è diventato anche un tema con cui l’intero Paese, in questi mesi di emergenza, si è trovato a fare i conti. Se guarda al futuro, della sua città e dell’Italia, che cosa vede all’orizzonte?
“Noi questo tabù lo abbiamo dovuto infrangere già da qualche anno. Nessun altro bene è paragonabile alla salute e alla vita umana, nemmeno il lavoro, il profitto o il PIL nazionale, nessun equilibrio regge senza la tutela massima di questo diritto costituzionale ed universale. La pandemia ci costringe a guardare finalmente il mondo, il nostro quotidiano e le nostre priorità con occhi differenti. Non potremo tornare a quella presunta normalità che ha generato questa catastrofe sanitaria ed economica. Saremmo degli sciocchi. Fare politica significa adattarsi, indirizzare il futuro, anche fare scelte impopolari, sburocratizzare, ripensare la riorganizzazione dello Stato e selezionare le finalità delle risorse pubbliche, per il bene delle prossime generazioni. A Taranto vogliamo intraprendere questa strada con convinzione. Mi auguro che l’Italia tutta non faccia l’errore di guardarsi indietro. Un nuovo umanesimo può partire proprio dal nostro grande Paese”.
“Taranto città verde d’Europa”, dice uno dei punti del “Piano per l’Italia” del Partito Democratico. Una missione impossibile o un sogno realizzabile?
“Non esistono missioni impossibili. E mi faccia citare Nelson Mandela, per il quale un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso. Taranto sarà verde, è una sfida più che simbolica per il Partito Democratico. La vinceremo insieme”.