Anche per la giustizia è ora di ripartire e di darsi obiettivi coraggiosi

Il Paese si è lasciato finalmente alle spalle la fase più acuta dell’epidemia, ed è entrato nella cosiddetta fase 2, quella che prelude alla ripartenza, al riavvio delle attività congelate nei due mesi di chiusura totale. È un momento importante e delicato, nel quale sarà necessario riavviare il motore del Paese nei tempi più celeri possibili, ma anche intraprendere una nuova strada di sviluppo e crescita sostenibile.

Questo vale per ogni settore, ed anche per la giustizia, un servizio essenziale per la democrazia che non solo deve riprendere rapidamente a funzionare a pieno regime, ma ha bisogno anche di una rinnovata stagione di riforme. Stando alle notizie che arrivano dagli uffici giudiziari, la ripartenza pare oltremodo faticosa e lenta, e molto frammentata. Io ritengo sia stata condivisibile la scelta fatta dal governo, di disciplinare la ripresa delle attività giudiziarie con un periodo di transizione che assegnasse una significativa autonomia organizzativa ai singoli uffici giudiziari. Non solo infatti l’epidemia ha colpito in modo molto differenziato il Paese, ma le stesse strutture giudiziarie sono molto diverse tra loro, e ciò rende necessario adattare alle singole specificità le modalità di esercizio della giurisdizione in questa fase di riavvio.

Tuttavia le difficoltà e le lentezze che si registrano credo impongano una risolutiva presa di posizione del governo, che quanto meno indirizzi gli uffici ad adottare le soluzioni che, nel rispetto dei protocolli di sicurezza sanitari, favoriscano piuttosto che ostacolare l’esercizio diffuso della giurisdizione. Anche con l’adozione dei sistemi di udienza da remoto che in questa fase andrebbero incoraggiati, sia pure con i limiti giustamente introdotti al suo utilizzo. Sotto questo profilo io credo che anche l’avvocatura dovrebbe aprirsi un po’ di più, non ostacolando il ricorso alla tecnologia laddove ciò possa consentire lo svolgimento di attività che non pregiudicano interessi e garanzie.

Ma a valle della ripartenza, anche nel campo della tutela dei diritti e dell’esercizio della pretesa punitiva dello stato, dunque nel campo largo dell’amministrazione della giustizia, occorre rilanciare una prospettiva di riforme che si inserisca nel più ampio disegno di sviluppo, crescita e innovazione del quale il paese avrà disperato bisogno per uscire in piedi dalla crisi epocale che stiamo vivendo. Non possiamo restare inerti, anche per la giustizia questa deve diventare l’occasione per affrontare i nodi di sistema che in passato si è faticato a sciogliere.

Ne indico almeno i titoli, consapevole che ciascuno di essi meriterebbe un approfondimento a parte.

Una riforma coraggiosa e seria del funzionamento della giustizia penale e di quella civile, che ne riduca significativamente i tempi nel rispetto delle garanzie e dell’equilibrio tra libertà e sicurezza. Non si parte da zero: in parlamento giacciono due disegni di legge che contengono proposte, ipotesi e spunti rilevanti per aggredire in modo definitivo i problemi di funzionamento della giustizia che ne allungano i tempi in modo inaccettabile. Si tratta di percorrere in modo convinto e deciso l’iter parlamentare, raccogliendo le proposte di miglioramento che verranno dall’istruttoria, ma con l’obiettivo di arrivare entro la fine della legislatura ad un nuovo impianto che faccia entrare l’Italia, da questo punto di vista, in una nuova epoca.

Una riforma dell’ordinamento giudiziario, anche attraverso interventi puntuali sul funzionamento del csm, che le cronache di questi giorni rendono urgente e non rinviabile. Non si tratta, come qualche nostro avversario politico pensa e dice, di approfittare dell’occasione per regolare i conti con la magistratura, ma al contrario di introdurre le riforme che ne mettano al riparo l’autonomia e l’indipendenza riducendo la pressione inaccettabile che la degenerazione correntizia ha determinato. Anche qui, ipotesi e proposte ci sono, si tratta di non disperdere questo tempo che si apre.

Da ultimo, una seria riforma dell’ordinamento penitenziario, che concluda il percorso iniziato nella scorsa legislatura e rimasto interrotto, recuperando i risultati di quella straordinaria operazione di elaborazione e proposta che furono gli stati generali dell’esecuzione penale, voluta dall’allora ministro Orlando. Rilanciare una idea del diritto penale non centrata esclusivamente su punizione e carcere non solo risponde ai più moderni concetti della pena e ai precetti costituzionali volti al recupero del condannato, ma significa anche garantire meglio la sicurezza dei cittadini.

È tempo dunque di ripartire, non solo, ma anche di darsi obiettivi coraggiosi.


Alfredo Bazoli è capogruppo del Pd in commissione Giustizia alla Camera