Che il neoliberismo sia un sistema economico fragile e caratterizzato da forti disuguaglianze sociali che generano insicurezza e stress in molte fasce sociali è una considerazione che credo sia difficile smentire ma oggi l’emergenza Covid-19 può celebrare il “de profundis” di tale sistema e senza avere preventivamente elaborato un nuovo modello alternativo socio-economico, la fine del neoliberismo rischia di diventare un reale pericolo per la sicurezza e la democrazia di uno stato. Perciò, nell’opinione di chi scrive che sta operando uno studio specifico sul tema, serve oggi più che mai un intervento trasformativo della società realmente radicale per consentire un rilancio sicuro ed affidabile del sistema Italia una volta usciti dall’emergenza sanitaria. Questo intervento radicale non più differibile nel tempo potrebbe efficacemente basarsi sull’adozione, con peculiari modalità di applicazione che potremmo definire made in Italy, di quello strumento storico, molto spesso bollato superficialmente come semplice utopia, che è il reddito universale o reddito di base. Questo articolo cerca di dimostrare che in Italia un intervento sociale di questo tipo non solo è economicamente sostenibile ma anche auspicabile per le positive ricadute che esso potrebbe avere sulla società e sulla macchina dello stato.
Gli obiettivi strategici di un reddito universale nell’implementazione ipotizzata per la realtà italiana, potrebbero essere sintetizzati nei seguenti quattro punti:
- Migliorare il tenore medio di vita della popolazione in modo che includa un’alimentazione, alloggio e vestiario adeguati in conformità all’art. 11 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali dell’ONU del 1966
- Ridurre nella società il gap sociale ed il rischio nell’ordine pubblico garantendo i diritti base di accesso alla sanità, all’istruzione ed al lavoro a tutte le classi sociali senza distinzione di alcun genere e penalizzando gli individui che operino contro gli interessi della collettività
- Premiare in tutti i campi il merito e la solidarietà degli individui
- Favorire l’integrazione sociale degli stranieri residenti in Italia
Con più dettaglio l’erogazione del suddetto reddito, in seguito abbreviato per semplicità con l’acronimo RB (reddito di base), potrebbe essere articolata in Italia secondo i seguenti principi applicativi:
- Beneficiari: tutti i cittadini italiani ed UE residenti in Italia ed i cittadini stranieri non appartenenti all’Unione Europea ma in possesso di un permesso di soggiorno e di un contratto di lavoro
- Tipo di sostegno: reddito di base mensile, individuale, indipendente dal reddito, non tassabile, erogato tramite caricamento di carta elettronica, come già operato per quello di cittadinanza, a partire dalla data di nascita per i cittadini italiani e di quella di residenza in Italia per tutti gli altri
- Modalità di assegnazione: ad ogni beneficiario è erogato un reddito di base mensile con variazioni nel tempo (riduzioni o incrementi) temporanee o definitive in funzione dello stato civile della persona nell’ambito del nucleo familiare di origine e del suo livello di merito nell’istruzione, nel lavoro e nella società. Dette variazioni sono cumulative e tutte calcolate percentualmente rispetto al valore iniziale fissato per RB. Il reddito di base rappresenta ovviamente il superamento di quello di cittadinanza. A esempio si potrebbe ipotizzare quanto segue :
a) Riduzioni temporanee del reddito di base
- finché si è fiscalmente a carico di altro individuo percettore del reddito (ad es. moglie o figlio a carico di un capofamiglia)
- per un lasso di tempo determinato dopo il rifiuto da parte di un individuo disoccupato di eventuali offerte di lavoro proposte dall’agenzia pubblica preposta;
b) Riduzioni definitive del reddito di base,
- per condanna penale passata in giudicato
- per condanna civile a danno dello stato passata in giudicato
c) Incrementi temporanei del reddito di base
- per la durata di attività svolte in maniera certificata nel terzo settore
- per la durata del periodo lavorativo in misura del livello categoriale raggiunto per i lavoratori dipendenti o del livello annuo di reddito da lavoro per gli altri
- per la durata di uno stato di disabilità
d) Incrementi definitivi del reddito di base
- per il raggiungimento di titoli di studio o di specializzazione da parte di ogni individuo ad eccezione di quelli relativi alla scuola dell’obbligo
Se ora ipotizziamo, per non creare soverchi squilibri psicologici nel contesto sociale ed economici nel bilancio dello stato italiano, di adottare per i c.a. 37 milioni di lavoratori dipendenti o pensionati per i quali vale certamente la seguente banale esemplificazione:
Stipendio/salario/pensione lordo = Stipendio/salario/pensione netto + Imposte /contributi
un nuovo stipendio/salario/pensione così strutturato a valle dell’erogazione del reddito di base :
Nuovo stipendio/salario/pensione lordo=Vecchio stipendio/salario/pensione netto – Reddito di base + Vecchie imposte /contributi
nel caso in cui il Vecchio stipendio/salario/pensione netto sia superiore al reddito di base fissato
oppure nel caso opposto:
Nuovo stipendio/salario/pensione lordo= Reddito di base + Vecchie imposte /contributi
con un reddito di base non tassabile erogato direttamente dallo stato avremo:
- una consistente riduzione del costo della manodopera per le aziende ove operano i beneficiari del reddito di base a parità di entrate da imposte pubbliche e di importo mensile netto in tasca ai lavoratori
- una forte disincentivazione del lavoro sottopagato o in nero
- una sostanziale partita di giro per i beneficiari di reddito di base attualmente titolari di pensione con valore superiore ad RB a fronte di un adeguamento invece dell’importo delle pensioni per i rimanenti pensionati
Il risparmio delle aziende potrebbe essere utilmente destinato per legge a migliorare i loro profitti ma anche e soprattutto ad operare investimenti in innovazione e migliorare la condizione retributiva dei lavoratori con conseguenziale loro fidelizzazione. Un discorso similare potrebbe essere fatto per i lavoratori non dipendenti (ad es. autonomi, partite IVA etc) operanti in Italia per i quali si potrebbe assumere in luogo dello stipendio mensile netto il reddito netto da lavoro dichiarato nell’anno precedente e compensare l’erogazione mensile di RB utilizzando la leva fiscale.
Con la suddetta modalità di introduzione un reddito universale articolato su un valore base di RB pari ad esempio a 700 € mensili avrebbe un impatto annuo sulla finanza pubblica italiana, secondo personali stime, variabile tra i 30 ed i 40 miliardi di euro circa, pressoché quello di due leggi finanziarie, a fronte di una parità di gettito da imposte. Come coprire economicamente questa nuova spesa pubblica? Di seguito alcuni spunti di riflessione sul tema:
- per consentire la sua introduzione nella misura sopra prevista sembrerebbe sufficiente utilizzare i risparmi ottenuti sulle seguenti voci della spesa pubblica:
• spese relative al sostegno del lavoro come cassa integrazione (ordinaria, straordinaria o in deroga), indennità di disoccupazione etc.
• le spese assistenziali quali pensioni sociali, assegni familiari, assegni vitalizi, pensioni di invalidità etc.
Il risparmio stimato sui suddetti capitoli di spesa è di circa 54 miliardi di euro a fronte dei c.a. 348 miliardi posti a bilancio dallo stato italiano nel 2018 per le stesse voci.
- l’introduzione del reddito di base può essere vista non solo come enorme riforma sociale ma anche come potente occasione di praticare una profonda riforma fiscale da tempo auspicata in Italia. Infatti abbattendo i costi aziendali della manodopera dipendente sarebbe possibile elaborare una strategia economica volta ad incentivare maggiori investimenti nell’industria, una nuova politica retributiva nelle aziende ed una fiscalità indirizzata a rimodulare l’intero regime delle imposte italiane con un deciso passaggio dalla tassazione diretta a quella indiretta. Così grazie al maggior flusso di denaro posto in circolo dall’introduzione del reddito di base sarebbe possibile anche ridurre l’atavico problema italiano della evasione fiscale
- grazie all’introduzione del reddito di base si può prevedere quanto segue:
• lasciando immutata la tassazione attuale, un aumento delle vendite dei generi di prima necessità grazie alla maggiore capacità di acquisto delle fasce di popolazione meno abbienti (3 milioni di famiglie sotto la soglia di povertà nel 2018 pari a c.a. 11% dei nuclei familiari) con conseguenziale limitato incremento delle entrate IVA
• qualora si imponesse per legge una ridistribuzione verso i lavoratori di parte della riduzione del costo della manodopera un aumento delle vendite anche di tutti i prodotti. Si stima che se per incrementare i salari/ stipendi dei lavoratori fosse dedicato il 25% dei risparmi ottenuti con l’introduzione del reddito di base nelle modalità descritte si potrebbe ipotizzare un ulteriore aumento delle entrate IVA pari ad alcuni punti percentuali.
Si ritiene che il modello adottato per valutare l’impatto socio-economico della riforma oggetto del presente articolo andrebbe definito in dettaglio per meglio determinare le previsioni di spesa ed i risparmi atti a sostenere il reddito di base strutturato come proposto. Allo scopo sarebbe utile una sua sperimentazione a livello regionale purché rappresentativa dell’intero contesto italiano come già fatto sia pur con altri obiettivi in Finlandia nel 2018. In ogni caso è certamente possibile immaginare che l’ introduzione in Italia di un reddito di base possa contribuire al raggiungimento anche dei seguenti obiettivi tattici:
• Semplificazione burocratica e quindi miglioramento dell’efficienza della PA
• Stimolazione alla mobilità del lavoro con benefici sul suo livello retributivo / qualitativo
• Riduzione del lavoro in nero o sottopagato
• Riduzione dell’evasione d’imposta
• Riduzione del numero degli inoccupati / disoccupati
I suddetti punti andando ad aggiungersi ai quattro obiettivi strategici annunciati all’inizio possono probabilmente farci ritenere che forse il gioco possa veramente valere la famosa candela.
Alberto Ferrara, è stato dirigente aziendale in multinazionali, ora opera nel terzo settore