venerdì 2 Giugno 2023

Chiedere il cambiamento non basta, bisogna praticarlo

Le tonnellate di gasolio riversate nei fiumi della Siberia. I livelli di ozono in Lombardia che tornano a salire. La cattiveria umana che uccide animali indifesi. Chiusi nelle nostre case, impauriti, anzi terrorizzati da una pandemia che si diffondeva in tutto il mondo abbiamo promesso a noi stessi che il mondo nuovo sarebbe stato diverso, migliore. Ma se queste sono le premesse, non ci siamo proprio. Di quali altre prove abbiamo bisogno per cambiare registro? Fra i tanti messaggi di allarme che hanno attraversato il Pianeta negli ultimi mesi, il COVID-19 è sicuramente il più immediato e tangibile, quello che ci ha costretto a fermarci per riflettere ma non è l’unico.

Sembra passata un’eternità ma non possiamo dimenticare gli incendi che soltanto nel gennaio 2020 hanno devastato l’Australia. Non è stato un caso o una tragica fatalità se sono andati distrutti più di 11 milioni di ettari e sono morti più di 1 miliardo di animali: la causa sono le alterazioni climatiche sopra l’Oceano indiano che hanno causato siccità e temperature record. E non è stato l’unico, devastante, effetto: anche il Bacino del Congo, l’Indonesia, l’Alaska e California sono andate in fiamme. Per non parlare dell’Amazzonia, il polmone verde del Pianeta, che è vittima di politiche sconsiderate che stanno compromettendo la nostra stessa sopravvivenza. E poi l’innalzamento delle temperature globali che stanno sciogliendo i ghiacci, mettendo a rischio intere specie di animali e piante e innalzando i livelli dei mari, rendendo il nostro Pianeta un luogo non più sicuro e inospitale.

Siamo noi la causa di tutto questo. La nostra cieca indifferenza e il nostro cinico masochismo. Ma come per alcune persone che si ammalano, una volta guarite, non si curano più delle cause che li hanno portati a star male, anche noi sembra che siamo velocemente tornati ad essere quello che eravamo, anche se profondamente sbagliati.

Quanto ci piaceva condividere le foto dei delfini nei nostri porti, i canali di Venezia con l’acqua trasparente, le città liberate dalle automobili e il silenzio della nostre finestre. Ma poi che cosa è successo?

“In Lombardia la chiusura per la pandemia ha portato ad una riduzione del biossido di azoto del 45%”, si legge in un comunicato della onlus Cittadini per l’aria. A Roma del 70%. Lo studio del Kyoto Club e dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del CNR dedicato alla qualità dell’aria di 14 città italiane nei primi 4 mesi del 2020, quindi in piena emergenza Covid-19, ha registrato un calo ovunque, come era ovvio, e ci ha indicato una strada sicura per vivere meglio. Non possiamo dimenticare infatti che nel nostro Paese nel 2019, circa 14.600 italiani sono morti per inquinamento. Abbiamo un triste primato in Europa in cui spicca la Pianura Padana come zona altamente inquinante.

Ma non c’è solo l’aria. C’è anche l’acqua inquinata, gli sversamenti in mare, la plastica e i rifiuti da riciclare. E ora anche miliardi di mascherine e guanti da smaltire.

Insomma, chiedere un cambiamento non basta, bisogna praticarlo. Stavolta una seconda opportunità non ci sarà, lo dobbiamo avere bene chiaro in testa.