Così la destra in Lombardia ha gettato la maschera. Conversazione con Pietro Bussolati

‘Giù la maschera’ è il titolo dell’ebook scritto e pubblicato in tempi record da Pietro Bussolati (Laurana Editore), consigliere regionale del Partito Democratico e membro della segreteria nazionale dem, per analizzare la gestione dell’emergenza Covid da parte di Regione Lombardia. “Un’occasione per fare chiarezza e per guardare in faccia ai tanti elementi che non vanno bene, non solo in relazione al Covid, ma, in generale, al bisogno di salute dei lombardi”, ci dice l’autore, con cui abbiamo avuto una conversazione che ci ha aiutato a capire perché proprio la Lombardia è stata investita in maniera così violenta e fragorosa dal ciclone coronavirus.

“Negli ultimi vent’anni – spiega Bussolati – a partire da Formigoni, passando per Maroni e arrivando a Fontana, le destre hanno messo in campo una strategia sulla sanità che via via ha distrutto tutta la medicina territoriale, ospedalizzando tutto il bisogno di salute dei cittadini. Il Covid ha fatto esplodere tutto questo”. E non solo, aggiunge, ‘Giù la maschera’ è riferito anche “all’arroganza con cui sono stati trattati medici, sindaci, personale di base che hanno segnalato a Fontana e Gallera tutto ciò che non andava e la loro risposta è sempre stata sprezzante”.

In pochi mesi la Lombardia è passata, nell’immaginario collettivo, da eccellenza assoluta a simbolo di una regione incapace di affrontare l’emergenza. Il prezzo pagato, in termini di vite umane e non solo, è stato devastante. Com’è potuto succedere tutto questo?

“Intanto dobbiamo sottolineare che la Lombardia è una terra dove sono presenti competenze ed eccellenze straordinarie e quanto successo in questi mesi non cambia queste cose. Il problema è che le scelte politiche adottate qui, alcune nell’immediato, altre nel corso di anni, hanno costruito le condizioni per un tasso di mortalità del Covid che non ha pari nel mondo. Come risaputo, le persone più anziane e più fragili sono molto più a rischio, se vengono contagiate. Cosa è avvenuto in Lombardia? A fronte di un contagio con curve abbastanza simili in tutto il mondo, avendo un sistema sanitario che ospedalizza tutte le cure e non essendosi procurati per tempo il materiale di protezione, si è portato il virus proprio nei pronto soccorsi, negli ospedali e negli studi medici, che sono esattamente i posti più frequentati dagli anziani e dalle persone con patologie pregresse. Tutto questo deriva dall’assenza della medicina territoriale e dal depauperamento del ruolo dei medici di base, che sono via via stati considerati dal sistema sanitario dei burocrati inutili. A questo proposito non possiamo non ricordare la famosa frase di Giorgetti che, un anno fa, a Rimini disse: ‘Ma tanto chi ci va più dai medici di base?’. Ecco, questa frase spiega un’epoca che si deve chiudere nel più breve tempo possibile”.

Di fatto, da questo punto di vista la Lombardia ha rappresentato un unicum, almeno tra le regioni più colpite.

“Certo, prendiamo l’esempio dell’Emilia Romagna guidata da Stefano Bonaccini. Qui negli anni si è deciso di investire, e non di distruggere, sul ruolo del medico di base. E infatti, a differenza di quanto successo in Lombardia, hanno giocato un ruolo fondamentale nella domiciliazione delle cure, evitando di ingolfare gli ospedali e trasformarli in luoghi di contagio. A tutto questo vanno aggiunte le scelte fatte sulle strutture per anziani, alcuni centri diurni sono stati costretti a rimanere aperti anche fino all’inizio del mese di marzo, quando il virus già divampava e quando dirigenti e sanitari dicevano di non essere in grado di garantire le condizioni minime di sicurezza e di salute. Infine, la ciliegina sulla torta è stata quella di inserire gli ex ospedalizzati, i convalescenti di Covid, dentro le strutture per anziani”.

Dalla gestione delle Rsa ad una serie di errori comunicativi, dal fallimento dell’ospedale in Fiera all’abbandono della sanità territoriale, dai ritardi nella fornitura delle protezioni alla sconsiderata strategia sui tamponi: quali sono stati i peccati capitali dell’amministrazione Fontana?

“Ne scelgo tre. Il primo è stato quello di non gestire per tempo e non fornire profilassi sanitaria, né ai medici di base né agli operatori delle RSA, quindi l’abbandono totale da questo punto di vista. Il secondo è quello di aver puntato tutto sull’apertura di terapie intensive, tra cui quella in Fiera, dimenticando di affiancare a questa aspetto necessario il rafforzamento delle USCA (Unità speciali di continuità assistenziali), che avrebbero potuto aiutare le persone a domicilio, puntando tutto, ancora una volta, sulle ospedalizzazioni. Il terzo elemento è la strategia incomprensibile sia sui tamponi, sia sui test sierologici, che non ha permesso di cinturare la malattia. Sui primi, se ne sono fatti pochi, si sono attivati pochi laboratori, adducendo motivazioni ogni volta differenti. E sui test si è rimasti convinti che non servissero, tranne quello della DiaSorin, su cui è esplosa la bufera per una vicenda tutt’altro che chiara e trasparente”.

A fronte di tutto questo, l’atteggiamento scelto da Regione Lombardia è stato quello di difendersi attaccando il governo, l’opposizione, il complotto della sinistra per rovesciare l’amministrazione. Se ne sono sentite di tutti i colori, compreso il fatto che chi critica la giunta di destra sia anti-lombardo.

“Il gioco della Lega in Lombardia è sempre lo stesso, da anni: tutto ciò che funziona è merito loro, tutto ciò che non funziona è colpa di qualcun altro. Una volta sono gli immigrati, un’altra il governo, poi i sindaci, i sindacati, ogni volta un capro espiatorio differente. In questo caso è ancora più grave, perché si è trattato della vita e della morte di migliaia di persone. Quando ci si è accorti che alcuni ospedali non reggevano, come ad esempio a Codogno e ad Alzano, la scelta comunicativa è stata quella di attaccare il governo, utilizzando due conferenza stampa al giorno per fare polemica politica mentre morivano 300-400 persone al giorno. Quelli che dovrebbero fare un esame di coscienza sul sentimento anti-lombardo si chiamano Fontana e Gallera, sono loro che hanno voltato le spalle alla Lombardia per ragioni di cadrega politica, seguendo la linea imposta da Salvini, che non a caso da queste parti si è fatto vedere molto spesso e in Veneto non si è mai presentato”.


“Giù la maschera” nasce dal bisogno di mettere in fila quanto è accaduto nei terribili primi mesi del 2020. I diritti di questo libro saranno destinati al Fondo di Mutuo Soccorso del Comune di Milano.