Mezzogiorno, basta con le parole passiamo ai fatti

Sul Mezzogiorno, al singolare e al plurale, si è scritto moltissimo. Difficile aggiungere altro. Le azioni e i fatti a favore dello sviluppo di questa parte del Paese sono di gran lunga più carenti.

In questo iato tra le capacità di elaborazione e spesso di proposta e l’effettiva realizzazione sta forse il problema principale del Mezzogiorno. Basti pensare all’esperienza ormai cinquantennale del ’’regionalismo’’ italiano. Una storia piena di luci e ombre ma certamente caratterizzata da una differenza radicale tra il ”regionalismo” del Nord e del Centro rispetto a quello del Sud del Paese. In ambiti cruciali come quello della sanità il ”regionalismo” ha acuito invece di risolto alcune distanze tra parti diverse del nostro Paese. La risposta più semplice e diffusa attribuisce al fallimento del ceto politico meridionale la responsabilità di questo stato di cose. C’è del vero in questo ma è di assoluta evidenza che altri opposti punti di vista che attribuiscono invece al depauperamento ai danni del Mezzogiorno in favore della parte più forte e solida del Paese la ragione fondante del ritardo nello sviluppo, abbiano elementi forti di verità.

L’Italia tutta è ormai da quasi trent’anni in avanzo primario con una costante conferma di politiche economiche restrittive nemiche di qualsiasi logica di intervento pubblico a favore dello sviluppo in generale ed in particolare nel Mezzogiorno. Non è un caso che proprio in questi trent’anni si sia fatta avanti una logica politica strutturata in un partito a tutela esclusiva degli interessi del Nord, alla quale il Mezzogiorno non ha ancora trovato la risposta , nonostante il recente successo dei 5stelle.

L’entrata dell’Italia, tutta, nell’euro è stato un passaggio storico cruciale ma carico di
svariate conseguenze. All’entrata in scena dell’euro non è seguita un Europa in grado di affrontare in maniera unitaria ed efficace il nodo dei ritardi tra varie parti geografiche dell’area euro. Resta tutta in campo la questione tra sovranità degli stati nazionali ed Europa che è sembrata a un passo dall’essere travolta da vari e diffusi movimenti anti europeisti.

In Italia l’assetto federale dello Stato è stata oggetto di ben due referendum costituzionali, entrambi svolti in regime di moneta unica, proposti da due punti di vista politici opposti e con i risultati noti , ovvero che l’attuale assetto in termini di competenze nazionali e regionali sia quello proposto nel 2001 dal centrosinistra.
La pandemia da Covid ha travolto tutto in ogni senso e ha imposto una revisione radicale dell’agenda politica mondiale, ivi compresa la questione dello sviluppo del Mezzogiorno.

E’ in questo quadro che il mio partito, il Partito Democratico, qualche settimana fa mi
ha chiesto di assumere la responsabilità del Dipartimento coesione e Mezzogiorno, e per questo ho accettato la proposta del segretario Zingaretti di dare il mio contributo. Io eletto per tre volte consecutive parlamentare europeo proprio nel collegio del Sud, io da sempre legato ai problemi e alle difficoltà di questa parte del Paese, dove sono nato, ho studiato, ho sviluppato ogni mio impegno pubblico.

Sento tutta la responsabilità di aggiungere fatti e non ulteriori analisi a favore del Mezzogiorno. Da dove partire, anzi meglio da dove ripartire?

In primo luogo le idee. Queste non mancano a partire da quella di fare tutto ciò che sia possibile per aiutare il dialogo tra istituzioni europee, Governo italiano, regioni, grandi città, comuni meridionali. Ma l’intensità e la gravità della crisi prodotta anche dal Covid richiedono risposte pressoché immediate. Per questo la scelta è ricaduta su una fitta rete di incontri con alcuni Ministri in carica, con il segretario del partito, con alcuni Governatori.

L’obiettivo è giungere in tempi brevi ad un iniziativa pubblica che abbia l’ambizione di tracciare tempi e obiettivi certi delle iniziative da intraprendere. Questo non può che avvenire in piena sintonia con il Governo e con il suo Presidente. Ritengo l’azione del Governo presieduto da Conte un punto di equilibrio privo di alternative percorribili.

Ma il Governo deve adesso calare le carte vere, concrete, realizzabili in pochi anni per lo sviluppo del Mezzogiorno nell’ambito del più grande progetto economico mai avviato dal dopoguerra: il Recovery Fund.

Non si può sbagliare. I giovani, le migliori menti delle nostre scuole e Università, le imprese, le lavoratrici e i lavoratori, insomma tutti devono sentire che è in atto un autentico sforzo di cambiamento e tutti devono sentirsi partecipi di questo processo, in prima persona. E’ questa la vera sfida, solo così riusciremo ad affrontare e vincere questa sfida.

Siamo ormai da alcuni anni in piena economia cognitiva. Più di ogni bene materiale è il ”sentire emotivo” ciò che s’impone. Se dovessimo fallire, al di là degli schieramenti politici , l’occasione di far sentire tutti partecipi di una grande, forse definitiva sfida, di trasformazione innescata dal Covid e che lo ribalti da grande incubo, collettivo a scintilla per cambiare in meglio anche il Mezzogiorno, avremmo prodotto un danno irreparabile.

Questa è la responsabilità che sento di più e fino in fondo, e per questo ho accettato la proposta del segretario Zingaretti.