“Il riformismo non è uno slogan. Le persone hanno bisogno di risposte concrete”. Parla Nicola Oddati

Con il decreto agosto si apre una nuova fase per l’economia italiana. Si passa dall’emergenza alla ricostruzione. E’ l’inizio di un percorso che dovrà portare il nostro Paese fuori dalla crisi portata dalla pandemia, che così male ha fatto a tutti i livelli del nostro tessuto produttivo. Un decreto ricco di misure, che Immagina approfondirà nei prossimi giorni, ma su cui è già possibile tracciare un bilancio. Al primo posto c’è la tutela dei più deboli, del lavoro e dei lavoratori. Ne abbiamo parlato con Nicola Oddati, esponente di primo piano del Partito Democratico, coordinatore dell’iniziativa politica in segreteria nazionale e già responsabile Mezzogiorno del partito. 

Oddati, qual è la ratio di fondo alla base dell’ultimo provvedimento, quali le misure che giudica più significative ed importanti?

“C’è il rafforzamento di alcune misure che ci hanno aiutato ad affrontare la crisi in questi mesi, a partire dalla proroga della cassa integrazione, ma anche la riproposizione di una misura che si è rivelata molto utile come quella del reddito di emergenza, che ha aiutato tantissime persone e tantissimi lavoratori, che si sono ritrovati senza alcuna fonte di reddito. Oltre a questo, però, vorrei sottolineare l’importanza di una misura strutturale, che giudico fondamentale per la nostra cultura politica ed economica, come il taglio del cuneo fiscale, con la decontribuzione e la defiscalizzazione del lavoro”. 

Una misura che guarda in particolar modo al Mezzogiorno.

“La molla alla base di questa scelta è appunto quella di ridurre il costo del lavoro, soprattutto al Sud, di incentivare le imprese ad investire e ad assumere. Tradurre in crescita economica l’attività delle imprese è fondamentale per affrontare un nodo strutturale storico, che è il gap tra le due aree del Paese, che vanno invece avvicinate”.
 
Come si può immaginare, si alzeranno alcune critiche che tendono a disegnare questo governo come quello che vuole soffocare il Nord.

“Niente di più sbagliato. Nessuno pensa che per aiutare il Sud bisogna aiutare meno il Nord, ma è altrettanto vitale capire che se non cresce il Sud è un problema anche per il Nord. Questa doppia velocità è stata da sempre un grande freno per le spinte riformiste nel nostro Paese. Siamo davanti ad un punto di svolta molto importante e dobbiamo ringraziare la nostra squadra di governo, a partire dal ministro Provenzano. Per il Pd è una vittoria perché per noi questo è sempre stato un punto chiave dal punto di vista programmatico”. 

La questione della contrapposizione tra Nord e Sud, tra lavoro e impresa, tra produttività e welfare riempie da anni i dibattiti politici nel nostro Paese.

“Infatti io credo che uno dei grandi limiti di un certo riformismo di stampo neoliberista sia stato considerare come contrapposte le politiche di investimento rivolte all’impresa e allo sviluppo e quelle tese al recupero di coesione territoriale e coesione sociale. Una contrapposizione che, tra l’altro, si è sempre conclusa a favore dei più forti. In questi anni il Sud è stato depredato di risorse da parte del Nord, parliamo di 61 miliardi all’anno. Mai al Mezzogiorno è stato riconosciuto il 34,5% delle risorse per investimenti che gli era dovuto. Questo ha prodotto squilibri pesantissimi, di cui neanche il Nord è riuscito a beneficiare. Un tragico errore di fondo che noi siamo chiamati a recuperare una volta per tutte: le risorse non devono essere più sottratte ai più deboli, il costo sociale ed economico di tutto questo è enorme. Dobbiamo mettere in condizione i più deboli di vivere finalmente una transizione produttiva che porti ad un recupero dal punto di vista economico a vantaggio di tutti”. 

E’ su questa contrapposizione, tra le altre cose, che determinati partiti politici, anche in maggioranza, stanno impostando la loro azione.

“Se posso comprendere che la destra abbia a cuore la tutela dei più ricchi, non capisco francamente come lo si possa pensare a sinistra. Una sinistra moderna, aperta e innovativa quanto si vuole, deve comunque avere a cuore chi sta indietro. La contrapposizione tra politiche produttive e politiche sociali, se viene dal nostro campo, è incomprensibile, non regge da nessun punto di vista”. 

Da questo punto di vista come giudica la strada intrapresa dal governo?

“Dovremo affrontare altri nodi strutturali. Uno di questi è che tipo di sostegno e di misure possiamo mettere in campo per il reddito universale nel nostro Paese. A questo proposito penso che, con pochissima propensione ideologica e molto pragmatismo, dovremmo anche mettere mano ad una riforma del reddito di cittadinanza. Partendo però dalla consapevolezza che in alcune aree del Paese è indispensabile, anche per favorire la transizione produttiva, avere delle misure in grado di aiutare una parte delle famiglie, delle persone e dei lavoratori per affrontare le grandi difficoltà che stanno vivendo. Dobbiamo ambire a costruire una società più giusta, che sia capace di produrre più ricchezza in maniera più giusta”.
 
Quali sono secondo lei le grandi parole d’ordine attorno alla quali costruire la ricetta nel medio e lungo periodo?

“Il primo paletto è quello della transizione ecologica. E’ chiaro che non deve più accadere che il lavoro mortifichi la salute e l’ambiente. Rendere sostenibile produzione e occupazione è il primo compito che abbiamo. Il secondo tema è quello dell’innovazione digitale, da applicare alla produzione, alla pubblica amministrazione, alla ricerca, alla formazione, alla scuola. Il terzo paletto è quello di avere una politica economica che riconosca le differenze nella società e che sia capace così di utilizzare strumenti selettivi in grado di determinare coesione territoriale e sociale”. 

Tutto questo, secondo lei, sarà in grado di convincere i cittadini e di vincere le pulsioni populiste presenti nella nostra società?

“Il populismo non è solo un metodo politico, è anche un atteggiamento mentale, conservatore, reazionario. Però dobbiamo fare chiarezza anche da questo punto di vista. Io penso che nessuna politica riformatrice e progressista possa essere forte e convincente, se non conosce i bisogni delle persone più deboli. Pensare di poterli rappresentare a chiacchiere da parte di chi si professa riformista, è in realtà un gran favore che si fa al populismo. Il problemi reali vanno vissuti, conosciuti e affrontati. Se non vogliamo che vinca il populismo dobbiamo evitare di consegnare intere categorie di cittadini in mano ai populisti. Il governo da questo punto di vista sta facendo bene e non è un caso che abbia alti indici di gradimento. Ora si tratta di continuare su questa strada, affrontando le situazioni di crisi attraverso politiche espansive, equilibrate e serie, ma che diano risposte concrete ai cittadini. Bisogna scommettere sulla fiducia, ma per fare questo è necessario che le persone non si sentano abbandonate.

A chi usa il “riformismo” come un mantra potrei consigliare tante raffinate analisi sulla questione meridionale e settentrionale, e altrettante sul rapporto tra crescita e protezione sociale. Essendo però napoletano consiglio di leggere una bella poesia di Raffaele Viviani, o’ mpuosto. In particolare in un passaggio dice “a delinquenza e n’ommo si sviluppa quando n’at’ommo nunn’o rispetta ‘a zuppa”. Che vuol dire che se non si può mangiare, si sviluppano gli istinti peggiori. E il populismo è pronto a cavalcarli”.