La sfida (possibile) di Maurizio Mangialardi per le Marche

È un’estate diversa quella di Maurizio Mangialardi, 55 anni, sindaco di Senigallia e presidente dell’Anci marchigiana. È lui il candidato che il Pd ha scelto di schierare per la sfida come governatore della Regione Marche il prossimo 20 e 21 settembre. In giro sulle spiagge, da San Benedetto a Gabicce, per incontrare cittadini e imprenditori, senza trascurare aziende e centri produttivi, associazioni locali e villeggianti sui lungomare, perché è così che ci si mette in gioco davvero. Nonostante la campagna elettorale sia insolita e rovente (per le temperature), Mangialardi assicura: “È faticoso ma io sono un uomo di mare e non mi preoccupo. Chissà se i mie sfidanti hanno il fisico giusto!”.

Nelle Marche c’è un tradizione di centrosinistra ormai decennale, i sondaggi, anche se lasciano il tempo che trovano, raccontano di una sfida elettorale difficile. Come si è arrivati fin qui?

Ci sono tante elementi che ci hanno portato a questa situazione. Primo fra tutti il vento di destra che soffia nel Paese e che, inevitabilmente, condiziona anche le elezioni locali. Ma poi ci sono molte vicende che hanno inciso veramente tanto sul buon governo della giunta precedente, lasciando strascichi sul tessuto economico e sociale della regione. Sono stati anni difficili per una serie di concause: a partire dal fallimento dell’unico istituto di credito marchigiano, per passare da tre terremoti che hanno lasciato distruzione e danni, per finire con una pandemia mondiale. Una persona normale avrebbe issato bandiera bianca, invece noi abbiamo provato a resistere. Ma, quando la situazione è difficile, si preferisce trovare un capro espiatorio. E in questo caso è una lettura della realtà limitata e ingiusta.

Oltre a resistere bisogna ripartire di slancio…

Lo abbiamo fatto sopratutto scegliendo una candidatura nuova. Per la mia esperienza come Presidente dell’Anci marchigiana conosco il territorio e come sindaco so dare risposte concrete. Non è un caso che sia stato indicato prima dai civici che dai partiti come candidato Presidente. E poi ho accanto a me una squadra giovane e rinnovata. Con un pizzico di presunzione mi sento di dire con certezza che dal punto di vista della competenza e della conoscenza non ci sono paragoni. Altri preferiscono mettere la faccia dei leader nazionali sui manifesti invece che la propria, ci sarà un motivo.

A proposito del suo principale sfidante. Se fosse eletto, Francesco Acquaroli, con il suo profilo piuttosto estremo, segnerebbe davvero un momento di rottura radicale con la tradizione politica della Regione. Cosa ne pensa?

Quello che mi preoccupa è proprio questo. Non possiamo mettere in discussione il buon governo di questi anni senza pensare alle conseguenze, è una questione di responsabilità politica. Per questo mi rammarica che il Movimento 5 Stelle non abbia voluto trovare una quadra per una candidatura unitaria, sulla scia dell’esperienza di governo nazionale. Abbiamo dato la massima disponibilità sul nome del candidato, che infatti è stato cambiato, abbiamo aperto ad una condivisione del programma ma non c’è stato niente da fare. Eppure le premesse c’erano tutte…

Nonostante l’occasione mancata, lei è ottimista?

Io non sono qui per perdere. Ci sono le condizioni per cambiare le cose. A febbraio queste condizione sembravano non esserci, tanto che ci davano sotto di 20 punti. Oggi non è più così e, quando vado in giro per la mia Regione, queste belle sensazione le vedo e le sento tutte.