Dopo la lunga e difficile fase dell’emergenza sanitaria, sempre a rischio di riprendere spinta come vediamo dai dati di questi giorni, oggi sulle nostre economie gravano gli effetti pesantissimi della pandemia. In questo scenario, è fondamentale agire in maniera coordinata in Europa per programmare una ripresa organica, aiutando i settori più in difficoltà.
Per questo, la notizia che la Commissione europea con lo strumento SURE, la “cassa integrazione europea”, arriva a proporre uno stanziamento per il nostro Paese di 27,4 miliardi di euro, rappresenta un segnale incoraggiante per l’Italia, uno degli Stati membri che più aveva bisogno di maggiore solidarietà europea.
SURE, il Supporto Temporaneo per Mitigare il Rischio di Disoccupazione in Emergenza, nasce come uno strumento finanziario di natura temporanea per proteggere l’occupazione in UE, utilizzabile in tempi rapidi e in aggiunta ai programmi già varati a livello nazionale, rinforzando le azioni intraprese dai singoli Paesi. È stato uno dei primi strumenti comunitari a essere messi in campo in risposta alla pandemia. Da subito è stato chiaro che ci trovavamo di fronte a una scelta storica: la sua introduzione è importante non solo in risposta alla crisi da coronavirus, ma ha anche un enorme significato politico per il futuro dell’Europa, dato che per la prima volta è stato varato uno strumento finanziario a tutela dell’occupazione nei 27 Paesi.
In effetti, il coronavirus, pur nella drammaticità dell’emergenza, ci ha dato l’opportunità di ripensare la solidarietà europea. Le novità che abbiamo introdotto, iniziate con SURE e culminate con il Recovery Fund, che prevede obbligazioni garantite dal bilancio UE, sono destinate a cambiare radicalmente il modo in cui pensiamo all’intervento europeo, basti pensare ad esempio che anche grazie a SURE diventa più facile pensare di introdurre un sussidio europeo contro la disoccupazione, come chiediamo da tempo come Partito Democratico.
In un momento critico per l’UE, le misure prese hanno gettato le basi per un rilancio della coesione e della dimensione sociale dell’Unione. I 27,4 miliardi stanziati per l’Italia sono una cifra considerevole, e rappresentano l’importo maggiore fra quelli assegnati ai diversi Stati membri. Si tratta di una cifra che permetterà di aiutare in maniera rilevante le realtà più in difficoltà, sostenendo misure che vanno dalla cassa integrazione per tutti i lavoratori dipendenti alle indennità per i lavoratori autonomi di vario tipo, i collaboratori sportivi, i lavoratori domestici e quelli intermittenti, dal fondo perduto per autonomi e imprese individuali al congedo parentale, dal voucher baby sitter alle misure per i disabili e quelle per i tirocinanti e gli apprendisti, solo parzialmente tutelati dalle misure nazionali di aiuto finora varate. Si prevede, inoltre, un risparmio per le casse dello Stato di oltre 5 miliardi e mezzo di euro nell’arco dei 15 anni di maturità dei titoli.
È chiaro, però, che la partita non si chiude qui. Le negoziazioni per il Fondo per la Ripresa hanno mostrato chiaramente che ora è tempo di riformare l’Europa, introducendo forme di welfare UE sempre più strutturate e onnicomprensive, finanziate attraverso un sistema di risorse proprie e una fiscalità europea che metta l’Unione in condizione di agire in autonomia, senza essere schiava di particolarismi nazionali. Superare il modello intergovernativo, infatti, è sempre più fondamentale se si vuole davvero dotare l’UE degli strumenti adatti a porsi come un soggetto politico sovranazionale autonomo. Con SURE e con la creazione di debito comune europeo prevista dal Recovery Fund abbiamo fatto un enorme passo avanti, che devo diventare permanente e non temporaneo.
Dobbiamo continuare a cambiare l’Europa per renderla adeguata e pronta alle sfide sempre più complesse che il mondo ci ha posto e continuerà a porci.