L’occupazione leghista della Sanità umbra

Lo ha scritto bene Carmelo Lopapa su La Repubblica qualche mese fa: “Il triumvirato di Matteo Salvini si è impossessato del fortino più ricco, la sanità umbra, il suo assessorato, i 2 miliardi di soldi pubblici da gestire tra ospedali e Asl che assorbono il 79% del bilancio regionale”.

L’operazione di occupazione “leghista”, è stata costruita, a tutti gli effetti, seguendo un disegno tanto lucido e premeditato, quanto sfrontato, attraverso uomini di fiducia del “Capitano” che, dal Nord, sono stati collocati ai vertici delle istituzioni umbre. Parliamo dell’ex-componente della Giunta Regionale del Veneto, il geometra veronese Luca Coletto, che guida attualmente l’Assessorato alla Sanità dell’Umbria coadiuvato dalla sua storica assistente Mara Tessario, padovana, ex moglie del Sindaco di Verona Flavio Tosi.

Ma non solo, viene nominato Direttore Regionale alla Sanità e al Welfare, Claudio Dario, altro veneto, che torna al fianco di Coletto, questa volta in Umbria, con lo stesso incarico già ricoperto in Regione Veneto. La lista degli amici di Salvini, trapiantati nel Cuore Verde d’Italia, potrebbe allungarsi, basta scorrere la lista dei consulenti assoldati dalla Giunta Tesei. Ma quello che più preoccupa non è tanto il come, ma il perché, la Lega ha praticato un’occupazione militare della sanità umbra: la risposta sta a pagina 22 del programma elettorale della Presidente leghista Donatella Tesei.

“Sarà strategico potenziare il tasso di coinvolgimento del privato che in Umbria è pari a meno di un terzo di quello della Lombardia”, si legge nel programma elettorale e nelle linee guida approvate dalla maggioranza, a trazione Legista, già nella seconda seduta dell’Assemblea Legislativa. E quello che appariva, ai più benevoli, una vaga dichiarazione d’intenti, si è trasformata, notte tempo, come la vera ossessione di questa amministrazione regionale. A complicare i loro piani ci si è messo il Covid-19 e la drammatica emergenza sanitaria che ne è seguita, che non gli ha permesso di procedere così speditamente come desideravano, verso quel “Sol dell’Avvenire” chiamato modello lombardo.

Poi sono venute le prime indagini della magistratura, che hanno riguardato, guarda caso, l’acquisto di test sierologici di dubbia efficacia da sostenitori elettorali e un fantomatico progetto di ospedale da campo, balzati entrambi alle cronache nazionali grazie alla trasmissione Report. Recentemente, pur di legittimare il loro vero obiettivo, ovvero ingessare e depotenziare la sanità pubblica a vantaggio di quella privata, sono stati annunciati oltre 10 milioni di deficit di bilancio relativi al 2019, per poi vedersi certificare dagli organismi competenti circa 200 mila euro di avanzo, segno di un sistema sanitario in equilibrio, non a caso riconosciuto per anni regione banchmark.

Ciò che appare più grave è che la Giunta Tesei, a distanza di mesi dal lockdown, non solo non ha predisposto nessun protocollo di gestione Covid e dei percorsi differenziati per i pazienti, ma non ha ancora riportato alla normalità il livello di prestazioni sanitarie, arrivando a bloccare anche l’attività di prenotazione delle prestazioni sanitarie. Sembra fantascienza, ma non lo è.
Siamo sommersi da segnalazioni di cittadini che hanno difficoltà a rapportarsi con la sanità regionale. Dalle prenotazioni esclusivamente digitalizzate che rischiano di tagliare fuori dai servizi le fasce più deboli e anziane, alle liste d’attesa che si allungano in maniera insostenibile anche per le semplici prestazioni routinarie, dalla mancata riattivazione degli esami di prevenzione e screening tumorali salva vita, mai ripresi, alla mancata ripresa delle attività del centro sterilità regionale, fino al rinvio sine die del progetto dedicato ai pre-post trapiantati.

Così come nel caso del depotenziamento della continuità assistenziale, fino alla chiusura dei punti di guardia medica sui diversi territori e al colpevole ritardo sull’adeguamento in materia di interruzione volontaria di gravidanza. I cittadini lamentano ritardi e disservizi che devono essere risolti. Nonostante le decine di interrogazioni e di mozioni promosse dal Gruppo PD in Regione, a cui per mesi non abbiamo ricevuto neppure un cortese riscontro, continueremo a chiedere che venga invertita la rotta mettendo in campo investimenti su personale e strutture, a salvaguardia di un sistema sanitario pubblico e universalistico.

Servono infine misure urgenti e adeguate a scongiurare il rischio di un nuovo picco di contagi, oltre che un piano che sappia affrontare con maggiore prontezza un’eventuale nuova emergenza, senza che ciò condizioni l’erogazione di tutte le altre prestazioni medico-sanitarie. Sappiamo bene che ciò non avverrà, e, proprio per questo, continueremo, ogni giorno, a lavorare con impegno, in quella che ormai è divenuta una vera e propria battaglia in difesa della sanità pubblica, che passa necessariamente da una liberazione dell’Umbria dall’occupazione leghista.

Tommaso Bori è capogruppo Pd in Regione Umbria