“Sulla riapertura delle scuole diamo fiducia ai nostri ragazzi e introduciamo il medico scolastico in chiave 2020”. Parla Beatrice Lorenzin

“La riapertura delle scuole è una priorità, ma deve avvenire con un maggiore coinvolgimento degli studenti, rendendoli più responsabili, non soltanto quando sono in classe. Ma soprattutto va reintrodotta la medicina scolastica. Solo così potremo garantire la sicurezza sanitaria dei nostri ragazzi”. È questa la ricetta dell’ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin, in merito alla riapertura delle scuole, tema caldo di questo inizio settembre. Con la responsabile del Forum salute del Pd, che abbiamo intervistato durante la Festa nazionale dell’unità, abbiamo parlato di competizione internazionale sui vaccini, di terapia basata sugli anticorpi monoclonali, di quale strada dovrà prendere il nostro sistema sanitario e dell’importanza di accedere alle risorse del Mes, una grandissima opportunità, ha ribadito ancora una volta, che renderebbe sostenibile e universalistico il nostro sistema sanitario pubblico.

Onorevole, partiamo da un sondaggio: Ilvo Diamanti su Repubblica ha parlato di un cambiamento demografico nella percezione del virus. Se prima la categoria più terrorizzata erano gli anziani, ora i più preoccupati sono i giovani e gli studenti. Questo cambiamento secondo lei quanto può influire sul comportamento degli adolescenti?

Spero ci sia davvero un cambio di percezione da parte dei giovani. Non dobbiamo certo augurarci che siano spaventati, perché il panico non è mai un buon viatico. Ma una giusta dose di allerta potrebbe portare ad una maggiore consapevolezza e responsabilità. Nei prossimi giorni dovremmo lavorare sulla comunicazione legata al mondo giovanile, responsabilizzando gli adolescenti, che hanno tutte le capacità cognitive ed emotive per comprendere la necessità di un cambio di passo, coinvolgendoli pienamente nella lotta al covid. Scommettiamo su di loro e diamoli fiducia facendoli diventare protagonisti maturi di questa nuova fase. Quello che ha pesato in questi mesi è stata una comunicazione sbagliata sui social, la negazione della malattia, o il fatto che si dicesse che la malattia non ci fosse più, piuttosto che consigliare di non usare le mascherine e che i giovani non si sarebbero mai ammalati. In realtà i giovani si ammalano, meno gravemente, ma si ammalano. E soprattutto diventano un vettore per i genitori e i loro nonni.

Nel suo sondaggio Diamanti ha quantificato anche la percentuale di negazionisti, che sembrano rappresentare il 5 percento degli italiani…

Il problema in questo caso non è quanti sono, ma il caos che producono. Fanno parte dei fenomeni minoritari antiscientifici, che ogni volta sposano un elemento diverso: una volta non vogliono gli antibiotici, poi i vaccini. Ma il forte rumore che fanno sui social network è sempre lo stesso. E soprattutto creano molti dubbi nelle persone che non sono negazioniste e che magari non hanno gli elementi per approfondire il tema.

Sulla riapertura delle scuole si stanno mettendo a punto una serie misure e protocolli. Saranno sufficienti a garantire la sicurezza?

I decaloghi servono, come servono le linee guida. Ma è evidente che non possiamo mettere un poliziotto in ogni classe. Per questo è fondamentale un coinvolgimento attivo dei ragazzi, non soltanto quando sono nelle aule. Devono essere responsabili anche fuori, quando sono nei corridoi o prima di entrare nelle classi. Reintroduciamo in Chiave 2020 il medico scolastico o la medicina scolastica, sarebbe una figura Chiave nel sistema del territorio per gestire l’autunno complicato che ci attende. Una figura del genere ci aiuterebbe moltissimo in questa fase, ma servirà anche a gestire l’igiene pubblica, la prevenzione e la salute dei ragazzi nella scuola quando terminerà la crisi. Se oggi un nostro figlio si ammala l’insegnante non può dargli nemmeno una tachipirina; se c’è un bambino che ha bisogno di un farmaco nessuno glielo può somministrare, una volta la medicina scolastica faceva questo così come era attiva nei programmi di prevenzione. Lavorare con i pediatri e i dipartimenti per riattualizzare questo servizio dovrebbe essere un obiettivo.

Parliamo di vaccino. C’è una competizione internazionale davvero forte, non teme che possa diventare pericolosa, magari facendo saltare alcuni protocolli pur di arrivare prima?

La competizione non deve essere legata a chi arriva prima, ma a fare le cose nella maniera più corretta. Io credo sia una opportunità che ci siano più sperimentazioni basate su brevetti differenti, è il segno del grande investimento globale e dell’attesa in un vaccino che ci faccia tornare a vivere nella normalità. Le diverse sperimentazioni ci danno più speranze che si scopra un vaccino il più efficace possibile. Poi ricordiamo che si dovrà vaccinare una popolazione di miliardi di persone, quindi più vaccini avremo a disposizione nei vari continenti, più velocemente eradicheremo il virus. Per quanto riguarda il nostro Paese abbiamo più di un vaccino allo stato sperimentale, oltre a quello europeo. Ma sinceramente confido anche nei due protocolli di terapia sugli anticorpi monoclonali che si stanno facendo, uno targato Tor Vergata-Spallanzani-Harvard, l’atro Life Scienze Toscana-Spallanzani. Si tratta di un’altra strada molto positiva da percorrere, perché questo vorrebbe dire addirittura avere la terapia per curare la malattia alla fine di settembre.

Che strada dovrebbe prendere la sanità pubblica? C’è bisogno sicuramente di molte risorse e tante idee, anche per rafforzare e potenziare l’anello più debole del servizio, ovvero quello legato al territorio.

In questo periodo sono stati spesi oltre 8 Miliardi per la gestione dell’emergenza sanitaria, tra erogazione delle prestazioni, in primis il raddoppio dei posti di terapia intensiva in tutta Italia, per i coprire i costi dei turni di lavoro straordinario del personale, tamponi, mascherine, e molto altro. Ma è chiaro che adesso abbiamo fortemente bisogno di interventi strutturali che vadano a costruire un sistema nuovo.

Pensa al Mes?

Esatto. Quei 36 miliardi sono fondamentali per rendere sostenibile il nostro sistema sanitario. Per rafforzarlo, oltre a metterlo in sicurezza e affrontare il caldo autunno che ci troviamo di fronte. Prendere subito quei soldi, non fra 7-8 mesi, significa essere semplicemente pragmatici e agire con buon senso. Sulla sanità ci giochiamo la partita economica del nostro Paese e chi ancora non ha capito questo non ha capito nulla. Perché la sanità vuol dire vita delle persone, ma allo stesso tempo vuol dire anche generare economia. Basti pensare a quanto stiamo spendendo in questa emergenza, in cassaintegrazione o in costi sociali. Il Pd si sta spendendo molto in questo e spero che gli alleati di governo comprendano che questa è la strada giusta da percorre.

Come devono essere spese a suo giudizio quelle risorse, quali sono le priorità?

Innanzitutto non devono essere spese con una distribuzione a pioggia e con una metà logica di riparto. A noi serve un progetto sanitario a livello nazionale per raggiungere degli obiettivi chiari: in primis un rafforzamento del territorio, investendo sui dipartimenti di prevenzione, quelli che una volta erano la punta di diamante del sistema sanitario nazionale. Quelli che purtroppo sono stati via via depauperati. Mi preme sottolineare che l’igiene pubblica è la base della salute di un paese. Per questo serve una riforma globale per rimettere in campo il sistema del territorio, la prevenzione, le case della salute, l’assistenza domiciliare, un nuovo modello di welfare integrato sugli anziani, perché l’unico modo per rendere più sostenibile un sistema è che la gente non si ammali o che lo faccia il più tardi possibile. E abbiamo bisogno di capire che tutto questo ci ritorna in termini di qualità della nostra vita, ma ci ritorna anche economicamente, perché è chiaro che tutto questo muove economie nuove.

Il secondo tema di investimento lo farei sulla ricerca. Per ogni dollaro investito in ricerca ne ritornano ben 146, il vero petrolio per l’Italia. Tutto il nostro know how è un sistema attorno al quale possiamo costruire posti di lavoro, occasioni e opportunità anche per i giovani. Io immagino una grande infrastruttura scientifica, un unico grande distretto che metta insieme le nostre università, i nostri centri di ricerca, gli ospedali, le reti e i nostri distretti industriali. Il nostro Paese è già oggi il primo hub europeo in questo settore e potremmo diventare ancora più forti. Dobbiamo essere attrattivi per risorse umane e per investimenti.

La terza cosa e reintrodurre la medicina scolastica, che come ho già accennato prima risolverebbe anche tutto il dibattito che abbiamo in queste ore sulla riapertura delle scuole. Finita la crisi avremmo oltretutto una gestione ottimale dell’igiene pubblica nella scuola. Sarebbe dunque un grande investimento che ci aiuterebbe anche dopo la crisi sanitaria che stiamo vivendo.

Insomma, abbiamo bisogno di una vision per capire che stiamo parlando anche di un investimento fondamentale sotto più punti di vista, che renderebbe finalmente il sistema sanitario pubblico universalistico e sostenibile.