Combattere per un’altra Italia significa combattere per fermare la destra

Ieri mattina nel campo sportivo di Paliano insieme a centinaia di ragazze e ragazzi con le lacrime negli occhi ho partecipato al funerale di Willy Monteiro.

Un ragazzo straordinario ucciso, massacrato a freddo da un branco di uomini senza pietà mentre stava tornando a casa dopo una giornata di studio e di lavoro. 

Il suo omicidio violento, brutale potrei dire unito in queste ore alle violenze contro altre donne al Circeo o allo stupro di quattro ragazze nel retro di una villa all’omicidio di una ragazza ad Acerra ci riguardano. Riguardano il paese e la società in cui viviamo.

L’Italia è un Paese sempre in bilico sospeso tra altruismo ed egoismo, violenza e solidarietà.

La contrapposizione cieca della forza sgraziata, volgare inumana e violenta e culturalmente fascista di energumeni e la semplicità, la vitalità innocente e coraggiosa di un bravo adolescente o di una ragazza.

Noi dobbiamo saperlo ed essere coscienti di avere un compito altrimenti  la politica diventa solo calcolo e furbizia: siamo immersi in questi due mondi emotivi, le due visioni della vita, che nella tragedia si scontrano.

Questo scontro è sempre presente e ripeto ci riguarda.

 E se ho una convinzione è che la politica non si deve mai ridurre a soli programmi, alleanze, schemi politicisti ma deve nutrirsi di valori e scelte di campo vivere tra le persone.

Noi combatteremo. Noi saremo sempre per dare forza a chi non ce l’ha. Per la ricchezza interiore degli indifesi e contro chi li offende per annientarli.

Lo siamo e saremo nella società, nella politica, nelle strade, nei quartieri schierati in questa democrazia nel ruolo che sempre è stato nostro di difesa della vita umana, della sua ricchezza e del suo desiderio di esprimersi.

Per questo non crediamo ai partiti di carta, di proprietà del leader, siamo il partito di persone dalla parte delle persone. Attore vivo nella democrazia.

Anche per questo motivo grazie, ovviamente grazie a tutti i volontari donne e uomini di questa festa e di tutte le feste di queste settimane, grazie chi per la campagna elettorale si sta battendo in ogni angolo del Paese.

Grazie perché la democrazia è tale se le persone si organizzano. Se i valori vivono nella quotidianità in quell’eterno conflitto della società e noi esistiamo per essere parte di quel conflitto in una democrazia partecipata.

Guai a lasciare il terreno agli altri.

Dobbiamo essere orgogliosi: ricordando tutti due anni fa quando a volte dei candidati per un Comune o altro erano scettici se addirittura accostare il proprio nome al nostro simbolo

Oggi in questa Italia pazza di parolai e voltagabbana, nei 1170 comuni e nelle Regioni al voto dalla val d’Aosta alla Sicilia c’è solo un partito che ovunque con le sue liste con alleanze e candidati competitivi, rappresenta ovunque una certezza, l’unica garanzia di buon governo e l’argine all’avanzata delle destre; questo partito siamo noi, il partito democratico.

Con questo spirito di presidio e di battaglia siamo stati in questi mesi. Mesi che hanno cambiato la storia.

Non accade con frequenza, ma quando accade la prova non è solo reggere l’urto degli eventi, anche i più drammatici come è stato con la pandemia.

La prova più difficile è cambiare il modo di pensare. È adeguare le categorie di ieri a un mondo che non sarà più lo stesso. Tre miliardi di persone hanno vissuto settimane o mesi di clausura. Non era mai avvenuto nella storia dell’umanità, nemmeno al tempo della peste nera del XIV secolo.

Un miliardo e mezzo di bambini e ragazzi per settimane o mesi non ha più frequentato aule e biblioteche. Per tanti di loro la didattica a distanza era solo un sogno: in casa non avevano e non hanno né un computer né un tablet.

Perché questo virus terribile ha colpito in ogni continente e non ha distinto tra i più poveri e i miliardari. Ma sbaglia chi pensa che la pandemia abbia rimosso le diseguaglianze. No.

La pandemia non è stata la “livella” che ha messo tutti sullo stesso piano.

Casomai le disuguaglianze le ha aumentate e se non vigileremo e apriremo una stagione di sviluppo ora le aumenterà ancora creando nuove solitudini.

E noi abbiamo la responsabilità di dirlo e di combattere per evitare che nuove discriminazioni colpiscano donne, uomini, bambini già prima costretti al fondo della fila. Donne, uomini, bambini già prima costretti a sopravvivere con meno libertà, meno diritti, meno speranza nel domani.

Questa verità non dobbiamo dimenticarla mai. Perché le case non sono tutte uguali. Perché le cure non sono uguali per tutti.

Sulla ricerca del vaccino si è aperto uno scontro globale. È una corsa che evoca competizioni del passato. La Russia ha battezzato la sua ricerca operazione “Sputnik” nel segno della gara con gli americani su chi per primo avrebbe conquistato lo spazio. Ma era mezzo secolo fa. Da Washington gli ha fatto eco Donald Trump annunciando che il loro vaccino sarà pronto per le elezioni di novembre.

In Europa la gara è aperta e grazie a noi, il Governo, la mia Regione,  l’Italia è presente con un progetto pubblico, e di vaccino bene comune. A servizio esclusivo di tutti.

Tutto questo ci dice quale scontro di interessi e di poteri si nasconda dietro la necessità di far uscire il mondo dall’incubo nel quale è precipitato.

Ha ragione Papa Francesco quando ammonisce a rifiutare ogni speculazione su questo. E ha ragione perché il diritto alla salute, alla prevenzione, alla cura, diverrà – ed è già oggi – la più grande discriminante sulla frontiera dei diritti umani e del loro rispetto.

Quanta miopia nel vedere alcuni tra i più potenti della terra piegare la pandemia – 900mila morti – a una logica dell’interesse per sé.

Quanta follia nel pensare che il nazionalismo – il male peggiore del vecchio secolo – possa riaffacciarsi, questa volta nell’idea assurda che la tutela di sé – America first, o “prima gli italiani” o i fili spinati dell’Ungheria di  Orban – possa difendere un pezzo di mondo mentre altri affogano!

La pandemia ha travolto questo castello di ipocrisie. E la destra coi suoi leader ai quattro angoli del pianeta oggi è senza una voce, senza una strategia.

Senza una visione del mondo per come risulterà quando questa pagina buia sarà finalmente alle nostre spalle.

E allora eccolo un terreno dove la nuova Europa deve rinascere. Ecco la forza potente del nostro impegno per ricollocare l’Italia a capo della nuova Europa.

Abbiamo preso l’Italia con il Governo più antieuropeista della storia del dopoguerra e collocata a capo di un processo della rifondazione europea, di una missione, unica possibilità per la politica di guidare condizionare gli eventi.

L’Europa, il il luogo dove può affermarsi quella civiltà costruita su una visione solidale, umanistica, illuminata del valore di ogni essere umano e della sua dignità.

Se diciamo che stiamo camminando dentro un capitolo della storia e che non torneremo quelli di prima, allora stiamo caricando su noi una responsabilità simile a quella toccata in sorte ad altre generazioni in altri momenti.

A quanti rifondarono l’Europa dopo la sua distruzione e la Shoa. A quanti hanno saputo ricomporre l’Europa dopo il crollo del Muro e la Guerra Fredda. Oggi c’è un’altra pagina da scrivere. Non siamo ancora soddisfatti.

Un’altra ricostruzione da compiere. Una ricostruzione per una unità politica. Più coraggio nell’intervenire insieme nella crisi del mondo

In questa ricostruzione che sarà politica, economica,sociale, morale, conteranno le istituzioni. Conteranno le risorse enormi che per la prima volta avremo a disposizione. E conteranno i partiti, le culture politiche, i sindacati, le forze del lavoro e dell’impresa. Le persone associate e quindi più forti.

Conterà la cultura in tutte le sue espressioni. E conterà un’etica pubblica e civile che rimetta il cuore e la cura sul valore della Persona in ogni istante e stagione della vita.

Solo così non una singola parte, ma questo continente ritroverà il coraggio per indignarsi di fronte alle immagini di Lesbo e di esseri umani costretti a fuggire da condizioni e trattamenti disumani. Solo così l’Europa ritroverà voce e ruolo nel cuore di quel Mediterraneo che era e rimane il Mare Nostro.

Lo sappiamo: stanno cambiando equilibri che parevano solidi e si sono rivelati fragili.Da anni ci misuriamo con l’angoscia e le ricadute di Stati tecnicamente falliti e dove una condizione di disordine alimenta mire e ambizioni di potenze regionali pronte a occupare quegli spazi. Libia, Siria, Iraq: l’elenco è noto.

Ma sappiamo anche che solamente l’iniziativa dell’Europa può restituire anche a noi la funzione che la storia ci consegna.

L’Europa che verrà non sarà più la potenza militare egemone sul piano globale potrà divenire – questo sì – una potenza politica e culturale, una potenza strategica negli equilibri di un mondo scosso da nuove ambizioni egemoniche. Che si tratti della Turchia nel Mediterraneo o della Russia nello scacchiere del Medio-Oriente.

E allora vedete, a chi mi chiede quale sia il beneficio più grande che questo  anno di governo ha prodotto, io rispondo che, al di là dei 100 miliardi stanziati contro il Covid, nel nome della solidarietà , il beneficio più grande è stato avere ancorato il futuro dell’Italia al destino dell’Europa, e aver avviato un suo cambiamento.

Questo abbiamo fatto dopo la sciagura dei sovranisti e i teorici della “democrazia illiberale”. Perché quella sì, sarebbe stata la condanna peggiore, la più ingiusta, non solo verso ciascuno di voi, ma per i nostri figli e nipoti. Per le generazioni che ancora non ci sono e verso le quali noi abbiamo un obbligo morale.

Lasciare a loro un paese fedele ai valori di libertà, democrazia  e civiltà che abbiamo ereditato da quelli che c’erano prima di noi. Questo è il dovere che sento.

E se oggi – da qui, da questo appuntamento atteso e che si rinnova nel tempo – se oggi lo ricordo a me stesso e a voi è anche per una ragione.

Perché a contare non è solo chi, per mandato e consenso parla da questa tribuna. A contare è che quel principio, quella coerenza, non vengano mai meno.

Lo sapete, dicono di me che tendo a sopire le polemiche, o comunque a non infiammarle. È vero. Credo nella forza delle idee e non del chiasso delle voci scomposte. Penso che la politica abbia bisogno di atti, di processi di dialogo, di  ragione e sentimento e non di inutili scintille.

La politica è buona se muta i rapporti di forza a favore delle idee e dei valori ai quali si crede. Non si misura sul tasso di insulti che conquistano il titolo di un giornale tra gli applausi dei tifosi, ma non cambiano nulla della condizione umana.


La testimonianza è nobile ma se non cambia tale rimane. La politica utile alle persone è quella pratica che porta a combattere in mezzo alla realtà, per spingere passo dopo passo nella direzione corretta.

Per questo stiamo tornando protagonisti ovunque.

Questo significa essere riformisti. In Italia siamo pieni di sedicenti riformisti che non cambiano mai niente. In realtà è  massimalismo che predica la sua verità senza sfiorare, cambiare la storia. Inerte nel suo aristocratico isolamento ideologico. Nel nome del riformismo si son fondati partiti per giudicare e pontificare, gratificare i leader, ma difficilmente per cambiare qualcosa.

Nei giorni scorsi anche una personalità che io considero preziosa per la cultura e il civismo di questo paese ha rivolto a me e a questo nostro partito accuse severe, dure, per il linguaggio e il tono.

A Roberto Saviano io vorrei dire che ho letto quelle sue parole e umanamente ne sono rimasto colpito e ferito.

Ma sono anche cosciente che un uomo pubblico – un leader politico – deve sempre sostenere la critica. Anche la più aspra e offensiva. Una cosa però credo giusto dirla. Ed è che noi – io per primo – possiamo sbagliare. Altri prima di noi a volte hanno sbagliato. E altri ancora, dopo di noi, in mezzo a tante cose giuste potranno compiere degli errori.

Ma se una comunità resiste – si ritrova e si organizza, lotta e combatte come stiamo facendo comune per comune, e piazza su piazza per non lasciare città o regioni alla destra peggiore – ecco, se questo lo ricominciamo a fare  è perché sulla sostanza della nostra storia noi non abbiamo mai ceduto.

Se combattiamo come sempre casa per casa è perché noi in questo paese siamo e restiamo un presidio di democrazia, di legalità, di orgoglio e passione civile.

Di volontà di riscatto per chi è rimasto più indietro. E non per colpa sua. Ma solo perché non ha avuto la fortuna di nascere nella famiglia o nel quartiere giusto.

Anche per questo io non ho mai chiesto e non chiedo oggi più rispetto per me. Io però rivendico la mia e nostra lealtà a una comunità che sta assieme nel segno del rispetto profondo tra noi.

E a quanti ritengono di trovare qui il pericolo, l’avversario da battere, io dico  che l’avversario ancora una volta è altrove. È a destra.

Mentre senza questo simbolo, senza questo popolo, senza questo pezzo di società che lotta e reagisce, l’Italia, le sue città e regioni, non sarebbero più giuste, più libere, più belle. Sarebbe vero l’opposto. Per questo quelle critiche noi le ascoltiamo ma sappiate e sappiano fuori da qui che noi quella battagli continueremo.

A testa alta. Sentendo tutto il peso che porta su di sé la forza maggiore della sinistra di questo paese. Ma nella consapevolezza che di questa forza – di questo patrimonio di umanità – l’Italia oggi più che mai ha un disperato bisogno.

L’Italia e troppi nelle sue classi dirigenti non hanno ancora capito : non è in gioco un alleanza, ne il destino del Pd ma la tenuta della nazione per i prossimi anni.

La democrazia è logorata dalla sua difficoltà a includere, a dare prospettiva a chi vuole intraprendere si indebolisce di fronte a uno  Stato obsoleto e vecchio, lontano dalle persone.

Ci sono segnali di ripresa ma le persone hanno paura. Guardiamole negli occhi. Troveremo un mix di timore e voglia di combattere. L’imprenditore, l’artigiano, il precario, disoccupato, lo studente cerca una via può trovare la rabbia e l’odio, o trovare la speranza.

Eccolo il nostro ruolo e funzione nazionale. A cosa serve il PD?  Quale è la sua identità? Il Pd è il partito che intende guidare la transizione ad un’altra Italia. E’ il partito che risolve i problemi in uno spirito riformatore e realistico. Noi non siamo populisti, non siamo gli elencatori dei problemi del  Paese, siamo il motore affinché i problemi si risolvano e le cose cambino in meglio.

Se a qualcuno fosse sfuggito ricordo al nostro Paese di fronte a problemi immensi erano state fatte due offerte; quella nazionalista e populista dei picconi, dell’odio del cavalcare la rabbia, della ricerca del caprio espiatorio dell’esaltazione sterile dei problemi.

E l’altra:  la nostra, più difficile della battaglia per un’altra Europa, del  riformismo per cambiare le cose giorno dopo giorno, della costruzione di un paese per i giovani, giusto, verde competitivo digitale.

Era più difficile.  Ma è tempo di dirlo con più orgoglio: le risposte delle destre nazionaliste hanno perso e si sono confermate inutili.

Se c’è una speranza è perché abbiamo vinto noi, quelli della nuova Europa e fatemelo dire sul virus quelli della scienza e del coraggio che dal primo istante di fronte alle follie e furbizie  negazioniste da subito hanno urlato ; se vogliamo tornare a vivere il Covid non si nega, si combatte.

Il nostro è il compito ora è più difficile arrivano centinaia di miliardi teniamo lontano dai Gattopardi. Il nostro compito non è quello di restaurare l’Italia, ma di ripensarla e ora abbiamo, grazie alle nostre battaglie, gli strumenti e le risorse per farlo davvero.

Altro che subalternità; subalterno lo è chi si è fermato nel teatro della politica a combattere le eterne guerre immobili popolate dagli stessi personaggi.

 Fin dal varo di questo governo sapevamo che il percorso era difficile e accidentato, non sarebbe stato semplice lavorare con Italia Viva e 5 stelle.

Eppure abbiamo combattuto, è cambiata la visione su l’Europa, si è incrinato la deriva antiscientifica sulla pandemia, si è condivisa una strategia economica che tenesse insieme sviluppo e diritti.

Nulla ci è stato regalato, tutto figlio di un corpo a corpo e ora va tutto bene? Rimangono vive differenze tra due forze diverse e distinte tra distanze culturali e di analisi.

E quindi su altro combatteremo, innanzitutto sulla sanità pubblica e i finanziamenti del Mes, che il Governo deve attivare. O ancora con grande determinazione sul tema della giustizia. Noi non cancelleremo mai il valore dell’ esistenza umana , della singola esistenza umana e dei suoi diritti tutelati da una cultura garantista.

La persona è sacra e dunque la necessaria sicurezza che si deve garantire ad ognuno in ogni caso anche nella decisiva e dura lotta alla corruzione che non deve mai ledere o offendere coloro che vengono perseguiti o indagati.  Su questo il Governo deve fare un passo in avanti.

E lo puo’ fare perché la nave è uscita dalle secche in cui il nazionalismo e il populismo l’avevano incagliata ed ora sta iniziando una nuova storia.

La politica, i rapporti nella politica sono cambiati, il Pd è centrale. Con l’Europa si apre una nuova stagione.

Il Partito Democratico è la forza al servizio di una missione chiara al Governo e nella società: e da questa Festa di popolo lanciamo un segale chiaro è giunto il tempo di aprire la stagione della Rinascita, un grande progetto per riedificare Paese.

Per creare buon lavoro costruendo un nuovo modello di sviluppo con le nostre imprese fondato sulla sostenibilità sociale e ambientale

Le risorse europee andranno utilizzate dentro una visione chiara, di progetti credibili, concreti e di valore strategico per rafforzare il tessuto produttivo e del lavoro, per sostenere le nostre imprese, la green economy, l’innovazione e la conoscenza, la ricerca e l’università, l’economia della cura, le infrastrutture di trasporto e digitali, quelle sociali e ambientali.

Investendo in tutte le forme possibili, sul capitale più prezioso che abbiamo: le persone il capitale umano. A cominciare dalla priorità assoluta della nostra Italia, la scuola il suo ruolo e la sua funzione democratica.

Affrontando il tema della giustizia e della pubblica amministrazione senza le quali sarà impossibile trasformare questi impegni in realtà.

La rinascita andrà vissuta con l’Italia gomito a gomito: in ogni città  ascoltando e rendendo protagonisti i Sindaci e amministratori. Incontrando le imprese, gli artigiani, la cultura, il mondo del lavoro, la scienza e il mondo della conoscenza gli studenti e le studentesse.

Vi propongo di organizzare presto una grande appuntamento nazionale, un agorà chiamando una nuova generazione di imprenditori, laureati, in economia, ingegneria e altre professioni e a loro chiediamo idee nuove per l’Italia che dobbiamo costruire, si confrontino con loro i nostri parlamentari i tecnici che scrivono le leggi. E se vogliamo cambiare, migliorare la burocrazia impegniamoci affinché entri nello Stato una nuova generazione stanca di aspettare in silenzio


Rendendo protagoniste le donne italiane.

Non per evitare come è ovvio nuove forme di discriminazione già in atto, ma perché a partire dal pensiero delle donne possiamo costruire un Italia migliore di quella in cui viviamo: per una democrazia paritaria, per un lavoro che emancipi tutti e non solo una parte del mondo quella maschile, per una sanità che si prenda cura, per una scuola libera dagli stereotipi e ovviamente in tutte le forme culturali, sociali economiche contro la violenza di genere affinché mai più un maschio osi picchiare offendere uccidere una donna, perché non solo la legge lo fermi ma la società lo isola e combatte.

Rendendo protagonista l’Italia che produce delle imprese le oltre 4 milioni e mezzo di partite iva che non abbiamo mai voluto ascoltare, ma anche a quella nuova classe creativa che popola le nostre città e che non abbiamo mai voluto ascoltare.

Dobbiamo farlo e lo faremo, ridando un senso all’impegno, alla passione e al sacrificio di chi vuole costruire e non solo picconare.

Sostituendo all’odio il diritto a sperare, e allo scetticismo e al disfattismo la certezza del risultato. Diventiamo il partito che costruisce fiducia dando fiducia all’Italia che vuole tornare a vivere. Lo faremo chiedendo un rigore assoluto al Governo che sentiamo il nostro Governo. Ma basta se, forse, vedremo domani, aspettiamo e troppe volte ritardi.

Se questa è la posta in gioco occorre un passo in avanti nella consapevolezza che siamo uniti non per occupare poltrone ma per realizzare un programma di rinascita e di giustizia.

Non abbiamo molto tempo. I giovani, una nuova generazione ci giudicherà per quello che faremo oggi. Le scelte che compiamo ora condizioneranno la vita di chi sta nascendo in questo momento. Per ora, nell’emergenza rischiamo di lasciargli solo debiti.

Tra 20 anni quei ragazzi quelle ragazze penseranno a noi e io non voglio che dicano di noi: ma che cosa avete fatto? Come avete potuto essere così meschini, poco lungimiranti ed egoisti.

No. Oggi, noi dobbiamo fare le scelte per far trovare a chi avrà 20 anni da oggi, un Italia nuova costruita ogni giorno della piena e buona occupazione, di un reddito procapite da lavoro migliore, di un pianeta e una Italia esempio planetario dell’unione tra la conservazione del capitello la più straordinaria rete di connessione del pianeta.

E sapete perché proprio noi Italiani e democratici italiani abbiamo più di altri il dovere di farlo?

Perché noi siamo gli eredi i discendenti di quegli uomini e quelle donne che hanno ricostruito l’Italia, nel sangue e con il sangue di diciottenni partigiani ci hanno permesso oggi di essere qui.

Loro, anche di fronte ai fucili,  non si sono girati dell’altra parte aspettando un futuro migliore, l’hanno costruito per noi anche al costo della vita.

Non cantavano Bella Ciao per ambire a fare carriera nella politica ma per andare a morire e a regalarci la libertà. Non saremmo persone degne di vivere se in ogni momento della nostra vita politica noi non tenessimo viva questa missione.

Anche per questo  fatemi dire a tutti, anche al gruppo dirigente, a tutti i militanti: in questi ultimi giorni combattiamo con tutta la passione possibile e uniti.

Troppe volte ancora tra noi prevalgono troppi atteggiamenti burocratici, egoismi e chiusure. Scontri di potere tra oligarchie che si autoconservano.

Abbiamo avuto un’agenda folle ma su questo sono pronto a fare autocritica e mi assumo tutte le mie responsabilità dei ritardi nell’innovazione del partito.

Ma dico innanzitutto io ora basta. Vada avanti chi merita e chi serve alla comunità, non chi è più fedele all’amico più potente.

E su questo dico ai militanti e simpatizzanti: dal 22 settembre non aspettate segnali, dateli, sfondate le porte dei circoli chiusi da troppo tempo, fondate una nuova base giovane e popolare del Pd che serve all’Italia, lo statuto lo permette fondate in tutta Italia i punti Pd liberi e nuovi per contare.

Serve alla democrazia italiana. Abbiamo davanti giornate di fuoco. In Direzione abbiamo avuto una bellissima discussione sul Referendum tra idee diverse. Finalmente nel rispetto reciproco. A maggioranza abbiamo scelto il Sì. Un Sì per combattere, per accompagnare le riforme su una proposta che è nel nostro DNA. Odio l’antipolitica, ma non accetto che se qualcuno sostiene con quegli argomenti una proposta debba essere io a fare il passo indietro. Lo abbiamo deciso ad agosto, abbiamo una legislatura, il referendum a mio giudizio sbagliato ha sovvertito i tempi. Ma la nostra battaglia può cambiare le cose migliorando l’Italia.

Sto girando tutta l’Italia. Non stiamo combattendo contro il centrodestra ma contro la destra estrema che non si vergogna più di candidare neofascisti nelle proprie liste, personaggi che celebrano l’anniversario della marcia su  Roma, Candidate presidenti che affermano che non si ritengono ne fascisti ne antifascisti ed è del tutto anacronistico parlarne.

La Toscana o le Marche democratiche non possono cadere nelle mani di questo ritorno al passato. Dico agli italiani: non sono mani sicure. E lo dico agli elettori delle forze dei nostri alleati.

Ma di fronte a sistemi elettorali a turno unico , cosa altro deve accadere ora per non far scattare la bellezza e il valore della parola Unità per vincere e fermare queste destre.

Noi combatteremo, fino alla fine: arrivo da Trani, Andria, Salerno, Padova, Venezia San Giorgio a Cremano. Tra poco partirò per Trento e poi Bolzano e poi Pistoia e fino a martedì prossimo non mi fermerò certo come non ho mai fatto nella mia vita.

Ma mobilitiamoci tutti, non buttando nessun voto. Contro le destre date fiducia al Pd e alle sue alleanze. Facciamolo convinti di una cosa che solo 200 giorni fa sembrava impossibile solo poter pensare.

La tragedia della pandemia, impone un nuovo sviluppo, abbiamo lottato e abbiamo dopo decenni di tagli, miliardi da investire.

Ora è possibile quello che era un sogno e deve diventare la nostra missione: poter dire a un ragazzo o a una ragazza lasceremo a te un’Italia e un’Europa migliore di quella che abbiamo trovato.

Combattiamo dunque, con tutta l’umiltà e con tutta la passione possibile. Cancelliamo dal nostro vocabolario la parola “io” ..nel nostro agire la bellezza del Noi. Combattiamo perché in gioco non c’è il nostro destino, il nostro futuro personale. Non dobbiamo combattere per questo, combattiamo perché la posta in gioco è il bene più prezioso: il futuro dell’Italia e dell’Europa.

Il futuro di ragazze e ragazzi che hanno il diritto di incontrare finalmente nella loro vita la bella politica.

Non promettiamo “la bella vita” ma esistiamo per garantirgli una “VITA BELLA”!!!