Manca un mese esatto all’invio della prossima manovra finanziaria alla Commissione europea. L’appuntamento, come ogni autunno, è per il 15 ottobre. A differenza degli altri anni, però, in questo caso il governo italiano, insieme alla finanziaria, dovrà presentare anche le schede di progetto per la spesa dei 209 miliardi previsti dal Recovery Fund. Il tutto per provare ad anticipare di qualche mese l’arrivo dei fondi europei.
L’obiettivo del governo, ha sottolineato oggi il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri in audizione a Montecitorio, è quello di “presentare alla Commissione le linee principali del piano nazionale di ripresa e resilienza, anche con i cluster progettuali e l’allocazione delle risorse, il 15 ottobre, unitamente al Documento programmatico di bilancio”. Da quel giorno in poi, ha sottolineato, inizierà una “importante fase di dialogo informale” con la Commissione, in modo da portarci avanti e accelerare ulteriormente la predisposizione del piano finale e fare in modo che i tempi di approvazione da parte della Commissione saranno più rapidi possibile”, ricordando che Bruxelles può impegnare “fino a tre mesi massimo per l’approvazione finale del piano”.
Prima del 15 ottobre, ha sottolineato il ministro parlando dell’iter, il governo approverà la Nadef e già in quel documento si indicherà come Pnrr e gli investimenti si andranno a inserire nella programmazione triennale di bilancio. L’obiettivo – ha detto – è farci trovare pronti il primo giorno utile, senza aspettare aprile”.
Nel suo intervento, il titolare di via XX settembre è tornato a parlare dell’importanza dello strumento, che ha giudicato “un punto di svolta per il rilancio dell’economia” e “una occasione irripetibile per uscire da un lungo periodo di stagnazione e da una crisi senza precedenti a causa della pandemia, tornando a investire sul futuro, dare ai giovani nuove opportunità di lavoro e per vivere in un paese più avanzato e più rispettoso dell’ambiente”.
Quanto alla modalità con cui spendere quelle risorse, Gualtieri ha spiegato: ”Dobbiamo avere come unico criterio nella selezione dei progetti, la loro capacità di rilanciare in modo strutturale la crescita, l’occupazione per ricucire le fratture territoriali e sociali di questo Paese. Dobbiamo rendere questo Paese migliore, più forte e più giusto”. E rispondendo alle domande dei deputati delle commissioni Bilancio e Finanze sulle indiscrezioni legate alle centinaia di proposte avanzate da parte dei ministeri, il ministro ha spiegato come siano uscite “parti di una documentazione molto datata e totalmente preliminare, che appartiene a una fase totalmente superata. Non verranno fatti centinaia di microprogetti, ma pochi grandi progetti, che a loro volta questi saranno anche collegati da una logica a missione. Quello che conta non è la logica burocratica del singolo progetto, ma l’obiettivo complessivo che si vuole raggiungere, che richiederà un intreccio di investimenti, riforme e policy”, ha spiegato.
È “cruciale”, ha sottolineato ancora il ministro, che la scelta dei progetti sia basata sul merito e sull’efficacia, lo dobbiamo al futuro di questo Paese e alle giovani generazioni. Abbiamo una grande sfida di responsabilità, dobbiamo avere come unico criterio nella selezione dei progetti la loro capacità di rilanciare in modo strutturale la crescita, l’occupazione, di ricucire le fratture territoriali e sociali e di rendere l’Italia più equa e giusta. Abbiamo una opportunità unica”. Con quelle risorse, ha aggiunto, bisogna quindi “determinare il rilancio degli investimenti pubblici e privati” e “le riforme che da tempo sono necessarie per modernizzare” il Paese.
Poi un passaggio sul fondo perduto per le imprese, che “ha funzionato bene”, al punto da tirare più dello stanziamento. “Ora dovremo aggiungere alcune centinaia di milioni spostandoli da alcune misure che hanno tirato meno” ha detto.
Infine un pensiero alle politiche sociali in cui ha sottolineato come i criteri per la scelta non saranno solo economici e che “il governo non mancherà di perseguire obiettivi sociali: “Le infrastrutture sociali, come le dotazoni di asilo nido, non solo rendono la società più giusta ma hanno anche un forte impatto sul Pil e sulla crescita. Se si liberano le donne dal lavoro di cura non pagato e si sostiene l’occupazione femminile non solo si fa un atto di giustizia ma si sostengono le principali carenze strutturali dell’economia italiana. Sostenere le donne è una grande riforma strutturale”.