“La svolta europea sull’immigrazione annunciata da Von der Leyen grazie all’Italia e al Pd”

L’annuncio del superamento del Trattato di Dublino, insieme agli altri punti toccati da Ursula Von der Leyen nel discorso di ieri sullo stato dell’Unione, hanno dato il senso, una  volta di più in questi mesi drammatici, del cambio di passo che l’Europa ha messo in campo per affrontare finalmente, al tempo della pandemia, tanti dei nodi rimasti irrisolti negli ultimi anni.

Un cambio di passo, dicevamo, anche sul versante della gestione dei flussi migratori, del quale parliamo con il responsabile del Dipartimento Immigrazione del Pd, Marco Pacciotti.

Al presidente della Commissione europea ha annunciato l’abolizione del sistema di Dublino, una posizione impensabile solo fino a qualche mese fa. Siamo finalmente a un punto di svolta?

Sì. È importantissimo l’annuncio da parte di Ursula Von der Leyen di un superamento del Trattato di Dublino, misure che hanno rappresentato fino a oggi una delle grandi questioni irrisolte nella gestione dei profughi migranti. Ovviamente il Trattato rappresenta solo uno dei tasselli necessari per ricostruire una politica europea dell’immigrazione. Ma ne rappresenta sicuramente un aspetto importante. Dopo anni che come Pd e Italia chiedevamo la modifica, non possiamo che salutare positivamente la volontà espressa di una svolta.

Dunque la volontà è di arrivare finalmente a sancire che chi arriva in Italia, arriva in Europa?

Esatto. Si va nella giusta direzione. Volendo prendere ad esempio Lampedusa, questa sarà il confine più a Sud dell’Europa e non più l’isola italiana più vicina all’Africa. Anche  Lesbo è un effetto indiretto di Dublino: i profughi arrivano in Grecia e sono costretti a rimanere lì, dove le condizioni di vita sono disumane. Con la riforma annunciata da Von der Leyen l’auspicio è che si superino gli egoismi nazionali e dunque situazioni come quelle di Lesbo.

Concretamente, come si tradurrà la proposta di Von der Leyen? E in particolare come si supererà in Consiglio l’opposizione di Paesi come l’Ungheria di Orban?  

Questo non può che essere un processo politico che deve vedere tutti i paesi concorrere a un ripensamento generale delle politiche di accoglienza. Del resto quello che pochi mesi fa sembrava impossibile in Europa in materia di economia e politiche sociali si è invece dimostrato realizzabile.

Zingaretti ha rivendicato il ruolo dell’Italia in questa svolta.

Sì, il ruolo dell’Italia e della nostra delegazione di eurodeputati all’interno del gruppo dei Socialisti e Democratici, che da anni chiedono la riforma del Trattato di Dublino. Noi dunque rivendichiamo di aver portato la discussione su questo punto essenziale che sembrava intoccabile.

L’Europa è sempre più delle regioni, e domenica si terrà proprio nelle regioni un voto delicato. Quanto svolte come quelle di ieri possono interessare i milioni di cittadini al voto?  

Be’, un approccio che superi questi egoismi nazionali, e che sia dunque più solidale, aiuta tutti i Paesi che come l’Italia sono proiettati nel Mediterraneo a poter gestire senza allarmismi un fenomeno ormai costante da decenni, e che solo le destre europee nazionaliste continuano a rappresentare come un’emergenza e un’invasione, mentre i numeri dicono tutt’altro. In questo senso il voto per le regionali è anche un voto europeo, perché riafferma un’idea di Italia ancorata all’Europa dove le politiche condivise aiutano non soltanto a sostenere economicamente i Paesi nei momenti di crisi, ma anche a superare le paure infondate e fomentate dalle destra. È questa l’Europa che vogliamo e che abbiamo contribuito a costruire.