“Nel blu dipinto dipinto di blu, felice di stare lassù e volavo, volavo felice più in alto…”, man mano che uno dei colori più belli si stendeva sulla cartina l’ansia lasciava posto al sollievo e il sollievo alla gioia.
Biden è il Presidente più votato coi suoi 75 milioni di voti e il governatore della Liguria si chiederà come sia sfuggito alla sua richiesta di chiudersi in casa per ragioni di età e perché non produttivo. Harris sarà la prima vicepresidente, più donne elette.
Poi il pensiero va alla guerriglia minacciosa di Trump, ai rischi di un Senato a maggioranza repubblicana, a una Corte Suprema conservatrice o alle insidie del percorso antecedente al giuramento il 20 gennaio. Ma “zio” Joe ha vinto e con lui Kamala. Non credo in sondaggi perfetti e a me il suo consenso sembra una cosa enorme perché la destra c’è e insidiosissima quando crisi, impoverimenti e solitudini picchiano fino a fare male ai sentimenti e rendono appetibile ciò che l’altra parte giudica come un incubo.
Due opposti, Biden e Trump, nel messaggio, nella postura, nel linguaggio. L’uno inclusivo, calmo, a tratti timido. L’altro machista, aggressivo, armato, con pistole e fucili stravenduti negli States in questi ultimi mesi. Due visioni a partire dal rispetto per le donne che è la premessa della dignità di ogni persona. Due idee di Europa, per i democratici da salvaguardare e per lo sconfitto da dividere e farne campo di battaglia per aiutare nazionalismi e despoti. Per qualche tempo si sentiranno più soli i Bolsonaro, gli Orban, i Kaczynski e lo stesso Putin.
La destra nostrana sarà più sbussolata e senza riferimenti proponibili. E forse uno spiraglio lo avranno i popoli in lotta per la libertà, chi come in Bielorussia non chiede ingerenze ma l’attenzione delle Nazioni Unite e dell’Europa perché la repressione, il carcere e le torture abbiano fine.
Non sono un’esperta o una studiosa. Partecipo e tifo come tanti di noi. Si sa, non va sottovalutato l’esito ottenuto dal l’ex (e lo ripeto l’ex) Presidente superiore alle precedenti elezioni. La destra, nei suoi vari volti, ha una ideologia, Dio, Patria, Famiglia, Nemico e l’Io del capo.
Per il nuovo inquilino della Casa Bianca non sarà tutto facile perché è un’impresa unire il paese quando per anni il seme gettato è stato di muri, di ammiccamento a suprematista e razzisti. E’ stato di disprezzo per la scienza e di negazionismo persino su Covit 19 al punto che un flash può raccontare l’intero film: i raduni senza mascherina a indicare una parte e dall’altra gli incontri distanziati con mascherina.
Eppure anche fra i senza mascherina ci sono lavoratori, famiglie. C’è molto da meditare sul destino della democrazia e il tentativo in agguato di una possibile “egemonia” di teorie illiberali quando i bisogni veri non trovano risposta nella riduzione delle diseguaglianze e quando una cultura democratica non sa rinnovarsi con gli esempi e la dovuta coerenza.
Tutto questo riguarda l’Europa e riguarda casa nostra. La pandemia morde, i disagi e le sofferenze crescono. I lockdown rossi, arancioni, gialli riducono la partecipazione conosciuta, ma socialità e comunità restano un bene prezioso da reinventare nel dentro-fuori dell’inverno, una stagione che non consente il rimpallo di responsabilità tra Stato e Regioni perché in mezzo ci sono città e coscienze.
Le elezioni d’oltreoceano sono molto affare nostro. Ora l’Occidente, i democratici e la sinistra potranno essere più credibili nell’immaginare un Illuminismo per tutti, una laicità del dialogo interreligioso mentre il terrorismo colpisce. Nella storia la democrazia è una bella grande parentesi tra secoli. Per prolungarla proprio le ragazze e i ragazzi dovranno restituirle il senso profondo che musiche, vicende e testimoni trasmettono.
Anche Biden non ha vinto da solo. E’ servita l’onda dei cortei e dell’attivismo delle donne di MeToo, dei giovani del TikTok, delle piazze antirazziste per George Floyd di un popolo largo e umiliato che ha detto basta. La saggezza vera sa incontrare la radicalità e dare un’anima e un corpo all’insieme.