Ecco perché la deriva eversiva di Trump dovrebbe preoccuparci tutti

Gli Stati Uniti sono (insieme alla Cina) la prima potenza mondiale. A chi in queste ore si domanda perché ci occupiamo di una questione che non riguarda il nostro Paese, rispondo che ci riguarda eccome perché dalle scelte strategiche degli USA dipende il futuro del mondo e anche del nostro Paese.
Ecco perché queste elezioni, ancora di più oggi, ci dovrebbero interessare tutti. Ed ecco perché quello che sta accadendo nelle ultime ore dovrebbe preoccuparci e allarmarci molto.

I fatti

– Biden ha vinto le elezioni USA: negli stati chiave in cui sta terminando il conteggio dei voti ha un vantaggio che non potrà essere colmato da Trump e che è superiore a quello che il Presidente uscente aveva nei confronti di Hillary Clinton. Non parliamo di qualche centinaio di schede di vantaggio ma di migliaia, dalle 15 mila in più conteggiate in Georgia fino alle 45 mila della Pennsylvania. Nel complesso, Biden ha un vantaggio di più di 5 milioni di voti a livello nazionale.
– Come avviene da sempre, in base alle proiezioni degli analisti sui dati forniti dagli Stati, Biden è stato proclamato Presidente degli USA anche dal network tv trumpiano per antonomasia, Fox News.
– Trump, come ampiamente anticipato nei mesi precedenti al voto, non ha accettato il verdetto e ha parlato di brogli diffusi senza portare lo straccio di una prova e lavorando per convincere i suoi elettori che l’esito del voto è frutto di una cospirazione (le sue accuse che diventano fatti). Mettendo così a rischio la tenuta delle istituzioni democratiche e delegittimando il voto popolare.
– Aveva già programmato tutto, discreditando il voto postale da mesi, provando ad ostacolarlo in ogni modo attraverso i procuratori degli stati governati dai conservatori e nominando in tempi rapidissimi il nono giudice della corte suprema, la fedelissima Barrett, nel caso che a dover decidere delle elezioni dovesse essere proprio la corte. Insomma, Trump ha costruito per mesi una rete contro un risultato che poteva essergli sfavorevole.
E, in queste ore, lo scenario da incubo che qualcuno aveva prefigurato si sta realizzando.
Accade che, per la prima volta nella storia della democrazia americana, sia in corso uno sforzo coordinato per contaminare o ribaltare il risultato di un’elezione presidenziale.
1. Non ci sono prove e tutti gli ufficiali elettorali -anche degli Stati governati anche dai conservatori del GOP- dichiarano che non c’è nessuna prova di frodi elettorali. Parliamo di un vantaggio di Biden di milioni di voti a livello nazionale e di almeno 130 mila voti complessivi negli stati contesi.
2. Trump ha costretto il suo ministro della giustizia ad autorizzare un’indagine per frode elettorale in Pennsylvania e questo ha spinto alle dimissioni il principale procuratore del ministero che si occupa di crimini elettorali che ha denunciato come siano stati cancellati 40 anni di politiche di non interferenza. Le indagini su eventuali brogli, infatti, sono di competenza dei singoli stati che stanno rigettando le accuse perché non ci sono prove.
3.Trump ha licenziato il ministro della difesa e da sconfitto sta cambiando i vertici del dipartimento della difesa con uomini di sua fiducia, inclusa una figura controversa che ha promosso teorie cospirative e definito Obama un terrorista. E si appresta a cacciare i capi di Cia e Fbi. Sta mettendo le mani su esercito e intelligence.
4. Il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha negato platealmente il risultato elettorale, affermando che ci sarà una transizione soft ad una seconda amministrazione Trump. Di fatto, dichiara che lo sconfitto alle elezioni rimarrà in carica nonostante il risultato. Fate voi.
5. La donna di fiducia messa da Trump a capo dell’Amministrazione dei Servizi Generali si sta rifiutando di avviare la transizione e il passaggio di consegne: Biden e il suo staff non hanno accesso ai fondi, agli uffici federali e ai dossier strategici.
6. La Casa Bianca sta dicendo di procedere con i piani per il bilancio di Trump di febbraio proprio come se avesse vinto le elezioni.
7. Con un tweet di ieri Trump ha dichiarato che la sua gente non accetterà l’esito delle elezioni, attivando le milizie a lui fedeli, armate e fanatizzate, che marceranno sabato su Washington.
8. L’amministrazione Trump sta, nel frattempo, minacciando i funzionari dell’apparato statale che non mostreranno lealtà.
9. William Cohen, ex Segretario alla Difesa e senatore repubblicano, ha detto a Don Lemon della CNN che la condotta dell’amministrazione è “più simile a una dittatura che a una democrazia”.
Queste elezioni cominciano pericolosamente ad assomigliare alle ultime in Venezuela: tutto il mondo si congratulava con il nuovo presidente Guaidò mentre Maduro rimaneva asserragliato nel palazzo a dire che aveva vinto lui. Il problema è che gli Usa non sono il Venezuela e il mondo non può permettersi una transizione violenta e drammatica. Senza transizione pacifica del potere c’è la Bielorussia, per intenderci.
Ma ripeto, gli Usa sono la principale potenza mondiale e non è immaginabile uno scenario sudamericano che non abbia conseguenze devastanti per tutti.
La domanda oggi è molto semplice. Siamo sicuri che si tratti solo di una transizione turbolenta, frutto del narcisismo patologico di un uomo allo sbando, e non del tentativo sistematico di sovvertire il voto? Se fosse così ci sarebbe un nome tecnico per definirlo: colpo di Stato.