Quando da bambini pensavamo agli anni 2000, la mente andava sempre a quei film di fantascienza. Quelli in cui per spostarsi si prendevano le auto o i monopattini volanti. La realtà è stata molto meno innovativa e per decenni, le colonne di auto ferme nel traffico delle grandi città, hanno invece caratterizzato la nostra era. Ma ora, complice la pandemia, che ha accelerato un processo inevitabile verso una mobilità sostenibile, le cose stanno davvero per cambiare. Ne abbiamo parlato con Silvia Bollani, Coordinatore test comparativi e inchieste di Altroconsumo, impegnata in queste settimane con il FestivalFuturo 2020.
Saremo in grado di stare dietro a tutti i cambiamenti?
Non abbiamo altra scelta! Si era già vista una spinta verso scelte sostenibili da parte dei cittadini e questo percorso intrapreso può solo continuare. Ci auguriamo che le paure di oggi non prendano il sopravvento – penso ad esempio al fatto di non voler prendere mezzi pubblici per timore dei contagi – e che si con si torni indietro, ma anzi si prosegua verso tutte le possibilità che ci offre la mobilità alternativa. E sono tante. Dobbiamo anche cambiare mentalità e avere consapevolezza che molti degli spostamenti che facciamo sono possibili anche a piedi, in tempi ragionevoli. Le resistenze, che ci facevano prendere le auto per ogni spostamento, possono essere superate migliorando quelli che rimangono i nostri freni: la qualità dell’aria che alcuni trovavano come ostacolo per non fare attività fisica all’aperto, come prendere la bicicletta, ma anche la scarsa sicurezza sulle strade. Non ci siamo accorti, però, che così facendo si è messo in atto un circolo vizioso che ora dobbiamo modificare.
Una volta comprata la bicicletta (non solo metaforicamente) bisogna pedalare, ma il futuro è ancora tutto da costruire in Italia, da cosa partiamo?
E’ assolutamente necessario incentivare la creazione delle piste ciclabili, come già in parte sta succedendo, ma anche ridurre la velocità della macchine in città. La nostra proposta è quella di adottare una velocità di 30 km orari su tutte e strade e lasciare solo alcune arterie ad una velocità di 50 km. Non una rivoluzione se pensiamo che nelle ore di punta, già oggi, le macchine circolano a 12/15 km orari per colpa del traffico. Mettere limiti di velocità come regola generale darebbe più sicurezza ai ciclisti, farebbe consumare meno benzina agli automobilisti che inquinerebbero meno e non andrebbe affatto a pesare sui tempi di percorrenza.
E dal punto di vista delle infrastrutture di sostegno alla mobilità leggere, il modello è quello dei Paesi nord europei?
Di certo le differenze sono tante e non possono essere applicate tout court anche noi. Ma è necessario lavorare sui sistemi ibridi e intermodali. Se vado con la bicicletta in stazione devo essere certo che ci sia un posto per parcheggiarla in sicurezza, se questo non c’è è un problema. Ci sono realtà dove i parcheggi sono custoditi, addirittura riscaldati e coperti. Dobbiamo mettere la mobilità dolce al centro e pensare a cosa serve davvero per sostenerla. Solo così sarà sempre più utilizzata.
Poche settimane fa c’è stato il click day per il bonus mobilità, al di là delle grandi difficoltà di accesso che ci sono state, è un metodo vincente per sostenere la mobilità alternativa?
Il bonus è un primo passo ma ci vuole una strategia a lungo termine che sia continuativo nel tempo. Sicuramente ha contribuito a far vendere molte biciclette, ad oggi le city bike sono praticamente introvabili nei negozi, ma ho dei dubbi sul fatto che abbia cambiato il modo di spostarsi in città. Ma se lavoriamo per creare le condizioni affinché questo avvenga – con gli incentivi, migliori infrastrutture e riduzione della velocità nelle strade- allora si innescherà un circolo virtuoso che sarà sempre più motivante e stimolante per tutti.
Oltre alle bicilette il futuro sempre più vicino è quello delle auto elettriche?
Assolutamente sì. Anche in questo caso c’è stata una significativa crescita delle immatricolazioni – grazie agli incentivi, ai bonus e alle rottamazioni-. E’ vero pero che l’auto elettrica come mezzo di trasporto unico in una famiglia, in Italia è ancora difficoltoso. Abbiamo provato a fare un viaggio da Milano a Roma, utilizzando non solo l’autostrada ma anche strade alternative e secondarie, e le difficoltà non sono state poche. Bisogna viaggiare pianificando e organizzandosi molto bene perché il rischio di trovare una colonnina di ricarica occupata è dietro l’angolo, con tutte le conseguenze che potete immaginare dal punto di vista dei ritardi sulla tabella di marcia. Altra cosa invece è il suo utilizzo in città, soprattutto per il pendolarismo. Da quel punto di vista un auto elettrica, magari condivisa, è sicuramente, già oggi, il modo più sostenibile per muoversi su medi tragitti.