La legge sul divorzio compie 50 anni. Diede il via alla rivoluzione dei diritti

Il 1º dicembre 1970 il divorzio venne introdotto nell’ordinamento giuridico italiano.

Cinquant’anni da quel primo dicembre 1970 quando il Parlamento diede il via libera alla ‘Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio’, la legge 898, mettendo così fine ad un tabù della società italiana dove sposarsi era una scelta a vita.

La legge sul divorzio fu il primo passo verso una stagione prolifica di norme che ha scardinato norme patriarcali mai davvero messe in discussione e ha permesso l’accesso a nuovi diritti civili.
Sono anni fondamentali nella storia dei diritti, in cui si fa strada l’autodeterminazione e la libertà di scegliere la propria vita.  Una rivoluzione che non poteva più attendere e che si è sviluppata lentamente ma inesorabile. Una vera e propria modernizzazione culturale del Paese.
L’Italia rimaneva uno dei pochi paesi europei in cui vigeva l’indissolubilità del matrimonio. Era previsto l’istituto giuridico della separazione legale: un giudice poteva cioè riconoscere che due persone non potessero più continuare a vivere insieme, ma quelle stesse persone dovevano rimanere legate dall’obbligo della fedeltà e dell’assistenza reciproca: non potevano dunque formare una nuova famiglia. Era invece possibile ottenere l’annullamento attraverso la Sacra Rota, ma solo in alcuni casi e solo per chi si poteva permettere tutta la procedura.

Nel 1974, dopo che 1 milione e 300mila firme furono depositate in Cassazione, si tenne il referendum abrogativo della legge. Fu il primo nella storia della Repubblica e venne promosso dalla Democrazia Cristiana di Amintore Fanfani, il segretario. Si votò il 12 e il 13 maggio e andarono alle urne più di 33 milioni di persone, l’87,72 per cento di chi ne aveva diritto: i “no” che confermarono il divorzio ottennero il 59,30 per cento, i “sì” il 40,7 e la Baslini-Fortuna fu definitivamente confermata.

Avvenire titolò: “Hanno prevalso i no”, ricordando nell’occhiello che milioni di italiani avevano votato contro. “Grande vittoria della libertà”, rispose L’Unità, riprendendo le parole del segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer: «È una grande vittoria della libertà, della ragione e del diritto, una vittoria dell’Italia che è cambiata e che vuole e può andare avanti».

La legge del 1970 venne modificata, nel 1978 e nel 1987 quando – grazie all’allora presidente della Camera Nilde Iotti che riuscì a ottenere l’accordo unanime di tutti i gruppi – si ridussero da cinque a tre anni i tempi necessari per arrivare alla sentenza definitiva.

Dal 1975 prende il via un nuovo diritto di famiglia: cade la patria potestà. Passa la parità dei coniugi nella coppia e soprattutto cade la discriminazione dei figli nati fuori dal matrimonio.

Certo rimane ancora il delitto d’onore ma anche questo crolla nel 1981. E ancora la legge sui consultori. Il 1978 la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza; sempre nello stesso anno l’istituzione del Servizio Sanitario nazionale basato sul circuito prevenzione, cura, riabilitazione, balzo in avanti per il diritto alla salute. E ancora la Legge Basaglia.

Una stagione insomma in cui l’entrata in vigore del divorzio è ampiamente considerata come un punto di svolta nella storia italiana moderna.

Nel 2015 è stato approvato un disegno di legge che introduce il cosiddetto divorzio breve, che riduce il periodo tra separazione e divorzio, e anticipa lo scioglimento della comunione dei beni.

Quel processo iniziato allora non può però fermarsi. Le attuali condizioni impongono un ulteriore scatto. E’ necessario aprire una nuova stagione dei diritti per garantire che le norme siano rispettate. Il raggiungimento dell’uguaglianza di genere non è ancora a portata di mano.