Merita considerazione e attenzione l’iniziativa della Regione Emilia-Romagna, nata con l’obiettivo di costruire uno strumento per contrastare lo spopolamento delle aree interne e delle aree montane.
Un problema che affligge il nostro Paese da decenni, da quando, si può dire, il processo di industrializzazione nel secondo dopoguerra ha cominciato a spingere all’inurbamento una parte sempre più consistente della popolazione dalla campagna e dalla montagna.
Il processo è parso farsi ancora più massiccio nella fase storica recente, spinto dalle crescenti opportunità fornite dalle economie dei servizi e della creatività nei centri urbani. Le ondate pandemiche hanno aperto un dibattito, che sostanzialmente si interroga sul se e quanto le aree interne e le aree montane, alla luce delle nuove esigenze di distanziamento fisico, e della maggiore flessibilità che per alcuni aspetti grazie allo smart working si potrebbe affermare in molte professioni, possano fornire una reale alternativa alla vita nelle città.
Stando a quanto accaduto in Emilia-Romagna, la questione può rivelarsi di una certa consistenza. A un bando della Giunta Bonaccini che ha fornito la possibilità di ricevere finanziamenti a fondo perduto per ristrutturare o acquistare abitazioni in 119 centri appenninici, hanno risposto in 2310, in grandissima parte famiglie di giovani con figli. Le risorse messe a disposizione bastano a coprire solo 341 domande, tanto che l’amministrazione ha già annunciato un rifinanziamento che permetta uno scorrimento della graduatoria. Il presidente Stefano Bonaccini e l’assessora alla montagna, Barbara Lori, hanno anche annunciato l’intenzione di finanziare la misura in modo stabile per i prossimi anni.
Non c’è dubbio che si tratti di una intuizione molto interessante, che potrebbe essere presa in considerazione anche al livello nazionale per mettere a punto provvedimenti e linee di finanziamento che siano sistemici. E’ chiaro che incentivare il trasferimento in montagna dei nuclei familiari attraverso contributi diretti non può essere una misura esaustiva: la montagna necessita di una politica complessiva, che prenda in considerazione prima di tutto la necessità di mettere a disposizione di chi la abita, e di chi progetta di farlo, lo stesso livello qualitativo di servizi di chi vive in pianura, a cominciare dalla scuola e dalla sanità.
L’innovazione tecnologica apre in questo ambito prospettive che solo fino a pochi anni fa erano inimmaginabili, a patto che sia supportata dalle necessarie infrastrutture. Connessioni efficienti e performanti sono ad esempio una condizione imprescindibile per realizzare una sanità territoriale di livello, una possibile strada per le aree montane.
Gli incentivi quindi come un tassello di una politica di ripopolamento delle aree montane, che tenga assieme il contrasto alle diseguaglianze territoriali e al rischio idrogeologico. Ambiti e capitoli, vale la pena ricordarlo, pienamente compresi nei criteri di funzionamento di Next Generation EU.