Responsabile, paziente, essenziale: il nostro Natale per salvarci insieme

Più di un mese fa già ci chiedevamo come sarebbe stato questo Natale, soprattutto come avremmo voluto che fosse, perché questa ‘ripresa’ pandemica volevamo percepirla solo come un inciso tra la pausa estiva durante la quale, bene o male, ci siamo forse autoconvinti che il virus avesse raggiunto una carica virale meno letale, e la fine di un anno bisestile.

Ma invece proprio in queste ore, sebbene nel nostro paese i numeri dei contagi e dei ricoveri nelle terapie intensive e nei reparti ordinari stiano lievemente migliorando, il numero dei morti purtroppo ha raggiunto il record giornaliero salendo a 993 vittime. Poco meno della metà del numero delle vittime odierne negli Stati Uniti.

Di fronte a questo scenario, a dir poco critico, finalmente abbiamo visto soddisfatta la domanda iniziale su quale Natale ci apprestiamo a vivere, prima con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legge n. 158 che definisce la cornice normativa sugli spostamenti durante le festività natalizie a partire dal 21 dicembre al 6 gennaio prossimi, e poi con la successiva presentazione, da parte del Presidente del Consiglio, delle misure anti Covid previste nel nuovo DPCM.

Si tratta di restrizioni abbastanza rigide, è vero, tanto che potrebbe sembrare quasi un vero e proprio lockdown. Infatti, seppur rimarranno aperti i negozi che si vedranno prolungare l’orario di apertura fino alle ore 21,00 proprio per permettere lo shopping natalizio ma allo stesso tempo per evitare gli assembramenti– ma non sarà così per i centri commerciali – resteranno invece ridotti gli orari di circolazione e sarà introdotto il divieto di spostamenti tra Regioni per tutto il periodo natalizio e, nei giorni propriamente festivi, anche tra Comuni, tanto che a pagarne le conseguenze saranno tutti coloro che non potranno raggiungere le seconde case nei luoghi di vacanza o comunque in territori regionali diversi, ma soprattutto quei figli che, residenti lontano dai propri genitori spesso soli, si vedranno costretti a non poterli raggiungere proprio per le festività che per eccellenza vedono le famiglie riunite, a meno che non sussistano gravi motivi di salute. Generandosi così un forte senso di frustrazione e di ulteriore solitudine. Ma cosa ci potrà aiutare?

Al netto però delle molte ragioni sacrosante dei singoli, occorre fare i conti con l’eventualità, per niente remota, di un lockdown generalizzato per far fronte a una terza ondata. Perché il virus c’è, vive, circola liberamente, attacca e, laddove riesce, ruba vite umane. E in questa fase ce ne rendiamo conto più che in quella precedente, perché ad ammalarsi, ed anche a morire, questa volta sono persone che conosciamo molto bene, sono amici, parenti e potrebbe toccare anche a noi. Si ha quasi la sensazione di vivere da mesi come in una roulette russa. Ma è qui che occorre reagire sapendo benissimo che osservando le regole, forse riusciremo a scongiurare il contagio per sé e per gli altri. E nel tempo anche il virus.

Allora si, chiediamoci che Natale sarà questo del 2020.

Sarà una Natale responsabile, perché a fronte di enormi sacrifici, non solo di natura affettiva ma anche di natura economica, sapremo che molto probabilmente con le nuove regole avremo salvaguardato la vita nostra e quella di molte persone a noi più prossime, soprattutto quelle più fragili.

Sarà un Natale consapevole, perché se saremo ‘costretti’ a trascorrere le ferie natalizie restando nelle nostre città dovendo fare a meno di andare sui campi da sci, o comunque dovendo fare a meno di spostarsi, lo faremo perché il paese intero sta combattendo una lotta dalla quale non ci si può distrarre; lo faremo in rispetto di molti che continuano a rischiare la propria vita per metterne in salvo molte altre. E lo faremo in grandissimo rispetto delle migliaia di persone che in così breve tempo sono morte e continuano a morire ogni giorno.

Sarà un Natale paziente, perché ormai abbiamo imparato che ci vorrà del tempo perché il virus possa essere sconfitto. Alcuni giorni fa il Presidente dell‘Istituto Superiore di Sanità, il prof. Silvio Brusaferro, ha detto che, nonostante l’arrivo del vaccino ormai imminente, l’epidemia durerà ancora per un anno e mezzo circa, perché si tratta di uno stress prolungato e non definito, come possono esserlo fenomeni naturali quale un terremoto o un’alluvione e che ci sta costringendo a mettere in atto delle strategie di adattamento che certamente produrrà effetti in futuro anche permanenti.

Sarà un Natale essenziale, lontano dal consumo, a volte finanche bulimico, delle luci, degli abbracci, dei baci, delle grandi adunate. E se le Messe si celebreranno alle 20,00 anziché a mezzanotte, al credente non cambia assolutamente nulla, perché Gesù nasce comunque come ha sempre fatto nella notte tra il 24 e il 25 dicembre di ogni anno e continuerà a farlo; un Natale essenziale in cui la sobrietà e la solidarietà rappresentano insieme quel faro che ci indica la via verso la conquista di una normalità ormai agognata ma che sappiamo bene sarà una nuova normalità, perché, volente o nolente, questo virus sta segnando uno spartiacque tra ciò che eravamo e ciò che saremo e soprattutto ci sta insegnando che ci salveremo solo se quella via la percorreremo insieme.