Si va verso un processo in Italia per il brutale omicidio di Giulio Regeni, picchiato e “seviziato per giorni con oggetti roventi, lame e bastoni”.
“Niente ci ferma. La nostra lotta di famiglia è diventata una lotta di civilità per i diritti umani, che è come se agisse Giulio. Giulio è diventato uno specchio che riverbera in tutto il mondo come vengono violati i diritti umani in Egitto ogni giorno” ha detto in conferenza stampa alla Camera Paola Regeni, madre di Giulio.
I Pm hanno emesso avvisi di chiusura indagini, che precedono la richiesta di processo, per 4 appartenenti ai servizi segreti egiziani. Le accuse variano dal sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Nell’atto di chiusura delle indagini i pm parlano di sevizie durate giorni che causarono a Giulio Regeni acute sofferenze fisiche messe in atto anche attraverso oggetti roventi, calci, pugni, lame e bastoni.
Il ruolo degli agenti nel sequestro nell’omicidio è stato ricostruito nell’attività di indagine dei carabinieri del Ros e dei poliziotti dello Sco. La chiusura delle indagini arriva a due anni dall’iscrizione sul registro degli indagati. A rischiare il processo sono il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.
A quest’ultimo, oltre al sequestro di persona pluriaggravato, sono contestate anche le lesioni personali e l’omicidio del ricercatore friulano. Chiesta l’archiviazione invece per Mahmoud Najem. Per quest’ultimo, spiegano i pm di Roma, “non sono stati trovati elementi sufficienti, allo stato, a sostenere l’accusa in giudizio”.
La notifica è avvenuta tramite “rito degli irreperibili” direttamente ai difensori di ufficio italiani non essendo mai pervenuta l’elezione di domicilio degli indagati dal Cairo. Proprio quest’ultimo punto era tra quelli oggetto della rogatoria avanzata nell’aprile del 2019 in cui i magistrati romani chiedevano risposte concrete agli omologhi egiziani. Richieste ribadite nei diversi incontri che negli anni si sono svolti tra investigatori e inquirenti italiani e egiziani ma che il Cairo ha lasciato inevase.
Noi crediamo che questo sia un risultato importante. Lo è, perché non era un risultato affatto scontato. Io avevo detto che la procura di Roma avrebbe continuato a indagare. La procura ha fatto di tutto per accertare gli elementi utili, lo dovevamo a Giulio Regeni e lo dovevamo a noi stessi, come magistrati di questa Repubblica” ha spiegato il procuratore di Roma, Michele Prestipino, illustrando – davanti alla commissione di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni – l’atto di conclusione indagini nei confronti di quattro 007 egiziani.