Dopo la pandemia, un altro Paese: più investimenti, meno trasferimenti. Le osservazioni del Pd al Next Generation Eu

Nel momento più difficile della sua storia, l’Europa ha risposto in modo coraggioso. Con l’approvazione del Next Generation EU, i Paesi europei si sono dotati di uno strumento robusto per rispondere alla grave e inedita crisi provocata dalla pandemia. Un’iniziativa che segna anche una discontinuità, un mutamento di prospettiva e un cambio di passo invocato da anni e ottenuto grazie al contributo decisivo del nostro Governo.

Abbiamo dinanzi a noi un’occasione senza precedenti e un dovere morale che ci impegna soprattutto nei confronti delle generazioni future: cambiare in meglio la società italiana, affrontare i problemi strutturali del nostro Paese, resi ancora più evidenti dalla crisi sanitaria che ha amplificato disuguaglianze e limiti dell’attuale sistema economico e sociale. La pandemia ha fatto emergere con chiarezza l’importanza dell’investimento nella cura e nell’empowerment delle persone, la necessità di un nuovo equilibrio tra tempi di vita e di lavoro, di un nuovo concetto di cura del vivente, dei beni e dei luoghi in cui abitiamo, del pianeta. Il Recovery Plan è l’occasione per un nuovo “patto italiano” che affronti la crisi con il coraggio del cambiamento, vinca la sfida della transizione verde e digitale, riduca le disuguaglianze sociali, di genere e territoriali, costruisca opportunità di qualità per le nuove generazioni.

Per costruire un altro Paese dopo il Covid, per superare ritardi, sconfiggere rendite e ingiustizie, per progettare uno sviluppo che sia equo e duraturo, è necessario compiere delle scelte. E la prima da fare è quella di definire la missione dell’Italia nel mondo, il nostro interesse nazionale in un quadro europeo finalmente più forte e solidale, indicare quali catene del valore si ritengono strategiche per un sistema Paese capace di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità economica, sociale ed ambientale che stanno alla base del Recovery Plan.

Gli assi portanti su cui è costruito il Piano sono la modernizzazione del Paese, la rivoluzione digitale ed ecologica, la riduzione delle disuguaglianze sociale e territoriali, la parità di genere. Per questo è importante che le intenzioni riformatrici del Piano e il filo conduttore che segna il ruolo e la missione dell’Italia nel dopo pandemia siano rese più esplicite, contrastando il rischio che la proposta di cui discutiamo assuma un carattere frammentario e contradditorio.

Occorre evitare il rischio che la giusta ambizione che ispira il documento proposto dal Governo si risolva in una serie di progetti in grado solo di consolidare o correggere il Paese che c’è, con i suoi limiti, i suoi ritardi e le sue ingiustizie, piuttosto che delineare un’altra idea dell’Italia, un altro realistico e desiderabile modello di sviluppo. Questo è a nostro avviso il punto politico centrale: occorre una maggiore discontinuità negli obiettivi di trasformazione del Paese perché la missione non deve essere “ricostruire” quel che c’era, ma “rigenerare” il Paese investendo nelle sue enormi potenzialità e affrontando le sue fragilità.

PIÙ INVESTIMENTI, MENO INCENTIVI

 In che misura le risorse rese disponibili dall’iniziativa politica del Governo possono essere utilizzate per promuovere innovazione sociale economica e ambientale? La risposta non è scontata, ma deve essere frutto di una visione e dei conseguenti mezzi che sceglieremo di utilizzare. A questo proposito, il frequente ricorso all’utilizzo di contributi, sgravi fiscali, bonus, incentivi non sempre sufficientemente selettivi, a scapito di progetti complessivi per la trasformazione del Paese, rischia di compromettere le potenzialità di cambiamento del piano stesso. È fondamentale, invece, rafforzare la componente degli investimenti, finalizzando le risorse ai progetti con maggiore impatto trasformativo e capaci di sviluppare filiere nei settori più avanzati dal punto di vista tecnologico, della sostenibilità ambientale, dell’innovazione sociale e culturale. Questa esigenza riguarda tutte le missioni del Piano, soprattutto quelle relative alla Rivoluzione verde e transizione ecologica e alle politiche industriali del cluster Innovazione, Competitività, Digitalizzazione 4.0 e Internazionalizzazione, anche traendo ispirazione dall’impostazione positiva delle misure della missione Istruzione e ricerca. In particolare, per quanto riguarda l’obiettivo strategico del trasferimento di tecnologia e del rafforzamento di Ricerca e Sviluppo, sarebbe importante far emergere la dimensione di genere e prevedere misure per le start up innovative e il potenziamento degli Accordi di innovazione.

Anche le grandi aziende pubbliche devono essere protagoniste di questo progetto, avere una “missione Paese” su cui indirizzare il loro lavoro. Gli investimenti attivabili con il Recovery Plan devono puntare a rafforzare i “campioni nazionali” in settori strategici, come quello digitale e dell’energia, per rendere più solido e competitivo il sistema industriale italiano.

Un profilo strategico più chiaro deve affermarsi nell’ambito delle politiche industriali, dove una serie di misure, anche qui fortemente legate all’utilizzo di incentivi, tendono più a costituire un elemento di consolidamento dell’esistente che a promuovere necessari processi di innovazione. Molte delle risorse destinate alla stessa Industria 4.0, in verità sono finalizzate al finanziamento del super ammortamento, e cioè un contributo che viene erogato per l’acquisto di beni non necessariamente legati a un salto di qualità dell’impresa e dei processi produttivi. Per questo, appare indispensabile un deciso rafforzamento degli strumenti che spingono nella direzione della digitalizzazione, dell’ottimizzazione nell’utilizzo dei dati. In particolar modo, inoltre, appaiono insufficienti gli strumenti utili a calare a livello territoriale le politiche di transizione digitale e ambientale, al fine di sostenere e accompagnare i percorsi di evoluzione e sviluppo delle aree territoriali più coinvolte dai processi di trasformazione legati alla decarbonizzazione. In questo senso, spicca l’assenza di risorse finalizzate alla trasformazione del settore siderurgico così come alla transizione di quello automobilistico.

In particolare, riguardo alla siderurgia appare indispensabile tenere conto dell’avvio del piano di decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto. Per noi si tratta di un primo passo, indispensabile ma parziale, che va accompagnato da investimenti mirati per spingere più avanti il processo di produzione di acciaio verde, ecosostenibile e compatibile con la salute e la vita dei cittadini. L’ambizione di Taranto capitale della green economy deve trovare impegni significativi e coerenti nel Recovery plan.

Andrebbe inoltre creata un’apposita cornice per le industrie creative e culturali, che nel mondo sono un pezzo dell’economia più innovativa. Proponiamo un vero e proprio piano Cultura 5.0, con misure di attrazione e sostegno degli investimenti in cultura, innovazione creativa e rafforzamento delle filiere dell’industria e dell’impresa culturale.

Ancora, sulle questioni delle politiche industriali appaiono scarse le risorse che riguardano il turismo, che ha subito gli effetti della crisi congiunturale scatenata dall’emergenza sanitaria e che necessiterebbe di maggiori investimenti per qualificare l’offerta ricettiva e le strutture dal punto di vista ambientale e digitale.

Sarebbe inoltre fondamentale prevedere misure di sostegno per fronteggiare la trasformazione, che si è venuta ad accelerare a seguito del Covid, nell’ambito del commercio, si pensi solo all’ambito dell’e-commerce.

POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO

In secondo luogo, vogliamo ribadire, anche in questa occasione, una preoccupazione connessa all’assenza di adeguati strumenti normativi in vista dell’esaurimento degli interventi straordinari adottati per impedire i licenziamenti. La mancanza di un disegno riformista sul fronte degli ammortizzatori sociali, così come nell’ambito delle politiche attive del lavoro e delle infrastrutture sociali, rischia di rendere ancor più traumatiche, dal punto di vista sociale, le conseguenze della crisi generata dal Covid e di produrre un utilizzo tutt’altro che ottimale delle risorse disponibili in quest’ambito.

Riteniamo in particolare fondamentale rafforzare il legame tra welfare e politiche attive e di formazione, attraverso una seria riforma degli ammortizzatori sociali, prevedere investimenti per realizzare un piano nazionale per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.

La riforma delle politiche attive va collegata alla riforma degli ammortizzatori sociali e al piano nazionale della formazione. Va resa strutturale l’estensione dell’assegno di ricollocazione. Egualmente, vanno resi strutturali i contratti di solidarietà espansiva. La legge sulla rappresentanza e rappresentatività sindacale deve essere legata al salario minimo garantito. Così come riteniamo strategico l’obiettivo dell’aumento dell’occupazione femminile, che richiede una visione di sistema, politiche che liberino il tempo delle donne, che trasformino l’organizzazione sociale, politiche pubbliche necessarie al superamento delle discriminazioni e degli stereotipi di genere.

UNA VERA TRANSIZIONE ECOLOGICA

Sul terreno della sostenibilità ambientale, le risorse messe a disposizione dal Next Generation EU sono ingenti e richiedono per questo una capacità di utilizzo particolarmente efficace e incisiva, per cambiare in profondità il sistema produttivo ed economico del Paese. Per questo, lo scenario entro cui collocare le scelte del Piano non può che guardare ai nuovi obiettivi climatici definiti dall’Unione europea che richiedono un necessario e urgente adeguamento del PNIEC. È fondamentale confermare e rafforzare alcune leve centrali del processo di transizione: gli investimenti in efficienza energetica, anche del patrimonio edilizio pubblico e dell’edilizia sociale, nelle energie rinnovabili con progetti che prevedano l’impiego di tecnologie avanzate e con la previsione di procedure autorizzative rapide ed efficaci, nel trasporto pubblico locale sostenibile che può essere ulteriormente sostenuto anche dirottando risorse oggi previste per il trasporto privato.

Analogamente, per quanto riguarda l’economia circolare, va precisata meglio la direzione di marcia, cogliendo tutte le potenzialità delle tecnologie applicate a quest’ambito: si pensi alle pratiche più innovative, come quelle legate alla depurazione e necessarie alla riconversione in chiave green di interi settori produttivi come la siderurgia, l’automotive e i settori ETS. Sull’economia circolare è necessario investire risorse nel potenziamento e innalzamento tecnologico della raccolta differenziata, in particolare della frazione organica dei rifiuti, e nell’ammodernamento e realizzazione di impianti tecnologicamente avanzati finalizzati al recupero di materia e alla produzione di biometano da impiegare nel trasporto pubblico. Queste politiche di investimento devono anche servire a colmare il divario tra le diverse aree territoriali del Paese, in particolare tra nord e sud, accompagnando i livelli di governo territoriali nella realizzazione degli investimenti anche con procedure semplificate e automatiche. Positive sono le scelte indicate in materia di risorse idriche, così come sulla cura del territorio e del contrasto al dissesto idrogeologico, che andrebbe rafforzato nella sua dimensione finanziaria e nell’efficacia delle procedure esecutive degli interventi.

Le città sono ambiti privilegiati di investimento per le politiche green, dal trasporto alle misure di adattamento ai cambiamenti climatici e di riduzione delle emissioni. Per questo, sono da sostenere investimenti in politiche di forestazione e rigenerazione urbana e contrasto all’inquinamento atmosferico.

L’agricoltura è un settore strategico per il raggiungimento degli obiettivi climatici e per l’attuazione dell’economia circolare. Le misure attualmente previste dal piano non appaiono sufficienti a realizzare il progetto di transizione agroecologica di cui l’agricoltura italiana dovrebbe rendersi protagonista. Per questo, riteniamo opportuno sostenere i processi di digitalizzazione delle aziende agricole, sviluppare un piano di efficientamento energetico degli edifici rurali e di sostituzione dei mezzi agricoli che consentano un uso più sostenibile delle risorse energetiche e naturali, sviluppare un piano per la creazione di una piattaforma digitale per la disintermediazione dei prodotti agricoli italiani.

DIGITALIZZAZIONE E INNOVAZIONE

Anche nel settore digitale va più chiaramente definito l’indirizzo strategico, in grado di orientare il mercato e di far sorgere in ambito nazionale, in relazione ai piani di sviluppo europeo, soggetti imprenditoriali in grado di operare e competere su scala globale contribuendo a preservare la sovranità digitale del nostro continente. Dobbiamo evitare che le risorse erogate contribuiscano a consolidare posizioni già oggi dominanti e compromettere il patrimonio di dati disponibili per lo sviluppo futuro del nostro sistema produttivo.

Tra i grandi progetti nazionali che potrebbero orientare il mercato nella direzione indicata, riteniamo che tre obiettivi strategici possano caratterizzare questa missione: la digitalizzazione della scuola, della sanità e delle città, anche in relazione a forme di partecipazione democratica alle scelte delle comunità interessate.

Riteniamo debba poi essere meglio chiarito lo scopo della struttura indicata della cyber security, in particolare nel modo in cui si relaziona e si integra con gli strumenti già oggi finalizzati alla tutela della sicurezza nazionale.

Occorre dare una governance unitaria ai diversi interventi che parta da un’analisi delle catene del valore selezionando specifiche priorità, dando così coerenza e collegando gli interventi previsti per la pubblica amministrazione, nell’ambito delle politiche industriali, della ricerca e del trasferimento tecnologico. A questi interventi trasversali vanno connessi grandi progetti verticali su cultura, turismo, sanità, scuola e città, coinvolgendo i cittadini e i lavoratori, i corpi intermedi e le professioni nella loro realizzazione.

In particolare, nell’ambito dei progetti attinenti le città è necessario un salto qualitativo, andando oltre il solo ambito dei trasporti e guardando all’impatto complessivo che il digitale può avere nella trasformazione dei centri urbani, favorendo un compiuto sviluppo della cittadinanza digitale e il protagonismo dei cittadini nei processi decisionali.

Investire sul digitale significa potenziare la ricerca e il capitale umano, rapportando le connessioni tra i nuovi centri che opereranno e lo sviluppo delle imprese, anche attraverso strumenti ad hoc per il trasferimento tecnologico. Questo sarà possibile soltanto con il reclutamento di nuove energie, assumendo nuovi giovani scienziati e ricercatori. Per far crescere campioni nazionali occorrono poi specifici programmi che, sviluppando il rapporto con il privato, siano in grado, nel rispetto della normativa europea e mediante la crescita della competitività, di far cogliere al sistema produttivo le opportunità offerte dal Recovery plan. Sarà inoltre importante connettere le grandi imprese con le start up innovative, collegando e sviluppando gli ecosistemi di innovazione. Riguardo a questi ultimi è necessario indicare una strategia unitaria.

Sarebbe una sconfitta per il Paese se le risorse rese disponibili fossero utilizzate quasi esclusivamente per l’acquisizione di tecnologie già esistenti, rafforzando così l’attuale oligopolio dei grandi player tecnologici internazionali. I progetti dovranno partire dal presupposto che la raccolta e l’utilizzo dei dati siano improntati al rigoroso rispetto degli standard europei e finalizzata ad un loro utilizzo nell’interesse pubblico e per migliorare la competitività del sistema Paese.

INVESTIRE NELLA CURA E NELL’EMPOWERMENT DELLE PERSONE, PIÙ FORZA ALLE INFRASTRUTTURE SOCIALI

Di grande importanza è il tema delle infrastrutture sociali, alle quali non viene riconosciuto un peso adeguato. Assistenza, sanità e istruzione nell’insieme rischiano di avere risorse complessivamente inadeguate. Nonostante l’apprezzamento per le progettualità dedicate all’istruzione, pensiamo ci sia l’esigenza di una maggiore centralità dell’investimento in conoscenza, condizione per raggiungere anche gli obiettivi di competitività indicati nel piano, essenziale per il successo delle due grandi transizioni che dovremmo affrontare.

Non appaiono assolutamente sufficienti le risorse per i nidi, progetto che riteniamo strategico. Rispetto agli obiettivi indicati di copertura, poche sono le risorse per i giovani, per la vulnerabilità e scarsa l’attenzione rivolta al Terzo settore. Nel Piano ci sono importanti iniziative rivolte all’infanzia, ma non strutturate in un quadro unitario e integrato, capace di migliorarne l’efficacia.

A fronte della necessità di potenziare l’integrazione sociosanitaria e la presa in carico integrata delle persone, gli interventi sociali sono invece inseriti nella parità di genere e nella sezione salute in modo poco organico. In quest’ultima, vanno potenziati i progetti di sanità territoriale e case della comunità.

PARITÀ DI GENERE

Sono le infrastrutture sociali, con adeguati investimenti, che rendono credibili le politiche di genere, in particolare l’obiettivo della crescita dell’occupazione femminile, così come indicato esplicitamente nella Raccomandazione n. 2 del 2019 e implicitamente nelle raccomandazioni del 2020 del Consiglio dell’Unione Europea.

Significativa è la scelta di fare della parità di genere una della quattro linee strategiche del Piano, ma per rendere effettiva questa scelta va utilizzato l’approccio di gender mainstreaming e va misurato ex ante l’impatto di genere delle diverse progettualità. La parità di genere non emerge invece come obiettivo condiviso dalle diverse missioni: di fatto al momento tale obiettivo prioritario viene indicato solo nella missione equità e inclusione sociale e territoriale.

In generale, il grande tema della cura non viene assunto come questione pubblica, nonostante quello che la crisi pandemica ci ha mostrato. Portare fuori dalle case parte del lavoro di cura crea occupazione (femminile, ma non solo), migliora la qualità della vita di chi già lavora e rende possibile accettare un lavoro per chi lo desidera. Investire in infrastrutture sociali significa investire in servizi di cura accessibili e di qualità. Gli investimenti in infrastrutture sociali hanno il vantaggio di liberare tempo delle donne e di creare occupazione in settori fortemente caratterizzati dalla presenza femminile.

Condividiamo l’esigenza di istituire un fondo sull’imprenditoria femminile, ma anche in questo paragrafo deve emergere maggiore discontinuità: la scelta di separare i nidi dall’istruzione e dalla progettualità 0-6 anni, lede il carattere universale e di segmento dell’istruzione che ormai questi hanno. Parlare di servizi in termini di sostegno alle donne lavoratrici non mette al centro i diritti delle persone che vengono tutelati attraverso le politiche sociali e fa ricadere solo sulle donne la responsabilità della cura e della conciliazione dei tempi di vita.

MEZZOGIORNO, COESIONE TERRITORIALE, CITTÀ

Nel dibattito pubblico nazionale è stata sollevata la questione della distribuzione territoriale delle risorse del Next generation Eu all’interno del Paese. Noi riteniamo che questa discussione sia legittima. Del resto, già la relazione della Commissione Bilancio della Camera, nella quale sono state indicate le priorità nell’utilizzo del Recovery Fund, invita il Governo a destinare al Mezzogiorno risorse in misura maggiore della clausola del 34%, in ragione anche dell’effetto moltiplicatore che la spesa per investimenti effettuata al Sud avrebbe, e che aumenterebbe la velocità dell’obbiettivo convergenza sia nel territorio nazionale che verso l’insieme dell’Europa.

Non pensiamo, tuttavia, che la questione si risolva in un dato di natura puramente quantitativa. Il tema di fondo è che l’insieme della filosofia del Piano deve essere ispirata dalla necessità di ridurre il divario storico e il dualismo economico-sociale che divide ancora Nord e Sud, a costruire coesione innanzitutto attraverso la qualità degli investimenti.

Infrastrutture materiali e immateriali, logistica, trasporti, innovazione digitale, risorse energetiche rinnovabili, infrastrutture sociali: queste sono le linee di intervento indispensabili se vogliamo puntare ad affrontare le problematiche ancora persistenti: alti tassi di disoccupazione femminile e giovanile, la dispersione scolastica, l’insufficiente dotazione infrastrutturale, le difficoltà di accesso ai servizi pubblici essenziali. La nostra valutazione è che se riparte il Sud, la spinta e i benefici riguarderanno tutto il Paese.

Inoltre, gli interventi del Piano dovrebbero tenere conto del fatto che purtroppo allo storico dualismo nord sud, nel corso di questi anni si sono aggiunti nuovi divari territoriali: si pensi alla frattura tra aree interne e città e, nelle stesse città, tra centri storici e periferie. Per questo dobbiamo proseguire sul terreno degli investimenti nel patrimonio dei piccoli centri e nelle periferie urbane a cui va rivolto un disegno di recupero urbanistico e sociale. Per le aree interne, soggette a processi di spopolamento e deindustrializzazione, alle quali la società digitale, l’agricoltura di qualità e la valorizzazione turistica possono offrire una stagione di crescita.

ANALISI D’IMPATTO E GOVERNANCE

Riteniamo che per ogni singola azione vadano specificati meglio gli indicatori, in grado di definire l’impatto ambientale, sociale, di genere, territoriale dei singoli progetti.

Riguardo al tema della governance del Piano riteniamo corretto impostarlo nella forma della sussidiarietà, ma non della sostituzione delle prerogative dell’amministrazione centrale e periferica dello stato. Tutti i progetti di investimento e i trasferimenti avranno una ricaduta sui territori; per questo occorre costruire da subito un forte e proficuo dialogo con essi.

Lo sviluppo del Piano rappresenta l’occasione per migliorare la capacità operativa e di spesa della pubblica amministrazione a tutti i livelli, obiettivo che dovrà proseguire e svilupparsi attraverso un forte investimento in competenze e professionalità nella macchina pubblica, con l’innesto di una nuova generazione di personale, e in particolare di tecnici e professionisti.

Riteniamo inoltre fondamentale garantire il coinvolgimento del Parlamento, anche nel percorso di monitoraggio dell’attuazione del Piano. Le scelte che stiamo compiendo riguardano davvero il futuro del nostro Paese. Per questo è fondamentale che il Governo si faccia garante di un confronto costante e di un coinvolgimento delle forze economiche e sociali e del Terzo settore, delle associazioni delle donne, del mondo dell’ambientalismo e dei giovani.

Le dimensioni delle risorse del piano possono produrre una decisiva spinta all’innovazione per il sistema produttivo e finanziario italiano e per le relazioni che al suo interno si sono nel tempo generate, riducendo il peso di rendite, corporativismi, relazioni opache, posizioni dominanti vecchie e nuove.

Occorre però, per questo, definire con estremo rigore criteri nella valutazione dell’impatto dei progetti sull’assetto del mercato, avendo cura di contrastare tendenze oligopolistiche e vigilando sulla presenza di conflitti di interesse, tenendo conto delle normative adottate a livello europeo.

Il Recovery plan è un’occasione storica per Italia, dunque per noi è indispensabile avere contezza delle ricadute che questo strumento sarà capace di determinare nell’economia e nella società italiana e della spinta che potrà dare verso un nuovo modello di sviluppo più rispettoso delle persone e dell’ecosistema, con uno sguardo sul futuro e sulle generazioni che verranno.