Con Draghi, con le nostre idee. Per uscire dalla pandemia e far ripartire il Paese

Il testo della relazione introduttiva del segretario del Pd Nicola Zingaretti alla Direzione nazionale del Pd dell’11 febbraio 2021


Stiamo operando in una situazione molto complessa. Si può dire in continuo movimento. Per contare e incidere nel modo migliore occorre mantenere l’unità del partito in ogni passaggio fondamentale. Siamo, d’altra parte, il soggetto politico democratico essenziale. Al quale guardano, al di là dei nostri elettori, l’insieme delle forze produttive, sociali e del mondo del lavoro, come a un punto di riferimento imprescindibile.

Questa unità, voluta e realizzata con il contributo di tutti ci ha permesso nel corso dei mesi passati di salvare l’Italia da pericolose avventure. E questa unità è stata apprezzata dai nostri militanti ed elettori ed è stata di conforto per il gruppo dirigente nazionale nei giorni passati. Davvero difficili. Credo che nessun partito abbia discusso e coinvolto i suoi organismi statutari come il nostro. E nessuno, tanto meno, si è ritrovato all’unanimità sulle scelte che abbiamo e stiamo compiendo.

Naturalmente occorre che tale unità sia davvero sostanziale. Vale a dire che nel pur legittimo esprimersi di sensibilità e letture anche diverse, non si alluda a una contrapposizione sulla linea da perseguire in queste ore. Perché, altrimenti, sarebbe utile esplicitare dissensi o riserve. Per una questione di trasparenza, di solidarietà interna e di schiettezza. D’altra parte il dibattito pubblico appare confuso. E chi vuole destabilizzare il sistema politico italiano sta mirando proprio sul Pd e la sua funzione. Vedremo con calma l’insieme delle ragioni che sta portando a questo. Ma non vi è alcun dubbio che per la delegittimazione del Pd, appena tornato protagonista, si muove una generale e diversificata marea antipolitica che tende a mortificare i soggetti politici, i partiti e le loro classi dirigenti.

D’altra parte nel 2018 ci siamo ritrovati senza politica, forza di testimonianza, senza alleanze e circondati da una marea populista. Di destra e di sinistra. Con la politica, con l’iniziativa del Partito democratico siamo riusciti insieme a dividere il populismo. A costruire alleanze, seppure faticose, a cambiare gli altri, in parte anche noi stessi.

Non è certo andato tutto bene. I passi sono stati faticosi, con incredibile sequenza di appuntamenti elettorali con l’esplosione della pandemia ed ogni giorno li abbiamo dovuti conquistare con pazienza e fermezza. Ma alla fine, in due parole, si può dire che il risultato è stato importante. Abbiamo ricollocato l’Italia nel solco europeo. Abbiamo affrontato la pandemia con la scienza e non con i pregiudizi. Abbiamo conquistato le risorse del Recovery fund. Abbiamo gestito una crisi economica gravissima e inedita senza conflitti laceranti e proteste rabbiose. Questo grazie ad una politica economica e sociale che ha saputo guardare allo sviluppo e anche alle fasce più deboli e in sofferenza della società italiana.

Eravamo impegnati, con il presidente Conte, a realizzare una ripartenza della nostra azione di questi mesi. Dall’emergenza occorreva passare alla ricostruzione del paese. Questo avrebbe comportato una maggiore unità e visione comune delle forze stesse della maggioranza. Questo lavoro di rilancio lo abbiamo avviato noi e lo stavamo realizzando in modo aperto, sensibile alle osservazioni critiche di ogni partito. A partire, per quanto ci riguarda, dalla giusta volontà di affermare anche i nostri punti di vista, i nostri contenuti e sempre di più i nostri valori e tenere ampio lo spazio della politica.

Come sapete tutto si è interrotto nel momento in cui Italia viva ha deciso, nel cuore stesso di questo sforzo, di staccare la spina al governo Conte. Non ritorno sul merito di questa condotta. Ma non vi è dubbio che essa ha aperto una crisi che abbiamo definito “al buio”. Perché totalmente priva di alternative credibili. Alternative politiche alla nostra strategia non vi erano e in realtà non ci sono neppure oggi. Nella situazione di incertezza, di precarietà e di possibili avventure che la crisi ha determinato, il presidente Sergio Mattarella ha messo a disposizione del Parlamento una delle figure più autorevoli e prestigiose italiane, il professor Mario Draghi. Prestigiose in Italia, in Europa e in tutto il mondo.

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Il successo per la formazione di un governo attorno a Draghi ancora una volta, lo si nota in queste ore, dipende dalla unità dell’alleanza politica tra Leu Pd e 5 Stelle che è stata l’anima del governo Conte. Lo si vede chiaramente e ognuno in buona fede non può non riconoscere che se tale alleanza, unità di intenti e di comportamento dovesse venire meno, lo stesso Draghi ne soffrirebbe politicamente. Di fronte all’indicazione del Presidente Mattarella noi senza esitazione, convinti, abbiamo accettato la sfida. Abbiamo dichiarato la nostra disponibilità ad aiutare il suo sforzo, con le nostre idee e con il nostro contributo sincero e leale. Anzi, abbiamo lavorato , come ho detto, per costruire intorno a questa risorsa una base parlamentare ampia, solida convintamente europeista.

Abbiamo raccolto i semi di credibilità che avevamo piantato. C’è qualcosa di intimamente legato alla nostra stessa natura che ci porta sempre a guardare prima di tutto gli interessi dei cittadini e dell’insieme della nostra comunità. C’è una nostra naturale identificazione con l’impegno a sanare le ferite, sociali e politiche, che potrebbero portare ad un indebolimento della Repubblica. Tale sentimento, la responsabilità è il contrario della subalternità. È l’espressione massima della nostra autonomia, perché rifiuta scorciatoie di sola testimonianza di visioni o interessi particolari a scapito a volte degli interessi del Paese. Non abbiamo bandierine da fissare, abbiamo una bandiera, quella italiana, da sventolare.

Dobbiamo, ma è difficile, chiedere ad altri partiti questa funzione. Essa, infatti, per noi, deriva dalle grandi tradizioni politiche che sono in noi, costituenti lo stato democratico dopo la tragica parentesi del fascismo, con tutti i danni che esso ha arrecato al nostro Paese. Questa è la nostra forza e nostra insostituibile funzione nazionale.

Ecco perché in queste ore prevale in noi, al di là di calcoli politici, una spinta a fare subito ciò che serve all’Italia. Fermare la pandemia. Vaccinare il maggior numero di cittadini. Far ripartire la crescita, facendo leva sulla transizione ecologica e digitale. Fronteggiare la disoccupazione, che potrebbe aumentare grandemente quando si concluderà il blocco dei licenziamenti. Noi ci siamo, dunque, e ci siamo ancor più convintamente in quanto il professor Draghi, dopo il primo confronto, ha indicato alcune priorità che coincidono perfettamente con il senso più profondo del programma che gli abbiamo consegnato e quindi con la nostra collocazione internazionale e con i nostri obbiettivi per superare la crisi in Italia.

A partire da una fiducia piena verso l’Europa. Non in forma generica. Governo europeista significa condivisione della storia e dei valori europei che ne sono alla base e anche condivisone di un obiettivo strategico dell’Italia per nuove e più forti istituzioni europee alle quali delegare una parte della nostra sovranità. Questa Europa, anche grazie a noi, sta cambiando. Dall’austerità ha imboccato la strada della crescita, della solidarietà e del rischio comune. Condividiamo il concetto della cosiddetta “spesa buona”; quella cioè, che non si disperde nei mille rivoli e non incoraggia le rendite, ma è volta a selezionale gli obiettivi, le strategie su cui puntare, a spingere e salvaguardare i ceti produttivi, le imprese e i lavoratori. E che trasforma l’esistente verso un transizione ecologica dell’economia e grande investimento sul digitale. Poi il lavoro. Prima di tutto il lavoro. Di fronte alla crisi sociale in atto che ha colpito milioni di persone e aumentato le disuguaglianze è di fondamentale importanza come ho detto aprire una stagione di veri e forti investimenti per riaccendere l’economia sostenere le imprese per il loro rilancio e l’innovazione. La via è quella di Next Generation EU segnata dalla transizione ecologica e dalla rivoluzione digitale.

Ma accanto a questo è chiaro che nessuno deve essere lasciato solo. O sarebbe meglio dire nessuna deve essere lasciata sola visto che solo a dicembre ad esempio il 98% di chi ha perso il lavoro è donna. Ecco perché occorre agire con politiche segnate dalla cultura di genere, perché gli effetti della crisi non sono neutri è colpiscono in modo particolare i giovani e le donne e quindi le risposte non possono essere neutre. Accanto agli investimenti sono dunque indispensabili nuove politiche attive del lavoro e nuovi provvedimenti a cominciare dal decreto ristori approvato dal Governo Conte e bloccato dalla crisi, per essere vicini al commercio, l’artigianato, le partite iva, i liberi professionisti, le start up. Così come sulla fiscalità, è fondamentale la riproposizione netta di un criterio di progressività e proporzionalità, contenuto chiaramente nella nostra Costituzione e il rifiuto della cultura dei condoni, nessuna nuova tassa e un imponente processo di semplificazione.

Abbiamo chiesto insieme al rilancio e l’innovazione in sanità di avviare la costruzione di nuove reti di infrastrutture sociali e investire sulle reti della formazione, scuola università e della ricerca e del trasferimento tecnologico per le imprese italiane così da aggredire e non subire il futuro. Non possiamo lasciare ai giovani un Italia dove il segno più, è solo sui debiti, la povertà, la solitudine, la paura. Non rinunciamo all’ambizione di lasciare ai giovani un Italia migliore di quella che abbiamo trovato noi.

Ecco il senso delle nostre idee e proposte e abbiamo trovato nell’impostazione del professor Draghi una sintonia profonda. Sarà difficile per altri collocare le loro storie, la loro cultura, la loro visione e le loro proposte dentro questa nuova possibile esperienza del presidente Draghi. Per noi no, altro che imbarazzo. Noi abbiamo avvertito che l’estensione della maggioranza può non coincidere con la stabilità e l’efficacia della maggioranza stessa. Con lealtà e trasparenza lo abbiamo evidenziato ma non abbiamo opposto veti. Chiediamo che tutto non si risolva solo in qualche capriola verbale soprattutto su l’Europa.

In queste scelte è evidente comunque che pesano una crisi delle ricette che il sovranismo ha messo alla base della sua identità e proposta: il nazionalismo, l’intolleranza, la ricerca del consenso del popolo senza offrire soluzioni ma limitandosi a cavalcare i problemi. La pandemia e la sua drammatica durezza hanno imposto ben altri spartiti: cooperazione tra stati, dialogo, valore della scienza e della solidarietà rilancio di un nuovo europeismo per essere più forti. Ha ragione il prof Draghi: la soluzione dell’Italia è l’Europa. Noi lo abbiamo sempre pensato. Verificheremo queste nostre preoccupazioni nel corso di un processo che sarà comunque complesso, ma che riteniamo possa davvero far riprendere all’Italia il suo cammino. Noi, ripeto, ci prepariamo a vivere questa nuova esperienza con naturalezza, agio e lealtà.

In una condizione eccezionale accettiamo un’esperienza particolare legata all’emergenza. E considereremo questo passaggio utile a rigenerare la politica e i partiti. Non si può nascondere che chi ha aperto la crisi, e l’insieme delle forze che lo hanno incoraggiato, tentano di destrutturare la politica, i partiti e la democrazia rappresentativa. Non è un tema dell’oggi. È un tema che ci portiamo appresso da decenni e che mai siamo riusciti, anche per errori nostri, a risolvere compiutamente.

Il governo Draghi non sarà per noi affatto una resa della politica, della nostra politica. Della nostra autonomia. Esso infatti si deve concentrare su un programma che per la natura stessa della maggioranza che lo sostiene, deve essere preciso, circostanziato, verificato volto a rendere un servizio, attraverso il professor Draghi, alla comunità nazionale. Noi siamo pronti. Il Presidente Mattarella ha chiesto nel suo appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento di conferire la fiducia a un Governo di alto profilo che non deve identificarsi con alcuna formula politica. Accogliendo questo appello, anche nella sua composizione prepariamoci a vivere una condizione particolare e forse inedita. La figura del professor Draghi non è figlia di una indicazione dei partiti.

È stata avanzata nel pieno rispetto delle sue prerogative direttamente dal Presidente della Repubblica. Con il professor Draghi in qualità di Presidente incaricato, ora nel pieno rispetto dell’articolo 92 della Costituzione verrà formata la squadra di Governo alla quale ci atterremo e sosterremo. Chiediamo una squadra autorevole, formata nel rispetto del pluralismo politico e che rispetti il valore della differenza di genere.

Occorre fare. Fare bene. Fare presto. Non perdere le occasioni che abbiamo di fronte e non allargare le ferite che pure ci attraversano. Ma tanto più questo sforzo ha bisogno di un approccio da parte del Pd concreto, disinteressato e generoso, tanto più esso deve essere accompagnato da un impegno in questi mesi su due fondamentali direzioni.

Non è tema strettamente di governo. Ma la crisi di questi anni è avvenuta anche per un sistema istituzionale incerto e fragile. Il parlamento dovrebbe nei mesi prossimi dare una risposta a questo tema di fondo che rende l’Italia incerta nella rappresentanza e instabile nelle sue forme di governo. Noi pensiamo che si possa avviare accanto all’azione del governo Draghi un aperto confronto costituente in parlamento per affrontare i nodi aperti che soprattutto dopo il taglio del numero dei parlamentari sono indispensabili per far funzionare meglio le istituzioni. Il rapporto tra centro e periferia, il ruolo degli enti locali e le autonomie, una nuova legge le elettorale di stampo proporzionale per cercare soluzioni comuni che preparino le alternative future tra un campo democratico e la destra italiana.

In questo modo sarebbe chiaro che questi mesi non rappresenterebbero la rinuncia della politica rispetto ad un indistinto e poco credibile abbraccio unitario con chi a noi è totalmente alternativo, ma la preparazione in forma più sicura e credibile, di un ritorno della politica con i suoi contorni, i suoi nuovi profili e le sue ragioni. È stata la preoccupazione fondamentale del mio sforzo tornare alla politica. Non assecondare all’interno del nostro stesso partito ogni sorta di leaderismo e trasformismo. Ma realizzare ogni passo in avanti, anche nelle alleanze, per via di ragioni politiche. Guardando sempre attentamente gli spazi reali che progressivamente si potevano aprire alla nostra iniziativa. La politica non è un colpo di teatro. È costruire pazientemente ciò che serve ai propri ideali e al tuo Paese. Ecco perché va detto, anche per rispondere a chi ci ha accusato ingiustamente di subalternità verso il Movimento 5Stelle, sottolineare che la Lega rimane per noi nella prospettiva storica italiana l’alternativa. Il nostro avversario principale non solo sui programmi, ma per cultura, concezione del mondo. Persino per comportamenti e modi di fare.

Anche con il Movimento 5Stelle il rapporto unitario si è fondato su un corpo a corpo, su una battaglia costante di egemonia, su una saldezza, per quanto ci riguarda, delle nostre idee di fondo. Sono rimaste e rimarranno per sempre differenze, anche molto grandi. Ma questo processo unitario ha salvato il paese. E oggi con la forza parlamentare che esprimiamo è fondamentale rimanga vivo per far contare di più le nostre idee. Sviluppare alleanze è l’opposto dell’assenza di identità. Sono le identità forti che permettono i rapporti unitari.

Prepariamoci alla battaglia nel Paese con le persone e a vivere con questo spirito l’appuntamento delle elezioni amministrative. 1200 comuni 20 milioni di cittadini.
Ripeto per l’ennesima volta, perché su questo si vuole inspiegabilmente generare confusione. Non esiste alcun modello politico da imporre ai territori. Non potrei certo farlo io. Sono anche un amministratore. Ho vinto e son diventato Presidente di Regione nella giornata della sconfitta del 2018 anche perché rifiutaii un modello nazionale e aprii la mia coalizione a forze politiche civiche associative che garantirono la vittoria aiutando anche a dividere la destra. Ogni città dunque agirà in piena autonomia.

Quello che è prezioso invece è una vocazione unitaria, un campo aperto e vario che è a disposizione di tutti. Uno spirito unitario che addirittura oltre alla forza delle alleanze ci ha fatto vincere perché ha convinto le persone nel Lazio, in Emilia Romagna, Puglia, Toscana Campania e nell’ultima tornata in tantissimi comuni anche nel profondo Nord dove dopo anni di sconfitte siamo tornati a vincere perché ha attratto tanti elettori, spesso dall’astensione.

Ecco se dovessi sintetizzare: si apre una fase nella quale oltre all’iniziativa nel Paese sulle nostre battaglia si intrecciano tre compiti per noi. Dare un governo al Paese e spenderci senza riserve per contribuire alla sua azione e alla sua efficacia. Proporre una fase costituente per dare più credibilità alle istituzioni del sistema politico. Rendere ancora più forte, credibile, ricca l’alternativa al campo populista e sovranista, con la quale ad un certo punto sarà obbligato confrontarci.

Questo comporta anche la definizione sempre più netta della nostra autonomia, del nostro profilo, del nostro radicamento della nostra visione in un mondo dove il 1920 ha davvero cambiato tutto. Ho detto che è da marziani chiedere il congresso adesso, nel fuoco della prova di questi giorni. Lo ribadisco. Ciò non significa che non sia arrivato il momento, io mi auguro presto e decideremo insieme come, in cui dovremo avviare un’iniziativa per rendere più chiara, convincente e netta la nostra presenza in questa fase della storia italiana.

Non studiando in laboratorio le alchimie più efficaci. Non abbandonandoci a termini ormai astratti, politicamente inerti, vuoti. Ma piuttosto coinvolgendo il Paese, sulla base di una rinnovata ricognizione sull’Italia, per definire meglio la nostra funzione. Che deve rimanere quelle di una grande forza riformista, progressista, popolare, che lotta per la crescita del Paese con un modello di sviluppo nuovo, sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale in difesa delle fasce più deboli e della loro possibilità di praticare una mobilità sociale in grado di riscattarle e darle piena dignità civile e democratica.
Vi propongo quindi di sostenere la proposta che verrà avanzata dal professor Draghi e di decidere sin da ora di convocare entro il mese di febbraio l’assemblea nazionale del partito, per avviare una discussione sul futuro, il nostro modo di contribuire all’azione di Governo e prepararci alla sfida delle elezioni amministrative che coinvolgeranno 1200 comuni e venti milioni di italiani.

Ed aprire dunque un tempo nuovo della nostra vita adeguato alle trasformazioni in atto per offrire all’Italia, in particolare, a una nuova generazione uno strumento democratico di trasformazione della società e della loro vita.