La transizione ecologica è possibile solo con una transizione geopolitica

Dall’aprile del 1968 il tema dei limiti dello sviluppo economico da parte è stato posto all’attenzione internazionale dal Club di Roma. Da allora il dibattito legato ai temi della crisi climatica e al futuro della Terra e dei suoi ecosistemi si è sviluppato sempre di più.

Nel 2015 l’ONU ha approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, in cui sono elencati i 17 punti per la lotta alla povertà, l’istruzione e le azioni urgenti per combattere la crisi climatica e i suoi impatti sugli ecosistemi. Nello stesso anno, è stato siglato l’Accordo di Parigi legato alla riduzione dei gas serra.

Verso la fine del 2019 l’Europa ha iniziato a elaborate il Green Deal, ponendosi come obbiettivo quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Quel che accomuna ogni tappa di questo percorso è essere figlie di programmi di ricerca transnazionali. Con scienziati di tutto il mondo che collaborano tra loro.

Ecco perché, per fronteggiare questa crisi globale è necessario investire ancora di più su politiche di ricerca su base come minimo continentale, in chiave europea, in particolare per quel che riguarda le fonti energetiche del futuro e e l’economia circolare. Investendo di più anche nell’università e nel fronteggiare l’espulsione scolastica.

La crisi climatica si può fronteggiare solo se si agisce tutti insieme. Contrastando anche i domini energetici di alcuni paesi.
È innegabile che si tratta di una crisi globale e che svolgerà anche un ruolo chiave nel ridefinire gli equilibri globali.

La Cina, attraverso l’azienda CATL è diventata leader mondiale nella produzione di batterie per auto elettriche, in più si stima che la Cina controlli tra il 50 e il 70 per cento delle forniture mondiali di materie prime necessarie per la produzione di auto elettriche (da un’inchiesta del Wall Street Journal).

Dipendere totalmente dalla Cina per l’approvvigionamento di questi prodotti è pericoloso. Anche per questo la Commissione Europea ha deciso di creare l’European Battery Alliance, un piano che prevede l’investimento di un miliardo di euro per iniziare la ricerca e lo sviluppo di nuove batterie e sostituire l’attuale produzione di auto benzina e diesel.

L’impegno della Cina per le batterie passa e poggia su investimenti e numeri importanti: su 142 enormi fabbriche di batterie agli ioni di litio in costruzione a livello mondiale infattti, oltre 107 sono in Cina, solo 9 negli Stati Uniti, secondo il rapporto “The Commanding Heights of Global Transport”, pubblicato il mese scorso da Securing America’s Future Energy (Safe) di Washington, DC.

L’investimento nel campo della transizione ecologica è un nodo fondamentale per un nuovo modello di sviluppo, una straordinaria occasione per nuovi posti di lavoro ma anche una decisiva sfida per gli attuali equilibri e rapporti di forza nel mondo. Garantire la qualità dello sviluppo e dei diritti delle persone e dei lavoratori si incrocia dunque con gli equilibri geopolitici e passa per un sostanziale investimento sulla capacità transazionale di investire e di promuovere innovazione e ricerca.

Un’onda verde che può trasformare la via della sera in una infrastruttura di nuova generazione in cui non passino tanto è solo le merci ma diritti, innovazione, sostenibilità.