È certamente un fatto molto positivo che i temi della sostenibilità e della transizione ecologica siano diventati centrali nel dibattito di questi giorni attorno alla formazione del nuovo Governo. La notizia della prossima istituzione di un Ministero della transizione ecologica è un segnale molto forte, che tuttavia sarebbe fuorviante ricondurre alla volontà di corrispondere alle richieste di una o più parti politiche. Non dovrebbe invece sorprendere l’orientamento del Presidente incaricato su questo tema. Come è noto Draghi ha messo l’Europa al centro della sua iniziativa per la formazione dell’esecutivo. La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha indicato al primo punto della sua presidenza l’obiettivo della neutralità climatica; tutte le politiche economiche europee, dall’European Green Deal al Next Generation EU, vanno nettamente in questa direzione. Non è quindi un’illuminazione improvvisa ma una precisa conseguenza della forte impronta europeista che caratterizza l’iniziativa del Presidente incaricato.
Per il Partito Democratico è un’ottima notizia, perfettamente coerente con le proposte che abbiamo indicato con chiarezza nel documento programmatico, consegnato dal nostro segretario Zingaretti al professor Draghi. Al primo posto abbiamo indicato la necessità di aggiornare urgentemente il Piano integrato Energia e Clima ai nuovi target definiti a livello europeo. L’abbiamo chiamata “Rivoluzione verde” perché il rilancio economico di questa fase dovrà fondarsi su politiche radicalmente nuove, che mettano al centro la lotta al cambiamento climatico, l’economia circolare, gli investimenti in energie rinnovabili e efficienza energetica, politiche industriali in tutti i settori che facciano della sostenibilità un punto di competitività e di crescita occupazionale. Lo dimostrano i dati che fotografano il nostro sistema produttivo: green economy non sono solo i pannelli fotovoltaici ma l’intero sistema della manifattura, della chimica, della meccanica. L’ex Ilva di Taranto è per noi l’emblema di questo modello: produrre acciaio “pulito” impiegando idrogeno è la strada da percorrere per salvaguardare produzione e lavoro e insieme realizzare l’urgente azione di riparazione e bonifica dei danni ambientali e sanitari ereditati dal passato.
Questo approccio richiede scelte coerenti, per superare le resistenze che ancora ci sono e ci saranno e per attrezzarsi a governare un processo di transizione che per sua natura non sarà neutro. Gli obiettivi ineludibili della decarbonizzazione e del superamento della dipendenza dalle fonti fossili avranno impatti su molti settori, dall’industria all’agricoltura; sulle imprese e sui lavoratori, che per questo motivo avranno necessità di ricollocarsi attraverso una formazione permanente e l’acquisizione di nuove competenze. La costruzione di impianti moderni di gestione dei rifiuti e di energia rinnovabile, gli investimenti per ridurre gli insostenibili sprechi idrici e per prevenire i disastri del dissesto idrogeologico non si realizzano a parole, ma con regole certe, tempi rapidi, capacità di costruire consenso e condivisione con i territori. Il 37% delle risorse del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) per la transizione ecologica e i fondi della programmazione europea dovranno essere spesi in larga parte da una pubblica amministrazione che ha bisogno di una grande iniezione di competenze green: servono ingegneri, architetti, tecnici preparati per accompagnare e gestire questa gigantesca trasformazione.
La previsione di un Ministero che si occupi di governare questa transizione è quindi un primo passo importante, ma dobbiamo sapere che da solo non basterà. Sarà fondamentale unire visione, grande capacità organizzativa e di relazione non solo tra strutture ministeriali ma anche con le agenzie, gli enti e i soggetti che nel nostro Paese fanno parte di un sistema che da anni lavora con competenza su queste partite. La politica ha davvero davanti a sé l’occasione di compiere un salto di qualità, scegliendo con convinzione la via dell’europeismo sui temi della transizione ecologica e dello sviluppo sostenibile. In occasione delle elezioni politiche del 2018 l’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) ha chiesto a tutti i partiti e i movimenti politici candidati un impegno sui temi della sostenibilità ambientale, economica e sociale, per portare l’Italia ad essere in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030. Tutte le forze politiche hanno sottoscritto quell’appello, tranne due: Lega e Fratelli d’Italia. Oggi assistiamo, pare, a un ripensamento da parte di una forza politica come la Lega che su questi temi ha sempre avuto uno sguardo rivolto al passato e contrario alla direzione indicata dall’Europa. Non può che essere un bene, ancora tutto da dimostrare nei fatti. Una cosa però è certa: anche da qui passerà la forza e la credibilità a livello europeo del Governo che si sta formando; un Governo, per usare le parole del presidente incaricato, che guarda al presente e si prepara a costruire il futuro.