Transizione ecologica, non solo il ministero

Il tema della transizione ecologica è balzato negli ultimi giorni alla ribalta della cronaca politica con l’annuncio della nascita di un ministero ad hoc. Una struttura che sarà persino decisiva per il buon esito della sfida di spendere in modo efficiente le risorse in arrivo dall’Unione europea per il rilancio nella fase post – pandemica. Oltre un terzo di queste saranno infatti riservate a misure che promuoveranno la transizione ecologica.

Non è e non sarà tuttavia solo una questione di funzionamento della macchina amministrativa. La transizione per essere tale dovrà essere un processo ben più profondo, in grado di rivoluzionare il sistema produttivo e la società nel loro insieme, avere una portata simile alla rivoluzione industriale del Settecento. Da un lato quindi si dovrà lavorare anche sul fronte sociale, per evitare che siano le fasce più vulnerabili della popolazione a scontarne i costi. Nei giorni scorsi abbiamo proposto come associazione Transizione ecologica solidale (TES) che il ministero inglobasse nella propria denominazione anche l’aggettivo “solidale”, sul modello della prima esperienza francese. Una scelta che avrebbe sottolineato in prima battuta anche la volontà di farsi carico degli effetti complessivi delle misure per la transizione e della determinante opzione che si trasformino in opportunità per tutti, a cominciare dai più deboli. Un obiettivo, si intende, che potrà e dovrà essere raggiunto a prescindere dal nome del dicastero.

Va anche sottolineato che alla transizione ecologica dovranno contribuire anche altri ambiti e settori della società. E’ di qualche giorno fa l’esigenza manifestata dalla Fillea – Cgil: i nuovi cantieri che si apriranno grazie alle risorse del Recovery Plan e del superbonus abbisogneranno di figure specializzate nella nuova gamma di interventi “green”, che vanno formate, perciò uno sforzo va programmato anche in questo senso. Ritengo che il caso dell’edilizia sia emblematico di un aspetto che è, e sempre più sarà, generale: la transizione ecologica va accompagnata con le risorse, sorvegliata sul piano sociale, e necessita di figure che concretamente la attuino. Nuove figure specializzate, professioni che siano “green”, si sintetizzi come si vuole, in ogni caso il ruolo della formazione è centrale, anche di quella universitaria e post – universitaria, direttamente connessa con il mondo di lavoro.

Risponde a questa consapevolezza il Master MATE (Management della Transizione Ecologica) che l’associazione TES promuove assieme all’Università di Modena e Reggio Emilia. Il Master sarà presentato nelle prossime settimane e risponde all’obiettivo di formare figure trasversali specializzate che opereranno nei settori pubblico, privato e del terzo settore, accompagnando le organizzazioni nella riconversione in chiave sostenibile. Una caratteristica del Master sarà la multidisciplinarietà, un aspetto che anticipa uno di quelli che ritengo connoteranno la transizione, ovvero il profondo cambiamento delle categorie tradizionali.