Il Pd nella sfida di questo tempo

Mai come oggi spirito e bisogni del tempo si incrociano con le vocazioni naturali del PD. L’Unione Europea immersa nel gran mare della globalizzazione, l’importanza di innovazione e ricerca nel mondo di oggi e di domani, la necessità sempre più sentita di ‘tenere insieme’ dimensione umana e tecnologica, la lotta alle disuguaglianze e l’impegno per la sostenibilità, la re-invenzione della macchina amministrativa come perno essenziale di crescita e coesione.

Sono, a ben guardare, le teste di capitolo di un ‘nuovo principio’ sul piano politico e sociale e che hanno bisogno, per essere realizzate, di una forza politica progressista. Impegnata a far sì che la vicenda sociale non dimentichi quella individuale, che la dimensione nazionale stia dentro’ quella globale, che azione dello Stato e iniziativa privata trovino il punto di equilibrio più avanzato.

Il tempo che è davanti al PD – quando si è appena insediato un governo ‘costituzionale’ e la pandemia e le sue varianti mettono ancora a rischio estremo salute ed economia – è, quindi, singolarmente prezioso.

Innanzitutto per sostenere l’azione di un governo con un segno ‘meno’ politico: radicandola nella cittadinanza; aiutando l’esecutivo ad interpretare a fondo le parole d’ordine di questo tempo; lavorando insieme nel declinarle nei territori con una precisa individuazione della priorità dei problemi. Un impegno che – in tempo di smartworking e di forme originali tra ‘digitale e reale’ – richiede luoghi e modalità di partecipazione e decisione politica altrettanto nuovi, effettivamente capaci di coinvolgere iscritti e cittadini. E un’elaborazione politica all’altezza del salto di qualità richiesto dalle ultime scelte di personale di governo.

Per questo i temi su cui ingaggiarsi vanno individuati con rigore: cosa che significa innanzitutto attenzione al profilo identitario, portando avanti le proposte che il segretario Zingaretti e il Partito Democratico hanno già consegnato al premier Draghi in occasione della formazione del governo, rispettando la gerarchia di domande che attendono risposta in questa fase italiana. Come affrontare la questione delle diseguaglianze seguendo l’indicazione europea della coesione territoriale e sociale? Come darsi una politica industriale moderna, che metta l’impresa italiana in condizioni di parità con quelle degli altri Paesi dell’Unione e contribuisca ad un sistema imprenditoriale europeo più forte? Come costruire uno Stato diverso in un momento in cui è chiaro, a noi e in Europa, che è qui, nella programmazione degli interventi, nella gestione delle risorse, nella capacità di impostare ed attuare riforme, ‘il’ problema italiano?

Attorno a queste domande – e alle altre che ci sono e ci saranno – vanno riorganizzate le linee di incontro con le Università, i centri della ricerca e del sapere. Perché c’è, qui, una ricchezza persa, che non possiamo più permetterci di sprecare: come Paese e come partito. Va quindi riallacciato un dialogo autentico con il ‘sapere’, orientato a  trovare soluzione a problemi concreti con strumenti altrettanto concreti: analisi economiche e sociologiche, valutazioni di impatto, leggi, regolamenti. E, dunque, un partito che, in collaborazione con ‘chi sa’, individui e analizzi in maniera scientifica i nodi italiani; che in maniera altrettanto scientifica, definisca soluzioni per scioglierli; che le metta a disposizione del Governo con forza politica e autorevolezza dei processi. E’ qui un punto essenziale della competizione politica che si apre; con quello che faranno, o non faranno, altri partiti.

C’è, poi, un altro e più vasto orizzonte d’azione. Nel discorso di Mario Draghi una frase ha scosso il Parlamento più di altre: “non c’è sovranità nella solitudine”. Per questo, quando è sempre più evidente che le risposte ai problemi italiani sono possibili solo su base europea, i rapporti con le altre forze progressiste divengono centrali. Un dato che significa incontri, confronti periodici, proposte comuni con i partiti progressisti d’Europa su questioni che oggi ognuno affronta troppo spesso su un ristretto piede di casa: dagli effetti di automazione e smartworking sulla società al ruolo di tutore dei diritti (del lavoro, dell’ambiente, della concorrenza) che si apre all’Europa sul piano globale; dalle prospettive di un’impresa che in un mercato sempre più grande avrà sempre più bisogno di innovazione per crescere sino alla ridefinizione delle regole per ‘far spazio’ alla partecipazione femminile nell’economia, nella società, nella politica. E, in un tempo in cui la NextGeneration è la bussola, reinterpretare la questione giovanile anche tenendo conto di esperienze oltre lo Stato nazionale: partendo dalla demografia, passando dall’istruzione, sino ad arrivare all’accesso al mercato del lavoro.

Sono alcuni dei temi su cui si gioca la partita italiana di domani. Ed è su questi temi che, se vuole essere all’altezza del suo tempo, una forza progressista deve far sentire la sua voce. Se non vogliamo che si impongano altre logiche: a partire da quella, spesso invisibile, del più forte.