Ora un PD delle persone, aperto e coraggioso

Le dimissioni di Nicola sono state un atto politico molto forte che ha colpito tutte e tutti.
E devono condurre a fare un’analisi profonda del partito, di come lo vogliamo vivere e caratterizzare, di come vogliamo impostarne il futuro e dell’idea di società che vogliamo costruire. Ci interroga sulla nostra cultura politica, sull’idea di pluralismo e dello stare insieme, di come rapportarci tra noi e con la società.

Se Nicola è giunto a compiere un gesto così dirompente è perché è evidente che volesse dare una scossa e fare in modo che emergessero in maniera chiara e trasparente i problemi che ci sono. Il nostro compito ora è fare di quelle ragioni un’opportunità per uscirne migliori, per dare alle persone un partito che si lasci permeare sempre di più dalle loro istanze e che sappia interpretarle, rappresentarle, combattere per esse.

Abbiamo la necessità di affrontare le dinamiche di battaglie intestine tra le aree culturali e politiche che invece di rappresentare la ricchezza del pluralismo rischiano di cristallizzarsi in correnti in lotta per il potere. Abbiamo attraversato un anno difficilissimo, ci siamo trovati immersi in una situazione che nessuno avrebbe potuto immaginare, ma in tutto questo tempo abbiamo saputo dimostrare, e stiamo dimostrando con la partecipazione al Governo Draghi, responsabilità e capacità di fronteggiare una situazione drammatica, che richiede decisioni tempestive, per arginare il contagio e dare sostegno e supporto economico.

Con il secondo Governo Conte siamo stati in grado di spingere l’Europa a essere più solidale e recuperare il senso originario della sua unità. Siamo riusciti a caratterizzare l’azione di tutto il governo in senso europeista e al contempo a far ritrovare la fiducia nell’Unione Europea a tante italiane ed italiani che erano stati sottoposti per anni alla litania dell’Europa cattiva e nemica delle persone, che la vedevano come lontana e incapace di influire, se non negativamente , sulla vita delle persone. Abbiamo ribaltato questo visione e percezione. Non era scontato. E abbiamo il dovere di rivendicarlo.

Perché se oggi il Paese ha una via d’uscita dalla crisi sociosanitaria ed economica anche è soprattutto grazie al ritorno dell’Italia al centro della scena europea. E risultato di questa battaglia sono il Next Generation Eu, il fondo Sure, i Paesi d’Europa che si fanno carico non solo dei propri problemi ma anche di quelli degli altri, in senso solidale, cooperativo e collettivo.

La pandemia, la tragedia che ne consegue, i morti che ogni giorno ci consegnano le statistiche impietose, la sofferenza di tatissime famiglie, uno Stato che fatica a riorganizzarsi per fronteggiare le sempre maggiori fragilità delle persone e delle nostre piccole e medie imprese, un modello di sviluppo che non riesce a riadattarsi alla terribile sfida di questi giorni. Non sono semplicemente le polemiche interne, ma è il vissuto di questo ultimo anno che ci pone grandi domande su chi e cosa vogliamo e possiamo essere. È il momento di definire con chiarezza l’anima e l’identità del nostro partito, e conseguentemente di un nuovo modello di sviluppo e di società, che sappia coniugare l’idea di occuparsi delle persone più fragili per non lasciare nessuno indietro con la crescita economica e la lotta ai cambiamenti climatici. Il tempo è adesso.

Possiamo essere il partito che coniuga crescita economica e redistribuzione della ricchezza senza apparire ambigui e incerti? Le disuguaglianze crescenti, la disoccupazione che grava su giovani e donne ci impongono di investire nella creazione di nuovi e dignitosi posti di lavoro. C’è dinanzi a noi la possibilità di affrontare la sfida dell’innovazione tecnologica e dell’automazione in modo da liberare risorse e creare nuove opportunità.
Va colta questa sfida per orientarla e metterla al servizio delle persone. Possiamo essere il partito dei diritti civili e dei diritti sociali al contempo senza farci dipingere come coloro che si dedicano solo ai primi?

Diciamolo che noi sappiamo occuparci di entrambe le cose senza sacrificare l’una all’altra.
Siamo il partito del salario minimo, della transizione ecologica, dello ius soli e dello ius culturae, il partito che vuole investire sulle infrastrutture sociali, sull’istruzione, sulla cura, sull’occupazione delle donne. Vogliamo essere il partito che dice al Governo e nel governo che rivendichiamo la misura dei congedi parentali ma che il 50 per cento della retribuzione è poco e impoverisce soprattutto le donne e che se si potrarrà la chiusura delle scuole dobbiamo aumentarlo e metterci più risorse?

Bisogna saper essere il partito che si distingue e che fa la battaglia per i tre mesi di congedo paterno obbligatorio. Che fa atti concreti dentro e fuori di sé per favorire l’empowerment femminile. Che riesce a far percepire all’esterno che la lotta dei rider è la nostra. Che siamo stati e siamo al loro fianco. Siamo coloro che hanno voluto che le persone portatrici di disabilità insieme loro familiari e caregiver avessero la priorità nella vaccinazione. Siamo quelle e quelli che hanno abolito i decreti sicurezza e che difenderanno questa vittoria di umanità con le unghie e con i denti. Siamo quel partito i cui europarlamentari sono andati a Lipa e che lotta affinché non venga rimossa l’attenzione su ciò che là accade. I nostri circoli hanno raccolto aiuti per chi è bloccato in quelle condizioni disumane. E questo non significa dimenticarsi di altre urgenze perché allo stesso modo i circoli hanno aperto le loro porte a chi non ha fissa dimora e hanno sostenuto reti di solidarietà per chi era in difficoltà durante tutta la pandemia.

Lo diciamo con forza che senza di noi il paese non sarebbe a un passo dal dotarsi di una legge contro l’omotransfobia e la misoginia? Che ristori, reddito di emergenza, aiuti per gli autonomi e i precari sono stati il frutto di una battaglia per non lasciare indietro nessuno? Che abbiamo chiesto investimenti importanti nelle reti sociosanitarie e nella medicina territoriale?

Noi siamo coloro che hanno presentato la legge per la parità salariale e un’altra che metta fine allo sfruttamento degli stage per rendere l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro davvero formativa e dignitosa affinché non siano costretti a migrare per cercare lavoro e dignità altrove. E su quest’ultimo punto mi soffermo per raccontarvi come è andata. È andata così. Un gruppo di ragazze e ragazzi di Milano si sono confrontati sulle esperienze di lavoro che stavano facendo, lavoro non lavoro perché lo stage non è un lavoro, non prevede un contratto, dovrebbe essere formativo , ma spesso non lo è e non dà tutele. .
Le ragazze e i ragazzi in questione si sono messi a pensare insieme, qualcuno apparteneva ai giovani democratici qualcun’altra no, e hanno dato vita a una proposta di riforma del mondo del lavoro.

Le loro idee sono diventate proposta di legge presentata in Parlamento. Si è fatto quello che dobbiamo fare sempre di più, innescando processi di coinvolgimento dal basso all’alto, rendendo i circoli sempre più luoghi aperti alla società civile, dove si può formare coscienza critica e dove ci si può mettere al servizio delle proprie comunità. Circoli come luoghi di partecipazione, dove si sappia che si può ambire a creare anche le basi per una proposta di legge che arrivi in Parlamento. Questo deve saper essere un partito di sinistra veramente riformista e democratico, che possa essere perno di un campo europeista e progressista alternativo alla destra. Un partito che sappia dialogare dentro e fuori, tessere relazioni, alleanze, fare battaglie collettive, essere aperto ed inclusivo e valorizzare tutto quanto di virtuoso esiste già, ma che spesso resta offuscato.

Il partito dei militanti che partecipano ai processi decisionali, non delle correnti, il partito delle sindache e dei sindaci che sono in prima linea ad aiutare le comunità, le attività in difficoltà.

Un partito di lotta e di governo. Il partito che fa il women new deal, insieme a tante donne e associazioni che non ne fanno parte, che sappia praticare una politica femminista. Che sia all’altezza di costruire una società più giusta per tutte e tutti che metta al centro le persone, cambi radicalmente il paese e il modello di sviluppo per superare le disuguaglianze territoriali, generazionali e di genere. È un’ambizione troppo grande? No perché molto di questo esiste già dobbiamo solo farlo emergere e farlo diventare protagonista. Non c’è tempo se non per discutere e decidere in fretta, insieme alla nostra comunità e ciò che sta fuori ma vicino a noi e con noi, dell’idea di mondo che vogliamo presentare al Paese per i prossimi anni. Lo faremo nei prossimi giorni senza sosta nei territori e ci ritroveremo a discutere in questa sede tra due settimane.

È il momento di trovare le ragioni dell’unità dello stare insieme attorno a un’idea chiara e netta di società, che possa distinguersi nell’azione del governo di cui oggi facciamo parte, che possa far immaginare un domani a chi oramai ha perso ogni speranza. Il modo migliore per ringraziare Nicola Zingaretti per tutto quello che ha fatto per e con noi è continuare su questa strada con perseveranza. Questo è l’augurio più grande che posso fare al chi prenderà le redini della segreteria del partito e a tutta la nostra comunità: che da domani insieme ci batteremo con coraggio, lealtà e passione per far tornare la politica al suo senso più alto. Quello di costruire un mondo migliore di come lo conosciamo.

Grazie ancora a Nicola e buon lavoro a tutte e tutti noi.