Ho apprezzato il discorso che ha costituito l’inizio del percorso di Enrico Letta alla guida del Partito Democratico per molte ragioni, non ultima l’urgenza avvertita e manifestata di rafforzare l’identità del Pd. In questo ambito è stata a mio parere particolarmente azzeccata la scelta di citare tra le parole d’ordine la transizione ecologica, il contrasto al cambiamento climatico, un più attento rapporto con la scienza.
Anche in questo c’è un’evidente continuità con Nicola Zingaretti, con un salto di qualità alla luce delle nuove condizioni: per questo rendere esplicite quelle parole d’ordine in un discorso programmatico ha un valore rafforzato. L’anno che ci separa dall’inizio della pandemia ha contribuito a portare in primo piano le priorità citate, da un lato facendo emergere tutti i rischi per la salute e la sopravvivenza della specie umana che derivano da un modello squilibrato di sviluppo, dall’altro evidenziando la necessità e l’irrinunciabilità, in termini di cura e prevenzione, della frontiera tecnica e scientifica.
Il Pd, nella sua naturale contrapposizione alle destre, non poteva e non può che reclamare a voce ancora più alta l’impegno per l’ambiente e la promozione e la difesa della scienza e della ricerca. In special modo quando, anche nei momenti di maggiore sbandamento, il sovranismo di tutto il mondo continua a fare della loro negazione una bandiera.
La battaglia che in maniera molto sintetica si può definire per l’ambiente ha del resto ormai cessato – anche per questo aspetto la pandemia ha costituito un fattore di accelerazione – di essere la ragione di impegno di una parte, delegata all’associazionismo e a una frazione della società e della cultura. Nel momento in cui, vengo alla mia proposta, si riconosce l’assoluta centralità della questione della transizione ecologica, nel momento in cui cioè si comprende che da essa dipende il futuro dell’umanità e diviene il riferimento principale del programma di rilancio dell’Unione europea (e non solo), credo che sia naturale che un partito come il Pd che decide di basarvi l’identità lavori perché abbia successo; ma non solo facendola propria, come è giustamente già avvenuto, ma anche occupandosi di rinsaldare un fronte più ampio possibile.
La mia proposta al nuovo segretario è che il Partito Democratico promuova la costituzione di un intergruppo politico per la transizione ecologica. Ne potrebbero far parte, oltre al Pd, il Movimento Cinque Stelle, gli altri partiti della sinistra, i movimenti delle Sardine e dei Fridays for Future, le associazioni di categoria e i sindacati, le associazioni ambientaliste e femministe (le due sfide sono molto legate), il comitato guidato da Carlo Cottarelli a lavoro per un “Programma per l’Italia” ed altri. Insomma una fisionomia di Forum per elaborare idee per il Recovery Plan in serrato dialogo con il Governo ed in particolare con i Ministri che partecipano al “Comitato interministeriale per il coordinamento delle attività concernenti la transizione ecologica”; ma soprattutto un luogo che incida nel dibattito culturale, nella coesione sociale e nella partecipazione democratica. Perché la transizione ecologica (che non dovrà lasciare indietro i più deboli, perciò è fondamentale che se ne faccia carico la sinistra) non potrà mai esserci se si fa esclusivo affidamento a norme e finanziamenti. Occorre che cresca una consapevolezza larga e partecipata, un dibattito pubblico informato e un patto tra popolo, buona politica e scienza.