Si scrive vaccino, si legge geopolitica

Siamo ad un anno preciso dal primo lockdown in Italia per via dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19. Le nostre vite sono state stravolte in tutte le declinazioni. Nulla è uguale a prima, tranne la Geopolitica.

La diplomazia e l’esercizio del soft power sono da sempre punti cardine delle potenze mondiali, anzi si è potenza mondiale solo se si è in grado di sfruttare ogni occasione e ogni pretesto per aumentare la propria sfera di influenza e screditare il competitor. Anche in questi tempi di pandemia la Geopolitica non si è fermata, anzi, ha semplicemente cambiato forma, come fa sempre.

Il siero contro la nuova forma di SARS è diventata la nuova merce per imporre e consolidare la propria potenza, ma anche per ripulirsi politicamente agli occhi di molti paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo. Si punta proprio a questi, perché aggredibili economicamente per renderli moderni vassalli, immettendoli nella propria cerchia di paese “amico”.

Il 2021 è un anno importante per il popolo cinese, non solo perché è l’anno del Bue che simboleggia determinazione, forza d’animo e laboriosità, ma anche perché il 21 luglio si festeggeranno i primi 100 anni della fondazione del Partito Comunista Cinese. Tutti questi auspici sono ben visti dalla dirigenza di Xi che cercherà appunto di sfruttare al meglio il vantaggio competitivo dovuto dalla fine della pandemia in Cina per superare gli USA nel primato come leader economico mondiale. A conferma di ciò basta leggere la relazione del piano quinquennale 2021-2025 del premier cinese Li Keqian per i lavori annuali del Congresso nazionale del popolo, che addirittura prevede il sorpasso nel 2028, quindi due anni prima del preventivato.

Sappiamo tutti la cronistoria della diffusione del virus, ma meno si è saputo da quando si è palesato il problema nel continente europeo o meglio eravamo presi alla nostra di cronaca, ma la Cina non si è fermata. A dicembre è stato lanciato ufficialmente il programma di vaccinazione per il periodo invernale e primaverile per i gruppi chiave: chi lavora nelle dogane, chi nella catena del freddo (prodotti alimentari surgelati), gli operatori sanitari e chi lavora nel trasporto pubblico, fondamentale per metropoli con anche più di 20 milioni di abitanti. Questa rapida diffusione, che ha portato ad avere all’oggi meno di cinque casi al giorno in tutto il paese.

Il tutto è stato facilitato dalla “semplicità” del vaccino, in quanto la tecnologia utilizzata si basa sulla classica tecnica del virus inattivo, che è anche molto meno costosa rispetto alla terapia genetica. In più va aggiunto che il trasporto può avvenire anche a temperature sopra lo zero, cosa impossibile per i vaccini “occidentali”.

Oltre ad elementi tecnici, ci sono quelli più politici: i cinque vaccini cinesi sono stati autorizzati con molta facilità dalle autorità competenti locali e testate sui soldati fedeli alla Repubblica Popolare già poche settimane dopo il lockdown della città di Wuhan. Ciò ha permesso una sperimentazione immediata già nelle prime fasi degli studi.
Il rischio valeva la candela? Dove qui il rischio era la morte di persone “volontarie” e la candela era l’inizio dell’immunizzazione di massa. Per il PCC la risposta è stata super affermativa. In Occidente una tecnica simile sarebbe stata bollata come immorale.
La strategia è ovviamente quella di riprendere velocemente il cammino glorioso del Nuovo Sogno e della Nuova Via della Seta, anzi sfruttare la debolezza di paesi decadenti per acquistare nodi e infrastrutture strategiche a prezzo scontato.

I primi paesi che hanno beneficiato della diplomazia dei vaccini cinese sono stati paesi asiatici che con gli Stati Uniti hanno da sempre avuto un occhio di riguardo, anche e soprattutto per paura dell’espansione cinese. Ad esempio, le Filippine, il Myanmar e la Malaysia, ma anche alleati storici come Vietnam, Laos, Cambogia e Nepal.
Le commesse più grandi sono state fatte dall’Indonesia che ha ordinato il vaccino Sinopharm per un totale di 3 milioni di dosi, mentre la Thailandia utilizzerà il Sinovac, altro vaccino made in China.

Come la Russia, anche la Cina punta il continente europeo, tant’è che in Serbia sono già arrivati due lotti da un milione di dosi. Anche Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca si sono interessati del vaccino cinese. Addirittura, nel paese di Orban il 32% dei vaccinati ha utilizzato la dose Sinovac.

A rincarare la dose è stato lo stesso imperatore celeste Xi Jinping che ha più volte dichiarato che il vaccino cinese sarà un “bene pubblico globale”, anche per contrapporsi alla chiusura degli USA, che è stata assoluta con Trump, ma anche con Biden non sembra emergere così facilmente.

Ovviamente il danno di immagine legato al coronavirus per la Cina è stato enorme, sia perché è il luogo in cui tutto è nato, ma anche per i ritardi nella comunicazione e il trattamento dei medici “dissidenti” che hanno dato per primi la notizia senza il beneplacito del Partito. La strategia, quindi, è quella di invertire la narrazione e presentare la Cina come la soluzione al problema e non la causa. L’interruzione dei finanziamenti USA all’OMS è stato un assist perfetto per Pechino, che ha sfruttato il tutto per egemonizzare le attività dell’organismo e l’ingresso di medici internazionali sul suolo della Repubblica Popolare è stata vista come una grande apertura e sicurezza della propria discolpa.

Questa nuova verginità politica cinese verrà usata da Xi e da tutto il gruppo dirigente comunista per continuare la cavalcata contro l’eurocentrismo e l’atlantismo attraverso il soft power, o meglio, attraverso l’imposizione della propria ingombrante presenza, in quanto per numeri di popolazione e di economia non si può fare altrimenti se non dialogare con il PCC.

Negli scritti del presidente cinese si legge fin dal 2013 che non sono intenzionati a comandare con il “baquan” (egemonia del dominio), ma con il “lingdaoquan” (egemonia come direzione) e un punto fondamentale di ciò è sicuramente la conquista culturale prima ancora di quella economica, perché si potrà essere anche la prima potenza per PIL al mondo, ma essere il paese guida significa essere il luogo cui si aspira a diventare o da cui essere protetti.

La diplomazia del vaccino è come una partita di scacchi, molto simile a quella scena famosissima de “Il settimo sigillo”, letteralmente un gioco con la Morte.
Il vaccino è solo uno dei tanti modi che ha la Cina per entrare in Europa, ma questo è il più plateale per affermarsi come vincitrice contro i due virus che esistono per il PCC: il Covid e la Democrazia occidentale, che ostacola da troppo tempo l’affermazione cinese sullo scacchiere mondiale.

Sarà questo lo scacco matto?