E questo impedisce la conoscenza reciproca tra comunità che vivono accanto, a scuola, nel gioco dei figli, nei posti di lavoro ma restano perfetti estranei.Per esempio, chi sa in quante famiglie di immigrati c’è una grande volontà di integrazione? Dentro case che noi non conosciamo ci sono figli che parlano italiano, magari in dialetto, e che insegnano ai genitori a vivere in Italia e genitori che si lasciano guidare. Quella di Saman è un caso estremo. Quello di una famiglia che rifiutava l’integrazione.
E non ci può essere integrazione vera, pacifica, se la politica italiana non fa dei passi importanti verso queste comunità, soprattutto nei confronti delle seconde generazioni.
Naturalmente – specifica Karima Moual – un grande problema ce l’ha anche l’Islam italiano. C’è il paradosso di persone aperte, riformiste che vengono da paesi meno chiusi come il Marocco e arrivati qui fanno dei passi indietro. La responsabilità è anche delle organizzazioni islamiche italiane che hanno paura di prendere posizione su temi controversi, dentro l’Islam, come i matrimoni misti, l’omosessualità, l’apostasia.
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