“Ieri mattina nella foresta tra Bielorussia e Polonia la polizia di Minsk ha rastrellato circa 3.500 migranti, soprattutto dal Medio Oriente, e li ha ammassati davanti al valico di frontiera. La striscia di asfalto di solito è chiusa da una semplice sbarra bianca e rossa, ma visto il rischio di questi giorni, l’effetto dissuasore è stato rafforzato da una consistente matassa di filo spinato.
I doganieri polacchi sostengono che i colleghi bielorussi dall’altra parte del confine abbiano fisicamente aiutato i migranti a tagliare la barriera perché sfondassero in massa verso la Polonia e quindi verso l’Unione Europea. I polacchi a loro volta hanno usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Peccato che nel pomeriggio di ieri a Bruzgi il termometro non abbia superato i 5 gradi centigradi e di notte sia sceso sotto zero.
Chi è stato annaffiato avrà cercato di asciugarsi al fuoco, ma nella notte ha comunque rischiato l’assideramento. I morti (dichiarata dalla Polonia) per ipotermia in questi 9 giorni di crisi sono stati uno al giorno. Dopo l’uso dei cannoni ad acqua, non si sa”.
In queste parole, che abbia preso in prestito dal racconto di Andrea Nicastro pubblicato dal Corriere della Sera, c’è l’essenza della drammatica crisi che sta colpendo ormai da giorni il confine tra Polonia e Bielorussia ed è già diventata una crisi umanitaria e politica fuori controllo. Una crisi politica che riguarda i due Paesi, certo, ma che coinvolge l’Europa, la Russia, per certi versi anche gli Stati Uniti. E per capire cosa c’è dietro questa crisi devastante abbiamo chiesto aiuto a Dario Fabbri, analista geopolitico, giornalista e nota firma di Limes.
A cura di Stefano Cagelli
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