La tutela della proprietà intellettuale oggi sovrasta la tutela dell’accesso alla conoscenza come bene pubblico globale. Ne derivano una forte concentrazione del controllo sulla conoscenza, prezzi monopolistici e l’esclusione dai servizi di moltitudini di persone, una distorsione delle innovazioni e un freno alla loro diffusione. Si tratta di gravi lesioni della giustizia sociale, specie nei campi della salute, come divenuto eclatante con la pandemia, e della transizione digitale ed ecologica.
Cambiare è possibile. Il Forum Disuguaglianze e Diversità ha intrapreso due strade per farlo. La prima proposta affronta le carenze del Trattato TRIPs (Trade-Related aspects of Intellectual Property rights) con cui i diritti di monopolio, riconiati come diritti di proprietà intellettuale, hanno acquisito uno status simile alla proprietà privata di un immobile. L’assoluto rispetto del Trattato è diventato per gli stati nazionali condizione indispensabile per partecipare agli scambi internazionali. Il risultato è stata una profonda mutazione del capitalismo.
Si pensi che la percentuale dei cosiddetti intangibili (brevetti, trade-mark copy-right progetti industriali ecc.) nel capitale delle 500 imprese più importanti del mondo è passata dal 17% nel 1975 al 90% nel 2020. Il ForumDD propone una riforma che permetta di rilanciare una scienza pubblica intesa come bene comune di tutto il genere umano.
A questo scopo, oltre a modificare lo status dei diritti di proprietà e di accesso alla conoscenza, viene stabilito un livello di investimento minimo in scienza aperta per tutti gli Stati mettendo così fine a una distruttiva concorrenza sleale fra nazioni e viene istituita un’autorità internazionale che stabilisca quando l’interesse pubblico prevale sulla proprietà privata intellettuale (come nell’articolo 41 della nostra Costituzione, appena rilanciato e rafforzato dal nostro Parlamento).
La seconda proposta parte dalla costatazione che gli investimenti pubblici in scienza aperta vengono facilmente sfruttati da imprese che brevettano gli ultimi passaggi del processo innovativo. Negli USA, ad esempio, per ciascuno dei 210 nuovi farmaci approvati il governo ha finanziato la ricerca con oltre 840 milioni di dollari di fondi pubblici (per ciascuna singola nuova molecola), probabilmente il 50% del costo, ma contribuenti e pazienti non hanno partecipato poi ai profitti dei farmaci brevettati. Questo è successo su grande scala sotto i nostri occhi per i vaccini Covid-19 finanziati con 18 miliardi di dollari di soldi pubblici, senza porre un tetto ai prezzi, obblighi su distribuzione o licenze di produzione nei paesi a basso reddito.
Proponiamo quindi di costruire imprese pubbliche europee che, praticando politiche di prezzo sostenibili e accessibili, usino la conoscenza prodotta per controbilanciare i grandi monopoli tecnologici privati, restituendo così alle persone il valore di ciò che è prodotto grazie alle proprie imposte. I settori saranno quelli dove è massima l’urgenza di assicurare la giustizia sociale. In particolare nella ricerca biomedica è stata di recente presentata al Parlamento Europeo la proposta di creare un’infrastruttura europea per i farmaci nel segno dell’innovazione intesa come bene pubblico globale.
Le imprese private collaborerebbero in qualità di fornitrici, rinunciando alle esclusive brevettuali. Ipotesi analoghe potranno essere configurate per creare poli pubblici europei per accompagnare le transizioni digitale ed ecologica. Con la pandemia Covid-19 distorsioni e comportamento opportunistico degli stati sono stati eclatanti nella vicenda sulla sospensiva dei brevetti che avrebbe permesso di vaccinare in modo massiccio anche nei paesi del sud del mondo. L’urgenza di agire nelle direzioni richiamate è evidente.
Le Agorà Democratiche ambiscono a essere uno dei più grandi esperimenti di democrazia partecipativa del Paese. Il modello delle Agorà Democratiche integra la dimensione fisica con quella digitale: dagli incontri tra persone emergeranno proposte concrete da discutere poi online sulla piattaforma.
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