L’Officina delle Biciclette di Casa Jannacci, un’esperienza di impresa sociale e sostenibile
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Oggi, che ci poniamo il problema di riavviare esperienze di imprenditorialità diffusa, a basso impatto ambientale e con costi di avvio contenuti e sostenibili, riteniamo utile proporre la esperienza della Officina delle Biciclette di Casa Jannacci a Milano, come esperienza di economia circolare, incubatore di imprenditorialità ed integrazione di soggetti fragili.

Dal maggio 2014 la Associazione MiRaggio (grazie ad una convenzione con l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Milano) opera all’interno della Casa dell’Accoglienza Enzo Jannacci. MiRaggio è una associazione culturale con oltre 15 anni di attività, avviata come Ciclofficina sociale, che ha poi generato come “spin off” una società commerciale a pieno titolo. L’Associazione ha proseguito con attività formative presso scuole, comunità ed – in generale – contesti di fragilità sociale, in cui imparare la cura del proprio mezzo di trasporto diventa strumento di auto-promozione ed educazione a stili di vita sobri e socialmente responsabili.

L’Officina è integralmente finanziata con risorse proprie messe a disposizione dalla Associazione Miraggio. Tali risorse sono generate tramite le due gambe della attività, formazione e meccanica: iniziative formative in collaborazione con Istituzioni Pubbliche o Private e attività verso gli utenti privati esterni.

La Officina delle Biciclette di Casa Jannacci della Associazione MiRaggio rappresenta una esperienza di impresa sociale innovativa e sostenibile, che offre agli ospiti della Casa una occasione di promozione sociale e nel contempo propone un servizio alla cittadinanza di “usato sicuro e legale”, che va a soddisfare la domanda di mobilità sobria, economica ed ecologica. La caratteristica principale della associazione è di fare formazione nell’ambito di una reale attività imprenditoriale, rivolta a clienti paganti: non ente assistenziale, ma impresa sociale che opera sul mercato libero. Inoltre l’Officina contribuisce anche a livello comunicativo e d’immagine a connotare diversamente, rispetto al passato la Casa dell’Accoglienza: non più dormitorio, ma struttura polivalente che si apre alla città.

I corsi di formazione sono rivolti agli ospiti di Casa Jannacci e di altri Centri di Accoglienza Straordinaria in zona, minori non accompagnati in affido a comunità, adolescenti seguiti da cooperative presso centri diurni ed utenti singoli inviati dai Servizi Sociali del Comune. Gli utenti della formazione si trovano pienamente inseriti nell’attività quotidiana di recupero e riparazione: affrontano le richieste del pubblico pagante e respirano immediatamente la natura di servizio al cliente che MiRaggio cerca di praticare. La formazione si svolge secondo un piano didattico ormai pienamente sperimentato: nomenclatura della bicicletta (attenzione alle competenze linguistiche e relazionali), riparazioni semplici e quando possibile anche operazioni più complesse. Le lezioni vengono effettuate su biciclette degli utenti (se disponibili) o su bici da recuperare messe a disposizione di MiRaggio, o di clienti esterni.

L’Officina offre un servizio di recupero e rimessa in strada di biciclette abbandonate (raccolte presso privati, condomini e donatori in genere) e riparazione per clienti esterni. Oltre agli utenti della Casa dell’Accoglienza e dei diversi centri per richiedenti asilo della zona, utilizzano quotidianamente i servizi dell’Officina anche cittadini della zona con limitata capacità di spesa e cittadini sensibili all’usato legale sicuro e solidale.

La Officina – in conclusione – fornisce un servizio qualificato e competitivo, che pienamente si inquadra nel processo di “start-up” di una impresa sociale. L’imprenditore sociale può vincere la scommessa del lavoro “dall’interno” in un contesto di fragilità sociale, creare una rete di cittadini italiani e stranieri per “aiutare” il quartiere, che rileva problematiche e criticità e valorizza le ricchezze? L’esperienza MiRaggio dice di sì, se matura ed evolve da pratica dell’assistenza a motore di risorse ed avvio di percorsi in autonomia. La associazione sperimenta un processo partecipato e condiviso di auto-valutazione dell’impatto sociale: a parte l’ovvia esigenza di “misurare la propria prestazione”, la valutazione dell’impatto sociale può funzionare da vaccino contro l’autoreferenzialità, diventare lievito di analoghi processi di auto-promozione, che contagiano positivamente e trasformano il contesto di riferimento.

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