Dopo uno Stato d’eccezione, uno Stato eccezionale
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Premetto che per immaginare ciò che avverrà bisogna prima pensare che non sarà uguale a prima.

Mi affiderò alcune volte alle tesi di Chomsky, rilasciate in un’intervista per il mondo dopo la pandemia.

Non sappiamo ancora come sarà la configurazione geopolitica del potere. “Questo dipende dai giovani. Dipende dalla reazione della popolazione mondiale”. Chomsky si riferisce al fatto che nelle democrazie la ripartenza sarà dettata dalle esigenze e necessità della popolazione, ma non esclude ci possano essere derive autoritarie. La propaganda per la ripresa post-virus in alcuni paesi verrà strumentalizzata per occultare processi anti-democratici. Si auspica quindi che l’Italia svolga un ruolo attivo e protagonista nella denuncia dei regimi repressivi, attraverso le vie diplomatiche e la cooperazione internazionale. Le crisi umanitarie potranno verificarsi in maniera indelebile e non possiamo perdere quindi la dimensione globale di cui ognuno di noi ha fatto esperienza.

Non c’è niente di sbagliato nella globalizzazione in sé. “Ha però anche portato a una forma di economia molto fragile, basata su un modello di business di efficienza, facendo le cose al minor costo possibile”, dice il filosofo. Che ruolo deve avere ora lo Stato? In questo periodo si sono potuti contraddistinguere positivamente gli individui, da coloro che operano nei territori più ristretti a quelli che rivestono i ruoli più importanti, che sono pronti a spendere tempo e risorse in nome della solidarietà, valore fondamentale per il nostro paese. Prezzo del cibo, tutela delle famiglie, controllo nelle filiere produttive, il lavoro sottopagato, la miseria, la disparità di ricchezza, i temi sono molteplici. La globalizzazione neoliberista ha arricchito le persone più ricche e messo un enorme potere nelle mani di corporazioni e monopoli. Si necessita quindi di una generale riflessione attorno alla domanda: il nostro Stato è sufficientemente solidale, allo stesso modo degli individui virtuosi del nostro paese?

Perché è necessario il cambiamento verde? Come si conviverà con il virus, così si dovrà convivere anche con l’ambiente. Dopo questo Stato d’eccezione, la mia impressione è che il popolo non temerà i governi che intervengono in modo diretto e forte per scongiurare i disastri ambientali. “Nel bel mezzo della pandemia negli USA sono state eliminate norme che limitavano l’emissione di mercurio e di altre sostanze nocive. Questo significa uccidere e distruggere l’ambiente”, ci avverte il linguista. È il momento per rivitalizzare l’intero sistema e costruire una civiltà ecologica tramite investimenti in energie rinnovabili con soluzioni win-win, ammodernamento degli impianti produttivi, soluzioni al malcontento degli abitanti delle aree urbane densamente popolate per gli alti livelli di inquinamento, incremento dei trasporti urbani a emissioni zero. Anche la giornata lavorativa ridotta impatterebbe. Così come lo sviluppo e mantenimento dello smart-working, che ci ha fatto ricordare che l’individuo va oltre la sua sfera lavorativa. Le soluzioni sono note. Il “green new deal” deve passare come essenziale per la sopravvivenza.

Una parte lesa del corpo cittadino sarà la classe dei giovani non ancora inseriti nel mondo lavorativo. Si rischia una tendenza a un calo degli universitari. Per questo una classe che richiede strumenti per reinventarsi necessita di un adeguato sostegno. L’università gratuita è un’utopia magnifica, che tuttavia è applicata in un vasto numero di paesi, in modalità diverse. “E l’istruzione universitaria gratuita? Ovunque… Finlandia, Germania, Messico… ovunque”, ironizza Chomsky. A questo si collega un altro tema: la ripopolazione dei luoghi di aggregazione come cinema, teatri e biblioteche. Analizziamolo per una delle possibili strade laterali: in questo momento la pirateria digitale, soprattutto riguardo l’editoria, è alle stelle, basandosi sui dati forniti dal Ministero dei Beni Culturali. Ci vogliono strumenti efficaci di repressione e incentivi a usare i servizi gratuiti. A latere poi, anche per questo motivo, la scuola dovrebbe avviare e rendere obbligatoria l’educazione digitale, unita all’educazione civica, di cui si è già tanto parlato.

La prima pagina di Mille e Una notte racconta di Sinbad il facchino, mentre, stanco dal peso del suo carico, si ferma a riposare. Questo testo non rispecchia appieno la nostra tradizionale cultura religiosa e letteraria, tuttavia lo cito per ricordare l’importanza secolare che hanno i facchini, senza paura di usare questo termine che ultimamente sembra aver attirato su di sé una coltre di negatività, nella nostra società e nell’esercizio del loro mestiere. La rete invisibile di trasportatori singoli va aumentando, e aumenterà sempre di più. Pertanto esigono, da questo momento in poi, un piano di controllo preciso e lungimirante. Non propongo di istituire il Ministero dei Facchini, tuttavia si potrebbe pensare a un’assunzione di un corpo di riders statali, per creare posti di lavoro e tutele maggiori. Certo, lo Stato interferirebbe con nella sfera dei privati, tuttavia per questa categoria forse è il caso di farci un pensiero. In più sono quelli che nelle grandi città usano di più la bici.

Ora passo al mio ambito artistico. Premetto che la attuale legge del cinema, voluta dal Ministro Franceschini, è solida e innovativa. Tuttavia la produzione di serie televisive ad oggi è dominata dai gusti americani. Rispolverando il Cinema Italiano Contemporaneo di Brunetta, mi accorgo come in certi periodi della stagione cinematografica, lo Stato abbia avuto un ruolo a volte più importante dei produttori. Attorno agli anni ’60, per esempio, si è prestata molta attenzione, economica e non solo, ai prodotti audiovisivi di interesse nazionale. In quel periodo sono stati infatti narrati i massimi avvenimenti della storia e della letteratura, come l’Odissea, Eneide, Cristoforo Colombo, Marco Polo, Socrate, Cartesio, Ercole, i Gladiatori, la figura di Cristo. Ciò permise di avere i grandi registi alla televisione di stato: Fellini, Bertolucci, Bellocchio, Rossellini, Antonioni, Pasolini e altri. Abbandonando scopi politici, concentrandoci solo su didattici e spettacolari, sarebbe interessante convogliare gli investimenti statali a lungo raggio in prodotti di questa portata, per la morale e la crescita intellettuale della popolazione. Insomma, grandi storie per grandi momenti. Inoltre bisogna incentivare il lavoro di scoperta e reclutamento giovani.

Nella letteratura cinese è molto frequente l’immagine del sacrificio dell’individuo per la collettività. E per noi? Che cosa vuol dire essere italiano? Si sventola la bandiera con gioia, a volte senza sapere che cosa significhi. Ecco un’idea che può risultare controversa e discutibile: un Kit, alla stregua delle scorte di cibo in dotazione a un militare o dei pacchi con gadget inviati dai brand ai clienti migliori, che contiene una summa dell’italianità da spedire ai singoli e ai nuclei familiari. Che cosa contiene questo kit? In linea di massima potrebbe avere una bandiera tricolore, una Costituzione stampata, un libro sulla Resistenza, una raccolta di poeti italiani, etc. Che cosa ci rende italiani? Benedetto Croce? Leopardi? I vangeli? La storia di Elsa Morante? Ovviamente il contenuto dev’essere studiato al millimetro. È un gesto dispendioso, inutile ed estremamente patriottico. Tuttavia potrebbe essere un unicum, che funga da ricordo della fine della pandemia e da manuale contro l’ignoranza. Penso soprattutto agli studenti e a coloro che non potrebbero permettersi queste spese, considerate aggiuntive, e invece, a mio avviso, fondamentali.

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