Le ragazze salveranno il mondo. Ora più che mai
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“Non possiamo tornare alla normalità, perché la normalità era il problema”.

Dovremmo ripetercelo come un mantra, respirando, facendo in modo che ad ogni ripetizione il messaggio arrivi un po’ più in profondità, a smuovere un pezzetto in più di ragionamento, di intuizione, di comprensione.

Eppure sono molti (troppi!) quelli che stanno già scaldando i motori (rigorosamente alimentati a combustibili fossili), brandendo la crisi come un’arma che consenta di farsi largo tra “lacci e lacciuoli” di legalità, norme ambientali, ipotesi “di lusso” come il green new deal.

Qualcuno è arrivato a parlare di condoni edilizi e pace fiscale. Come se la storia non ci avesse insegnato proprio nulla, come se non avessimo pagato già un prezzo incredibilmente alto a causa dei “furbi”, in barba al bene della collettività, che rimane mero oggetto di saccheggio.

Eppure la crisi ci ha svelato, senza lasciare spazio a dubbi o alibi, proprio tutte le nostre fragilità.

Abbiamo scoperchiato tutti i limiti di una sanità pubblica dalla quale si è continuato sistematicamente a disinvestire, tagliando posti letto e posti di lavoro, distruggendo presidi territoriali e il principio stesso di “salute circolare”, fatta anche di salubrità e prevenzione, di cui così bene parla la virologa di fama internazionale (scappata a gambe levate da un’Italia che non l’ha saputa difendere dalla macchina del fango) Ilaria Capua.

Abbiamo visto le diseguaglianze esplodere, a partire da chi è stato abbandonato tra le mura domestiche a gestire situazioni di fragilità, disabilità, malattia e disagio sociale, passando per chi ha perso ogni possibilità di mettere assieme il pranzo con la cena, fino a chi ha dovuto dividere un computer solo, magari con una connessione lenta, tra lavoro agile e scuole a distanza.

Dall’assenza di prodotti come mascherine, guanti, respiratori, dall’ “improvvisa” necessità di lavoratori regolari nei campi e di personale qualificato in settori strategici abbiamo capito che, forse, la strategia industriale di un Paese si dovrebbe fondare su considerazioni relative alla capacità di approvvigionamento di beni primari e alla presenza di strutture e infrastrutture produttive che ci rendano più resilienti.

Abbiamo notato, all’improvviso, quanto senza il “temibile” terzo settore e senza il patrimonio costituito da quei “buonisti” che si dedicano al volontariato questo Paese sarebbe imploso in pochi giorni.

Ci siamo ritrovati, infine, a scoprire come la distruzione degli eco-sistemi e il saccheggio della biodiversità abbiano spianato la strada allo “spillover” dell’ennesimo virus in meno di venti anni, questa volta con caratteristiche violentissime, tanto da provocare una pandemia; a carissimo prezzo abbiamo fatto i conti con quanto aver vissuto per anni nei luoghi più inquinati d’Italia, in particolare in relazione alla qualità dell’aria, abbia infragilito la popolazione e accresciuto il numero delle vittime in maniera spaventosa.

La lista di cose da imparare da questa pandemia sarebbe, in realtà, lunghissima.

Ma questi esempi sono già più che sufficienti per capire che siamo davanti ad un bivio davvero epocale e che è ora di alzare la voce perché nessuno dica, ancora una volta, che ci sono cose più importanti, che bisogna pensare prima ad altro, che “un giorno forse, vedremo. Adesso no”.

Le crisi e le emergenze (economica, sociale, ambientale e climatica) non sono più rinviabili e non sono più separabili. Il cambio di paradigma (e di passo) che serve per affrontarle è ormai urgentissimo.

Siamo tutti convocati.

E se è vero, come è vero, che “nessuno è troppo piccolo per fare la differenza”, allora anche compiere l’azzardo di pubblicare un libro durante il #lockdown può avere senso.

Un libro pensato e scritto interamente prima del COVID_19 ma che, a leggerlo con occhi nuovi, infondo parla di quelle battaglie che oggi ha ancora più senso condurre e di alcune donne e ragazze meravigliose del cui messaggio abbiamo, proprio ora, un grandissimo bisogno.

“Le ragazze salveranno il mondo” nasce con la speranza di portare in girò con sé il potere evocativo di storie come quella di Rachel Carson, la donna che sconfisse le multinazionali del biocida DDT, di Wangari Maathai, la prima premio nobel per la pace africana, che insegnò alle donne diritti e democrazia partendo dal piantare alberi assieme a loro, di Alexandria Ocasio Cortez, la più giovane parlamentare al congresso degli Stati Uniti D’America, precisa e chirurgica nei suoi attacchi al potere di Trump, di Greta Thunberg, che ha scosso il mondo con una potentissima onda d’urto di mobilitazione e ribellione contro l’inazione rispetto al collasso climatico, e, infine, di Jane Fonda, attivista poliedrica e capace di una evoluzione continua e inarrestabile.

C’è bisogno delle donne, per affrontare questo passaggio.

Della loro presenza, della loro rappresentanza, delle loro competenze, esperienze e visioni.

Questo libro è solo un piccolo strumento.

Che prova a ricordarcelo.

 “Mentre l’attualità e i media (con rarissime eccezioni) non fanno altro che spostare l’attenzione collettiva da un uomo solo al comando all’altro, con preferenze evidenti per chi si mostri più arrogante, auto-referenziale, vendicativo e aggressivo degli altri, ho sentito la necessità fortissima di costruire uno strumento che potesse aprire varchi verso una visione completamente diversa.

Ed ecco che sono apparse, una dopo l’altra, alcune figure che (in qualche modo molto poco razionale e piuttosto esperienziale) hanno condizionato, ispirato o persino stravolto il mio modo di essere una donna ecologista in questi anni così complicati e confusi.

Donne appassionate, determinate.

Donne in continua evoluzione, capaci di tessere reti e di animare con generosità quei processi che superano anche loro stesse; così illuminate e ispirate da essere in grado di mettersi al servizio di cause altissime, senza per questo perdere la capacità di sporcarsi le mani, di restare saldamente con i piedi a terra, di fare attenzione ai più piccoli e ai più fragili, di sorridere e ridere di gusto.

Donne che hanno dovuto respingere attacchi sessisti violenti e osceni, che nulla avevano a che fare con le battaglie combattute, bensì con l’aver osato prendere parola, spazio, visibilità; donne che hanno dovuto trovare una forza quasi sovraumana in loro stesse e che hanno saputo e voluto condividerla insieme ad altre donne – perché no, non è affatto vero che le donne non sanno fare squadra (come dimostrano anche le due ecologiste meravigliose che mi hanno onorata della prefazione e della postfazione di questo libro)”.

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1 COMMENTO

  1. Lo hanno creato (vedi “L’evoluzione al femminile. Il contributo delle femmine all’evoluzione dell’Homo sapiens. Ed. Pendragon),…. e adesso lo lo devono salvare

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