Le immagini del potere e i fantasmi del passato
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Quando pensiamo alla guerra in Iraq nei primi anni del 2000, la mente non può che mostrarci quella immagine: la statua di Saddam Hussein abbattuta e calpestata dalla popolazione. Fu un gesto simbolico, un atto purificatorio collettivo che liberava dai soprusi del dittatore e dalla guerra. Di immagini così forti sulla rimozione iconoclasta di un leader non ce ne sono molte altre. Fino ad arrivare ad oggi. Con tutte le differenze del caso (e ce ne sono molte) le manifestazioni antirazziste che si stanno svolgendo in tutto il mondo a seguito della morte di George Floyd si stanno caratterizzando per un uso molto forte dell’immagini.

I poliziotti inginocchiati, così come i leader politici e gli stessi manifestanti, si fanno protesta attraverso il loro stesso corpo. Ma quella posa plastica, ricca di significato, e per questo molto potente, si sta accompagnando anche ad un’altra manifestazione di dissenso spontanea: la rimozione fisica degli oppressori con l’abbattimento delle statue che le raffigurano. L’ultima a cadere è stata quella di Cristoforo Colombo a Minneapolis. Ma prima di lui è toccato a Edward Colston e in Belgio a Leopoldo II. La protesta antirazzista se la prende, quindi, con le statue di personaggi fino a ieri considerati degni di essere raffigurati nelle nostre piazze. Ma la storia, si sa, non è statica (proprio come le statue) ma pretende studio, ricerca e approfondimento. In una parola una continua revisione, che non vuol dire revisionismo.

Le proteste antirazziste, volte a lanciarci un messaggio di uguaglianza e libertà, ci costringono a riflettere e a rivedere i nostri modelli o almeno adeguarli al tempo attuale. Un compito non facile, soprattutto se i nostri occhi non riescono davvero ad esser obiettivi.

Proprio in questa ottica ha fatto scalpore la decisione di Hbo di cancellare dai suoi archivi il film ‘Via col vento’ perché considerato un film razzista – nonostante abbia vinto 8 premi Oscar. A Londra il dibattito si è accesso dopo la comparsa di alcuni graffiti sulla statua di Winston Churchill, definito “razzista”. Il percorso dell’ex primo ministro presenta innegabilmente diverse zone d’ombra, ma anche grandi glorie nella lotta al nazifascismo. In Italia la discussione si è spostata sulla richiesta di rimozione della statua di Indro Montanelli dai giardini di Porta Venezia, grande giornalista che fino alla fine dei suoi giorni ha rivendicato con orgoglio il fatto di aver comprato e sposato una bambina eritrea di dodici anni perché gli facesse da schiava sessuale, durante l’aggressione del regime fascista all’Etiopia.

Tutti questi esempi, così diversi, ma così simili, costringono le società a porsi domande difficili che non possono avere risposte facili. Il rischio, inutile negarlo, è quello di inasprire ulteriormente la situazione, incrementando divisioni anziché aprire un dibattito utile a leggere con consapevolezza le tante sfumature della storia e proiettarci verso una futuro migliore.

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