“All’Italia del futuro? Ci pensiamo noi”. La parola ai ragazzi di Torturga

Come i ragazzi stanno vivendo questa fase? Hanno ancora la forza di sperare nel futuro? Sono spaventati dalla crisi economica che attende il Paese e dal peso del debito pubblico – vicino per quest’anno ai 2600 miliardi di euro (oltre il 155 per cento rispetto al Pil)- che ricadrà sulle loro spalle?

Il blog Tipitosti l’ha chiesto ad alcuni di loro, che già da alcuni anni studiano come poter rimodellare il Paese.

Sono quelli di Tortuga, che l’anno scorso hanno pubblicato un libro con Egea, intitolato: “Ci pensiamo noi – Dieci proposte  per far spazio ai giovani in Italia”, in cui si affrontano vari temi: dalla povertà dei giovani alle difficoltà del mercato del lavoro, alla fuga dei cervelli, dalla necessità di un nuovo welfare a un ripensamento radicale del sistema di istruzione e formazione, ai nuovi italiani che faticano a ottenere la cittadinanza e rimangono tagliati fuori da tanti diritti. Nel lavoro, che ha la prefazione di Tito Boeri e Vincenzo Galasso, gli autori sono convinti che sia possibile rilanciare il nostro Paese, eliminando le due cause del nostro fallimento: l’attaccamento alle rendite e l’incapacità di fare sistema.

Ma facciamoci raccontare tutto da due di loro, Sara Rabino, responsabile collaborazioni e Antonio Nicoletti, project managertutti e due di 24 anni.

Intanto cos’è Tortuga?

E’ un’associazione fondata nel 2015 da cinque ragazzi in un bar di Milano, chiamato, appunto, Tortuga, con l’idea di porsi al servizio al Paese. Volevamo, nel nostro piccolo, mettere a disposizione le nostre conoscenze e la voglia di sporcarci le mani. Da lì, siamo cresciuti sempre di più e oggi contiamo circa 50 soci. Siamo tutti under 30. I soci più giovani sono ai primi anni di università, mentre i fondatori sono già inseriti in un contesto lavorativo o conseguono un dottorato. Siamo nati e cresciuti in diverse regioni italiane, ma oggi siamo sparsi per il mondo, anche se il fulcro dell’associazione rimane Milano, dove gran parte dei soci frequentano l’università. Tortuga in sintesi vuole dare un servizio al Paese e contribuire al dibattito pubblico, con attività di ricerca ed analisi nel campo economico e politico. In concreto, scriviamo articoli rigorosi, ma accessibili, e collaboriamo con policy-makers, istituzioni ed aziende per fornire un supporto professionale. Lavoriamo anche a ricerche e report più corposi, che ci vengono commissionati da istituzioni o associazioni. Siamo apartitici: la presenza di opinioni diverse è ciò che rende il dibattito al nostro interno utile e fruttuoso. Siamo, però, orgogliosamente politici, nel senso positivo del termine: le nostre attività e le nostre riflessioni riguardano la polis, intesa come la nostra comunità. Nei temi che affrontiamo non abbiamo paura di prendere posizione, sulla base dei nostri valori. Abbiamo lavorato con diversi centri di ricerca, ma non sono i nostri soli interlocutori. Un esempio è l’Osservatorio dei conti pubblici, con cui abbiamo redatto una rubrica, “Pachidermi e Pappagalli”, sulle bufale nel campo economico.

Come state vivendo questo momento?

Molti dei nostri soci sono sparsi in diversi Paesi del mondo. Dunque, molti dei nostri progetti sono condotti a distanza. Tortuga ha sempre lavorato in smart working. Questo aspetto non è cambiato con l’inizio della pandemia. D’altra parte, cerchiamo sempre di organizzare un paio di momenti di riflessione e ritrovo ogni anno, i team building, per rafforzare l’associazione e il rapporto tra i soci. Organizziamo anche delle riunioni ogni due settimane, a cui i soci presenti a Milano possono partecipare fisicamente. Ovviamente, questi momenti di ritrovo ora mancano, o meglio, sono tutti esclusivamente online. Dal punto di vista dei contenuti, abbiamo ovviamente dedicato molto spazio all’emergenza covid, specialmente ai suoi risvolti economici.

Avete condiviso le misure adottate dal Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria o per voi sono state eccessive?

Dal punto di vista economico, il lockdown è costato caro al Paese. I virologi e i medici avevano, però, fatto fronte comune sulla necessità di una quarantena, e le motivazioni umane hanno chiaramente prevalso su quelle economiche. Oggi vediamo un dato: i Paesi, che hanno adottato misure di prevenzione meno severe (USA, Brasile e UK per citarne alcuni), sono in testa alla classifica per numero di contagi e morti. Per cui possiamo affermare che il lockdown abbia salvato molte vite. A livello di riapertura, come Tortuga, avevamo proposto di basarci sui Sistemi Locali del Lavoro, aree geografiche più piccole delle intere regioni, individuate dall’Istat sulla base della mobilità dei lavoratori. I SLL avrebbero permesso una graduale e prudente ripresa dei movimenti, senza bloccare l’attività economica dell’intero Paese. Ora rimane la questione della ripartenza economica. Serve dare supporto concreto alle aziende e a chi ha perso il lavoro. Il decreto Rilancio ha svariati meriti e alcuni punti meno chiari. Di certo serviranno numerosi aggiustamenti durante l’estate, per cui ci aspetteranno dei mesi carichi di misure e contromisure. Quando si dice che bisogna sostenere l’economia si allude alla necessità di aiutare i cittadini, specialmente quelli più in difficoltà. Le ricerche mostrano che il covid e il lockdown rischiano di aumentare ancora di più le disuguaglianze nel Paese. Concentrarsi sull’economia vuol dire quindi concentrarsi sulla qualità di vita di tutti, il che non è affatto secondario rispetto all’attenzione sulla salute.

Tra le varie proposte di Tortuga per ridare ossigeno all’economia ci sono un salario minimo e la spinta alla contrattazione decentrata.

Sì, e a questo proposito tornano molto utili alcune proposte che abbiamo elaborato nel nostro libro. Per esempio, proponiamo una contrattazione tra lavoratori e imprese maggiormente decentrata, proprio per andare incontro alle esigenze delle aziende. Sarebbe, però, miope non vedere le profonde differenze settoriali e geografiche. Dall’altro lato, proponiamo un salario minimo per supportare i lavoratori e cercare di ridurre le situazioni di semi-sfruttamento che talvolta emergono nella cronaca nazionale. Un’altra nostra recente proposta, in collaborazione con il centro di ricerca Adapt, è la reintroduzione dei tanto dibattuti voucher. In questo momento storico, uno strumento di questo tipo facilita l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, colmando il vuoto occupazionale causato dall’epidemia.

Dovrebbe arrivare dall’Europa una massa enorme di aiuti per affrontare il post Covid19. Sostegni immediati, ma si tratta anche di risorse da restituire, che si aggiungono al nostro debito, già stellare già pendente sul vostro futuro.

Partiamo dal presupposto che l’Italia è uno dei Paesi più virtuosi dell’UE in termini di avanzo primario (ossia la differenza tra entrate e spese correnti dello Stato, esclusi gli interessi sul debito). Il problema è che il nostro debito monstre ci porta a dover pagare cifre esorbitanti sotto forma di interessi, finendo quindi per portare la bilancia in negativo. I fondi europei che dovrebbero arrivare (Bei, Sure, Recovery Fund e Mes) sono positivi non solo perché il tasso d’interesse è molto basso, ma, soprattutto, perché una parte è vincolata alla modernizzazione del Paese. Dovremmo vederli come un investimento, più che come una spesa, e ciò ci rende più speranzosi. Il debito è senz’altro uno dei principali problemi per i giovani italiani. Ne rimangono tuttavia molti altri, di cui discutiamo ampiamente nel libro. Una sola riforma non basta: ne serve un pacchetto completo, in grado di coprire tutti gli ambiti che influenzano la qualità della vita dei nostri coetanei. Nel libro spaziamo dal sostegno alla famiglia e alla scuola, passando per il mercato del lavoro con qualche possibile soluzione per la fuga di cervelli. Un solo provvedimento non basterebbe.

C’è un partito, un movimento, che trovate più sensibile alle vostre richieste? Alcuni giorni fa su Instagram, la senatrice di PiùEuropa Emma Bonino ha scritto: “Dico da tempo – devo dire senza troppo successo – che mi piacerebbe vedere una Greta o un Greto del debito pubblico, che prenda a cuore la questione ineludibile della prigione finanziaria in cui la generazione dei padri ha rinchiuso quella dei figli. I giovani non usciranno dalla crisi se l’Italia non fermerà il proprio declino e questo non avverrà fino a che continuerà a vincere l’idea che la crescita non è un problema, perché i soldi se non ci sono, si stampano».

Secondo noi, la domanda giusta da porsi non è di che partito sei?, ma “che idee hai? Sono le idee e le proposte concrete che fanno la differenza. Come detto in precedenza, siamo apartitici, ma supportiamo tutte le proposte politiche che riteniamo positive in base alle nostre attività di analisi e ricerca.

Un Paese in Europa da prendere a modello per le politiche rivolte ai giovani?

Il concetto delle politiche giovanili è molto ampio. Possiamo includere il supporto all’imprenditoria giovanile, aiuti alle famiglie, offerte sportive e persino le politiche ambientali. Se dovessimo dare uno sguardo complessivo, probabilmente il mondo scandinavo potrebbe essere preso a modello. I benefici che ha un giovane norvegese rispetto a un italiano sono tanti: una scuola inclusiva e di qualità su tutto il territorio nazionale, la sicurezza della pensione (anche grazie al fondo d’investimenti nazionale norvegese, famoso in tutto il mondo per essere uno fra i più grossi fondi sovrani), un welfare generoso nei confronti delle famiglie sia in termini economici che di tempo libero per i genitori e a sostegno della parità di genere.

Torniamo in Italia. E pensiamo ai provvedimenti per rimettere in moto l’economia dopo il virus. In particolare,  pensiamo al decreto Rilancio, in cui sono previsti  3mld ad Alitalia.

Il decreto Rilancio è molto ampio e richiederebbe molte pagine per un commento completo. Possiamo dire che siano stati fatti dei passi avanti rispetto al precedente decreto Cura Italia. Per esempio, sono stati introdotti degli sgravi fiscali per le startup, che prima erano di fatto rimaste escluse dai provvedimenti del governo. Questo significa aver aiutato i giovani, che spesso si impegnano in progetti imprenditoriali e hanno bisogno di un sostegno economico. Come scriviamo nel nuovo capitolo sull’imprenditorialità giovanile del nostro libro,  rimane ancora molto da fare, ma il Governo ha saputo ascoltare le indicazioni arrivate dagli startupper. Per quanto riguarda Alitalia, la situazione è complessa e rimandiamo al nostro sito dove abbiamo fatto qualche commento più approfondito sul caso. Possiamo dire che un supporto per il settore aereo, tra i più colpiti dal virus, è certamente auspicabile. Rimane, però, poco comprensibile un aiuto destinato solamente a una compagnia, e per lo più nelle condizioni di Alitalia. Inutile dire che il costo opportunità di questa spesa è stato altissimo: lo stesso ammontare sarebbe stato meglio investito nel supporto alle categorie più colpite dalla crisi e nel miglioramento di un sistema sanitario allo stremo.

Cosa intravedete per il futuro immediato?

Vediamo un’Italia che riparte con diverse velocità e un’estate che vedrà il rincorrersi di provvedimenti per riaprire attività o zone e per tamponare i problemi, qualora dovessero emergerne. Ed è probabile che accada. Il coronavirus ha costretto il Paese a numerosi cambiamenti, molti dei quali positivi. Ad esempio, ci auguriamo che si vada avanti con la digitalizzazione di imprese e pubblica amministrazione, anche grazie ai fondi europei destinati proprio a questo scopo. Speriamo anche che lo smart working, che è stato forzatamente adottato durante la quarantena, diventi una scelta vantaggiosa a disposizione di lavoratori ed imprese. Diversi sono infatti i benefici di questa forma di lavoro: da una maggiore produttività ad una migliore gestione del proprio tempo, favorendo il bilanciamento tra sfera privata e lavorativa. Tuttavia, questa esperienza ha anche messo alla luce alcune limitazioni del lavoro agile. Il nostro consiglio è fare tesoro di questa esperienza per far sì che questo strumento possa essere solo un beneficio per lavoratori ed imprese.

Progetti particolari a cui state lavorando?

Stiamo lavorando a molti progetti in questo periodo, proprio per dare un aiuto, nel nostro piccolo, alle difficoltà economiche che sta attraversando il nostro Paese. Per esempio, stiamo lavorando ad una proposta di allocazione delle risorse destinate all’Italia con il Recovery Fund europeo: digitalizzazione, ambiente, occupazione femminile ed istruzione, per dirne alcune. Un altro progetto a cui stiamo lavorando da inizio anno è, invece, la realizzazione di una piattaforma online con focus sulle diseguaglianze geografiche in Italia. Queste ultime non si riferiscono solamente al classico divario Nord-Sud, ma anche alle disuguaglianze economiche e sociali tra centri urbani e centri periferici. Questa iniziativa è realizzata in collaborazione con il centro di ricerca di Algebris, chiamato Policy & Research Forum. Come abbiamo detto prima, abbiamo inoltre lanciato da poco un altro capitolo del nostro libro Ci pensiamo noi, su imprenditoria giovanile e start-up.


Cinzia Ficco è l’ideatrice e la curatrice del blog TipiTosti www.magazine.tipitosti.it

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