Il “cigno nero” dell’emergenza: come cambia il rapporto tra italiani e comunicazione digitale
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La natura non fa salti. Ma ci sono casi, “cigni neri”, fatti imprevedibili, che determinano grandi cambiamenti in tempi relativamente brevi. Succede poche volte, in alcuni secoli possono esserci anche solo uno o due “cigni neri”, che determinano cambiamenti che, in tempi “normali”, avrebbero richiesto decine di anni.

Per certi versi, la terribile emergenza che il nostro Paese e l’intero Pianeta stanno affrontando in questi mesi sta determinando cambiamenti che, anche solo 6 mesi fa, sarebbero risultati improbabili.

La comunicazione digitale è probabilmente l’epicentro dei cambiamenti dettati da questa fase. Le nostre vite sono mutate, siamo atterrati in un nuovo pianeta nel quale abbiamo rapidamente disceso la piramide di Maslow, tornando a occuparci dei bisogni primari, fisiologici e di sicurezza, abbandonando per qualche mese i bisogni più sofisticati, legati all’autorealizzazione.

Siamo tornati semplici e abbiamo recuperato la voglia di stare in famiglia, di sentire gli amici. In questo, la digitalizzazione ci ha letteralmente “salvato la vita sociale”. Non solo consegna della spesa in casa e ordini online, ma anche e soprattutto socialità, videochiamate tra parenti, aperitivi su Zoom, riunioni su Teams. Una nuova normalità che l’Osservatorio Nazionale sulla Comunicazione Digitale ha voluto fotografare con un’indagine sostenuta da PA Social e Istituto Piepoli, e discussa anche nel corso del webinar del 16 giugno dal titolo “Comunicare i dati: strumenti, tecniche, opportunità”, in cui alcuni tra i massimi esperti del settore si sono confrontati sul futuro dei dati, in un periodo in cui ci siamo scoperti tutti “numerivori”, affamati di dati aggiornati e di numeri certificati.

Ma com’è fatta questa nuova normalità?

È dominata dai social network, che si sono guadagnati sul campo il ruolo di spazio principe dell’informazione d’emergenza: 8 italiani su 10 considerano utile poter comunicare sui social direttamente con gli enti pubblici.

Ma è dominata anche dallo smart working, visto che 6 italiani su 10 dichiarano di aver lavorato da remoto in questi mesi, alcuni dei quali anche più delle canoniche 8 ore, confermando quello che in molti stiamo vivendo sulla nostra pelle: che lavorare da casa significa spesso lavorare di più, fondendo e confondendo vita pubblica e vita privata.

È anche la rivincita del PC, per molti strumento di lavoro vicino all’obsolescenza e invece strumento indispensabile per 9 lavoratori italiani su 10, che in molti casi hanno anche optato per il “dual device”, utilizzando contemporaneamente PC e smartphone.

È stata anche la fase delle dirette social dei rappresentanti delle istituzioni italiane, una pratica a lungo al centro del dibattito, ma che gli italiani hanno promosso: favorevoli alle dirette social da parte del Premier, del proprio Sindaco o Presidente della Regione si sono infatti dichiarati 7 cittadini su 10.

Una nuova normalità che gli italiani immaginano irreversibile, tanto che l’88% degli intervistati da Istituto Piepoli ha dichiarato che l’emergenza, come effettivamente sta avvenendo, accelererà di molto la digitalizzazione del nostro Paese, anche di quella Pubblica Amministrazione che, va detto, sta rispondendo con coraggio e responsabilità alla sfida più difficile di questo primo scorcio di secolo. Una nuova normalità che toccherà anche la comunicazione e informazione pubblica che, finalmente, ha imboccato la strada della svolta digitale con il percorso, voluto dal ministro Fabiana Dadone e da una ampia e forte comunità di professionisti della comunicazione e del giornalismo, di riforma della legge 150, ormai non più rispondente alla realtà del lavoro quotidiano e ai cambiamenti epocali e culturali che anche i dati ormai certificano con regolarità.


Livio Gigliuto è Vicepresidente Istituto Piepoli e Direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Comunicazione Digitale

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